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Ora del Mondo 1975-1999

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"Maggio 1975" L'Ora del Mondo
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"Ottobre 1975" L'Ora del Mondo
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"Maggio 1981" L'Ora del Mondo
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"Maggio 1982" L'Ora del Mondo
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"Ottobre 1982" L'Ora del Mondo
Presiede Monsignor Aurelio Signora, Prelato di Pompei

Sono migliaia le persone che tengono all’appuntamento con Pompei nei giorni della Supplica.
La comune preghiera rende tutti fratelli, figli di uno stesso Padre e di una stessa Madre.
Ecco il programma:
giorno 1: ore 18,30 – Santa Messa e Discesa del Quadro;
giorno 2: dalle ore 20,00 in poi – Veglia di preghiera in preparazione alla Supplica;
giorno 3: ore 11,00 – S. Messa e Recita della Supplica;
giorno 4: ore 11,00 – S. Messa e Recita della Supplica;
giorno 1: festa del Beato Bartolo Longo – Processione per le vie di Pompei.

"Maggio 1983" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza Giuseppe Casoria - Prefetto della S. Congregazione dei Sacramenti e del Culto Divino
Gratitudine per il Centenario

Sua Eminenza Giuseppe Casoria esorta all’impegno di vita cristiana
Fratelli dilettissimi, che siete qui convenuti a Pompei, pellegrini devoti di ogni angolo della terra, per santificare il giorno del Signore partecipando con me alla solenne celebrazione della SS, Eucarestia e per venerare, in specialissimo modo, la vergine Santissima di Pompei unendovi a me e ai fedeli di tutto il mondo nella recita della “Supplica” alla Regina del Santo Rosario… eleviamo un inno di gratitudine a Dio che si concretizzi in impegno di vita cristiana secondo le direttive dettateci dalla Parola di Dio.

* * *

[…] Ecco dunque i punti focali con cui la Parola di Dio di questa solenne Celebrazione Eucaristica ci indica come riconvertire a vita autenticamente cristiana quella che quotidianamente meniamo nei vari ambienti di attività, nei quali siamo responsabilmente e provvidenzialmente collocati, nell’esercizio dei nostri doveri professionali.
Prima di tutto rimanere uniti, sotto la vigile guida dello Spirito Santo ed in fedele ed obbediente ascolto delle sue divine ispirazioni, autenticate dal Magistero, per fare Chiesa, per fare Popolo di Dio, abolendo e rinnegando tutto ciò che divide e che trae origine e fondamento nel peccato individuale e sociale e cercando e praticando, invece, tutto ciò che unisce in solidarietà, in collaborazione, in pace, anzi in comunione di autentica carità ed amore cristiano, con Dio e con i fratelli e che traeva ragione, alimento e sostegno nella grazia di Dio che è poi la sua stessa vita partecipata a ciascuno di noi attraverso l’azione evangelizzatrice e sacramentale della Chiesa.
In secondo luogo, ristabilire in ciascuno di quegli ambienti fecondati dalla nostra presenza e testimonianza cristiana: famiglia, scuola, lavoro, ecc., quei valori essenziali di pace, giustizia, collaborazione, sussidiarietà e vera amicizia perché la vita, nonostante i sacrifici, le croci e le amarezze della sofferenza trovi e rimanga degna di essere vissuta, e finalmente, ascoltare la Parola di Dio ed osservare i suoi Comandamenti per meritare, attraverso questa attiva e concreta manifestazione del nostro amore verso Dio il ricambio del suo Amore misericordioso verso di noi con lo stabile insediarsi della SS, Trinità in noi secondo la promessa di Gesù e come anticipo, sulla terra, in quella che sarà l’eterna nostra beatitudine in cielo.
Ma chi potrà garantirci questa continua assistenza dello Spirito Santo lungo il cammino dell’esistenza, più e meglio della Madonna che è la Sposa dello Spirito Santo?
E chi meglio della madonna, nel cui seno materno, Dio iniziò quel processo redentivo della storia dell’umanità in storia di salvezza facendone la Mamma del Verbo Incarnato, Crocifisso e Risorto
e la madre della Chiesa, potrà insegnarci questo costante atteggiamento di abituale comunione di fedeltà, di obbedienza e d’amore con la SS. Trinità e con i fratelli per animare per animare di un po’ di cielo questa povera terra?
Ecco perché, dilettissimi fratelli, oggi in particolare ci inginocchieremo con specialissimo fervore ai piedi della madonna del S, Rosario di Pompei ad impetrare la sua materna protezione con la recita della «Supplica».
Ma un altro motivo ci piega oggi le ginocchia dinanzi a Dio e alla Madonna, fratelli miei!
Oggi si compiono i primo cento anni da quando, l’8 maggio del 1883, in Pompei, risuonò, per la prima volta, insieme allo squillo della prima campana montata sul tempio che era ancora in costruzione, la voce accorata di Bartolo Longo per la recita di questa celebre preghiera intitolata allora come «Atto di amore a Maria» e poco più tardi denominata «Supplica», per implorare, come disse e scrisse lo stesso Bartolo Longo che «Maria rimanesse sempre sulla nostra lingua, nel nostro cuore, nei nostri affetti, nelle nostre angustie, nelle nostre necessità e nelle nostre pene», facendosi di volta in volta, «confortatrice dei nostri affanni, consolatrice del nostro pianto, compagna della nostra vita e della nostra morte».
che questa preghiera appena tornati a casa diventi subito carità.

*La Supplica da cento anni preghiera del popolo cristiano
L’8 maggio si è compiuto il 1° Centenario della Supplica, la celebre preghiera della Madonna del Rosario, sgorgata dal cuore grande del Beato Bartolo Longo.
Ma che cosa è la “Supplica”? Nel linguaggio diplomatico laico, essa è la domanda presentata all’Autorità per ottenere una concessione di grazia o di giustizia. In quello ecclesiastico della Curia pontificia, ove era chiamata anche “Signatura”, era l’originale della domanda approvata dal
Papa o da altre Autorità delegate, ma con l’aggiunta della sottoscrizione indicante l’avvenuta concessione.
Stando a tali definizioni, correnti anche all’epoca di Bartolo Longo che, essendo avvocato, ben le conosceva, LA DENOMINAZIONE “Supplica” data ad una tipica espressione del culto cristiano, qual è la preghiera, poteva apparire quanto meno impropria.
Fu, forse, per questo che Bartolo Longo, quando concepì e redasse quella preghiera alla Vergine del S. Rosario di Pompei, preferì chiamarla “Atto di amore a Maria” e farne una vera “elevazione della mente e del cuore” a Cristo Redentore e alla Madonna del Rosario, la quale, riassumendo nella propria articolata struttura tutti gli elementi teologicamente essenziali di una preghiera, quali: l’adorazione e la venerazione, la lode celebrativa, il ringraziamento e la domanda, potesse rivelare tutta la nobiltà, la dignità e l’eccellenza con cui l’uomo è capace di elevarsi al di sopra delle dimensioni materiali dell’esistenza per lasciare libero lo spirito di spaziare nelle dimensioni soprannaturali dell’infinito e dell’eterno avviando, per essa, una immediata e diretta conversazione con Dio e con la Vergine, anzi, entrando in una spirituale comunione con loro.
Certo, c’è preghiera e preghiera, a secondo che i contenuti si qualificano per particolare e caratterizzante insistenza più sull’uno e sugli altri dei predetti elementi essenziali che generalmente la contraddistinguono: così la preghiera eucaristica che punta sul ringraziamento, si distingue da quella impetratoria che insiste sulla domanda o da quella propiziatoria o espiatoria, in cui si accentua la premura di espiare le colpe impetrandone misericordia per Dio. Altrettante distinzioni si sogliono fare, per ragioni espresse nelle stesse denominazioni, tra preghiera mentale e vocale, privata e comune, pubblica e liturgica.
Ma, fatta eccezione per le ultime due, con le quali si vuole indicare che la preghiera è pubblica se fatta in nome della Chiesa, ed è liturgica se istituita dalla Chiesa stessa e recepita nei libri Rituali usati nella propria Liturgia ufficiale, le altre sono dimostrazioni più teoriche che pratiche, nel senso che è difficile, in genere, trovare una preghiera, veramente tale, che non implichi nella sintesi dei suoi contenuti, appunto come la “Supplica” redatta da Bartolo Longo, tutti insieme gli elementi essenziali che si addicono alla preghiera.
Sicché, se è vero che la “Supplica” non è una preghiera liturgica, è però falso il ritenerla soltanto una “sentimentale sviolinata, concepita e redatta per una serenata alla Madonna”.
Chi, per via dell’accentuazione impetrativa, propiziata ed espiatoria presente nella struttura della “Supplica”, qualunquisticamente, credette di stigmatizzare , con provinciale sarcasmo, la preghiera di Bartolo Longo, rivelatasi, poi, la più universalmente diffusa tra quelle estraliturgiche in uso nella Chiesa cattolica, mostrò si, di essere figlio del suo tempo eretico o dissacrato, nel quale la “domanda” impetrativa era definita “più una reazione dell’istinto che un vero atto di religione”, oppure e addirittura “una mancanza di rispetto e di sottomissione alla volontà di Dio ed all’ordine immutabile del suo piano divino”, ma dimostrò anche di aver dimenticato e trascurato troppe altre cose.
Chi stigmatizzò la “Supplica”, dimenticò anzitutto che nel sommo esemplare di preghiera che è il “Padre nostro”, insegnato da Gesù, c’è una metà (tutta la seconda parte) che è impetratoria, espiatoria e propiziatoria.
Dimenticò che la teologia cattolica, autenticata dal magistero ecclesiastico, insegnò sempre, almeno da S. Tommaso in poi, che nella Chiesa cattolica ”non si prega affatto per cambiare le divine disposizioni, ma per impetrare ciò che Dio ha paternamente disposto che si ottenga mediante la preghiera”.
Dimenticò che Bartolo Longo fu un convertito e, come tale, avendo profondamente a cuore che la preghiera non si riducesse solo ad un sentimentale, se pur poetico, vacheggiamento formale, ma divenisse atto religioso di culto capace di toccare la mente e il cuore dell’uomo per metterlo in sintonia con il Cuore misericordioso di Dio, attraverso la materna intercessione della Madonna, si preoccupò, non tanto di fare della sua “Supplica” un asettico, nozionistico e freddo dizionario di teologia, quanto piuttosto un toccante e commosso veicolo di comunione tra la terra e il cielo, preoccupandosi di eliminare non il calore dell’esuberanza vitale e del sentimento di filiale devozione, provvidenzialmente rimasto a pervadere la “Supplica”, ma solo tutto quello che può impedire ad una preghiera di giungere a toccare il cuore di Dio. S. Agostino spiegava che se certe preghiere non toccano efficacemente il cielo e si perdono sterilmente tra le nuvole, ciò accade perché gli uomini che la recitano o sono “cattivi” o chiedono un modo “cattivo” o chiedono cose “cattive”.
Del suo stile di scrittore, Bartolo Longo scrive: “Se dal Capecelatro cercai di ritrarre la purezza della lingua italiana e la limpidezza dello stile, da lui non ritrassi quella sua calma imperturbabile, quel procedere sempre a passi uguali e misurati per la via, quell’assenza di fremiti, di entusiasmi e di slanci di eloquenza. Ben altra era la mia indole, ben altra la nostra missione. Noi non dovevamo esporre, ma commuovere: non dovevamo comporre armonie lente e gravi come quelle di una musica gregoriana, ma far risuonare squilli di tromba in modo da destare il mondo dal sonno dell’egoismo sociale e della religiosa indifferenza”.
Lo stile di Bartolo Longo risponde, dunque, al carattere dell’uomo.
E che cosa c’è nella Supplica che scivoli in quella cosiddetta “mariolatria” che non apparterrebbe alla più genuina teologia cattolica?
È vero, tutta la “Supplica” è lievitata da un’enfasi traboccante. Ma il sentimento non è vuoto e retorico sentimentalismo, come la morale non è moralismo. Togliamo il sentimento alle preghiere ed ai sermoni sulla Madonna di S. Bernardo, di S. Bonaventura o di S. Alfonso e subito la preghiera non è più ed il sermone scade in una lezione scolastica. Non si prega solo con la testa, ma con la testa ed il cuore e chi non ha cuore non può recitare neppure l’Ave Maria.
Se la “Supplica” in questi cento anni di vita ha raggiunto il mondo intero, tanto che ormai non c’è
Nazione ove oggi non la si reciti, lo si deve certamente anche alla ridondante enfasi dei cordialissimi ed affettuosi sentimenti che la pervadono, trovando eco nell’animo di tutti i fedeli veramente devoti innamorati della Madonna.
Lo si deve, soprattutto, a quella ricchezza di contenuti autenticamente teologici che, espressi più con l’afflatto palpitante del sentimento che con l’aridità concettuosa delle nozioni, riescono però a coinvolgere subito tutto l’uomo stimolandone intelligenza e cuore, sentimenti ed affetti, volontà e sensi, pensiero e vita fino a diventare, come suole ripetere il Papa: “l’adesione libera, genuina, cosciente, spontanea di tutto l’uomo al tutto a Dio”.
La consacrazione “storica” della cattolicità della “Supplica” avvenne l’8 maggio 1914, quando il Papa Benedetto XV scese personalmente nella Cappella Paolina dal palazzo apostolico per recitare egli stesso la Supplica, aprendo una tradizione poi pienamente seguita dai Sommi Pontefici, suoi successori, i quali così introdussero la recita della “Supplica” in tutti gli Uffici del Vaticano.
(Vincenzo Ferrara)

"Ottobre 1983" L'Ora del Mondo
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"Maggio 1984" L'Ora del Mondo

Presiede Presiede Sua Eminenza il Cardinale Francesco Carpino
“Tutte le generazioni mi chiameranno Beata”
Otto maggio: l’annuale incontro con la Vergine del Rosario di Pompei

“Evviva Maria”. Alta e gioiosa si è levata la risposta dei fedeli, che gremivano la piazza del Santuario, al saluto finale del celebrante. La recita della Supplica era finita da pochi istanti.

Evviva Maria! L’umile fanciulla di Nazareth l’aveva predetto: “… tutte le generazioni mi chiameranno beata”.
E la storia non ha potuto non registrare  la continua e vibrante venerazione che per Lei hanno avuto i popoli di qualsiasi latitudine e longitudine.
Oltretutto non è possibile ignorare le innumerevoli testimonianze che esprimono inequivocabilmente il modo con cui le comunità cristiane hanno onorato, in ogni epoca, la Madre del Signore Gesù.
Ed è infine innegabile che la devozione alla Vergine santissima. Al di là della fede e della liturgia ufficiali, ha costituito l’espressione strumentale più eloquente della fede di tanti cristiani.
Ancora oggi, l’amore filiale dei cristiani per Lei non accenna a diminuire.
A nessuno può sfuggire come i santuari mariani più famosi siano mete di continui pellegrinaggi provenienti spesso da altre nazioni: Lourdes, Fatima, Czestochowa, Pompei, per citarne alcuni.
Ognuno di questi santuari ha una sua storia, ma tutti, indistintamente, sono legati da una comune esperienza; l’amore per Colei attraverso cui siamo stati degni di ricevere in dono l’Autore della Vita, il Salvatore del mondo. Cristo Gesù il Figlio Unigenito di Dio.
L’amore per Maria, si dice ancora da parte di alcuni, sarebbe motivato dal calore che può sprigionare solo dai caldi cuori delle persone semplici, come se non bastasse il mistero dell’Incarnazione, come fondamentale ragione storico-salvifica, a giustificarlo! Ma lasciamo le sottigliezze pretestuose a chi gode di esse.
La storia, si afferma ancora, è maestra di vita. Allora, forse dopo duemila anni di cristianesimo e di storia del Popolo di Dio non è necessario interrogarsi se il “… tutte le generazioni mi chiameranno beata” possa avere qualche significato recondito e inesplorato.
Evviva Maria, si è detto a Pompei al termine della Supplica, altrove si dirà diversamente, ma con un’unica preoccupazione, quella di magnificare l’umile ancella del Signore, la Madre del Signore Gesù, il modello più perfetto di vita cristiana, e di gioie nella certezza che il suo destino di vita sarà anche il nostro.
L’otto di maggio
La recita della Supplica alla Vergine del Rosario di Pompei può sembrare un fatto che non faccia notizia. È innegabile che non molto tempo addietro essa avesse più spazio nelle cronache dei mass-media.
Ma è vero anche, nonostante che siano trascorsi centouno anni dalla prima volta (L’8 maggio 1883), che la recita della Supplica, l’otto maggio e la prima domenica di ottobre, richiami tanta gente da gremire inverosimilmente il Santuario e i locali adiacenti. Anche questa volta l’afflusso dei pellegrini è stato notevole, circa 50.000 tre il sette sera, e oltre 10.000 durante la recita della Supplica.
Pompei, in verità, non conosce mai soste durante l’anno. Certo l’afflusso dei pellegrini può variare ed essere più consistente in alcuni periodi e più moderato in altri, ma nelle due suppliche annuali, che scandiscono la sua ormai secolare storia, sembra veramente una cittadina cosmopolita.
Il Beato Bartolo Longo definì la Supplica “ora del mondo” e questo si può ben dirlo, non solo per la presenza di pellegrini provenienti da ogni parte d’Italia e, alcuni, anche dall’estero, ma anche per quelli che in Italia e nel mondo sono spiritualmente uniti a Pompei nel momento della Supplica.
La preghiera fu composta dal Beato come “Atto di amore” alla Vergine del Rosario ed è in questa linea che essa va compresa.
Non le si possono sovrapporre facilmente modelli ermeneutici, eccessivamente professionistici e accademici, senza farle perdere la sua freschezza originaria.
È la preghiera di un innamorato e non può essere recitata se non da chi è innamorato di Maria. Possiamo essere anche d’accordo, con quelli che hanno udito più raffinato, che qualche piccolo ritocco andrebbe fatto, ma costoro non possono invocare, a tal fine, la centralità cristologica della fede cristiana, perché essa non è mai messa in dubbio né negli scritti del Beato, né nei veri devoti di Maria: “… tutte le generazioni mi chiameranno beata”, si diceva prima.
Il Rosario, “memoria viva del mistero della Redenzione”
L’appuntamento per la recita della Supplica è fissato per tutti a mezzogiorno. Ma sia a maggio che ad ottobre esso è solo il momento finale di un cammino che è prima penitenziale, poi eucaristico e infine mariano.
La veglia mariana che impegna i pellegrini dalla sera precedente fino al giorno successivo è un vero e proprio itinerario catechetico.
Non potrebbe essere diversamente. Oltretutto una genuina devozione mariana non può
esprimersi se non all’interno di questo dinamismo così fondamentale e vitale per tutti quelli che vogliono dirsi cristiani sul serio.
A Cana di Galilea, Maria lasciò il suo testamento spirituale: “Fate quello che Egli vi dirà”. La devozione mariana è vera ed autentica nella misura in cui si è fedeli discepoli del Signore Gesù. A Cana anche Maria imparò ad essere, Lei che ne era la mamma, discepola di Gesù.
Sono questi i contenuti della veglia che accompagnano i pellegrini dalle 20.00 di sera fino alle 11.00 del giorno dopo, ora in cui si celebra l’Eucaristia sul grande palco preparato nella piazza antistante il Santuario.
Questa volta, celebrante e ospite gradito, è stato Sua Ecc.za il Card. Francesco Carpino. Durante l’omelia, Egli ha sottolineato il profondissimo significato storico-salvifico della nascita di Maria così com’è celebrata nella liturgia: “La tua Nascita, o Vergine, ha recato la gioia all’universo intero, perché con essa le tenebre si diradano e nel mondo sorge l’aurora che annunzia il Sole di Giustizia, Cristo nostro Signore”.
Ha poi continuato: “E proprio questa luce di gioia e di esultanza che auspichiamo per la nostra pratica del Rosario, alla quale ancora una volta ci richiama, ci invita, ci esorta l’odierna Supplica, Giovanni Paoli II all’Angelus domenicale del 9 ottobre del 1963, qualificava il Rosario come la “memoria viva del mistero della redenzione”.
Per questo motivo la sua recita non può ridursi ad una materiale e distratta ripetizione di Ave Maria, mentre il pensiero è rivolto altrove ed impegnato in cose estranee.
È invece necessario che alla recita vocale si accompagni la contemplazione dei misteri che ricordano i fatti più importanti, gli avvenimenti più salienti della vita del salvatore e della vita della Vergine.
È proprio attraverso questa contemplazione dei misteri che il Rosario diventa memoria viva della Redenzione, dell’Opera salvifica compiuta dal Signore e della cooperazione prestata a Maria”.
Poi alla fine, terminata la celebrazione eucaristica, il momento tanto atteso; la Supplica.
Ed è a questo punto che anche i più diffidenti, anche quelli che appaiono più restii alla commozione sembrano liquefarsi, come la cera al contatto della fiamma: anch’essi pregano e invocano Colei che tutte le generazioni chiameranno beata. (Autore: Pasquale Mocerino)
Un paese in pellegrinaggio
Anche quest’anno il tradizionale, sentito e commuovente pellegrinaggio a piedi al Santuario di Pompei, per grazia di Dio e per materna intercessione della Madonna del Rosario, ha avuto un’ottima riuscita.
È una bella e popolare tradizione che un gruppo, sempre più numeroso di pellegrini, giovani, uomini e donne, guidati e spronati dal sacerdote, vuole conservare nella vita religiosa di Pignataro Maggiore, specialmente in questi ultimi tempi nei quali tante e belle locali tradizioni sono state sconsideratamente distrutte.
Come sempre, tutti i partecipanti sono stati mossi e sorretti da grande spirito di fede, dal profondo bisogno di preghiera, dall’ansiosa ricerca di qualche mezzo che potesse purificare l’anima e convertirla profondamente al Signore con l’aiuto materno di Maria.
Fare a piedi più di 80 Km., certamente significa dichiararsi disponibili alla grazia divina; significa avvertire il bisogno di conversione; significa amare Dio nei fratelli, per i quali tutti i pellegrini hanno elevato preghiere nello spirito di carità fraterna.
Ognuno vi ha partecipato con entusiasmo, specialmente i giovani a questa loro prima esperienza, per mantenere una promessa o un voto fatto alla Madonna, per chiedere una grazia particolare a
Dio, materiale o spirituale, mediante la potentissima ed efficacissima intercessione della Madonna di Pompei.
I partecipanti, con animo concorde, hanno invocato la pace all’intera umanità così straziata dall’odio e dalla violenza, ed i pellegrini di Pignataro Maggiore sono convinti di dare il loro contributo per la costruzione dell’edificio della pace, dono di Dio a di Maria.
Aprono il pellegrinaggio l’immagine di Gesù Crocifisso, della Madonna e dello stendardo che indica la provenienza dei pellegrini, portati a turno, dai giovani, dalle ragazze, dagli uomini. Durante il lungo cammino si recitano preghiere, si cantano lodi in onore della Madonna, soprattutto si recita il Rosario.
Si percorrono le solite tappe: Pignataro Maggiore, Capua, Teverola, Aversa. Nella chiesa parrocchiale di Aversa i pellegrini partecipano alla celebrazione Eucaristica.
Si riprende il cammino attraverso Melito, Corso Secondigliano di Napoli, San Giovanni a Teduccio. Qui la sera del 6 maggio, i pellegrini sostano alcune ore presso l’Asilo “Villa Pacis” per riprendere il cammino la mattina seguente, prestissimo. Si attraversa Bellavista, Portici, Ercolano, Torre del Greco, Torre Annunziata e finalmente si arriva a Pompei.
L’ingresso nella Basilica della Madonna, al suono festoso delle campane, è una scena commoventissima, assolutamente lontana da ogni sentimentalismo e da ogni forma di retorica.
Durante la notte tra il 7 e l’8 maggio i pellegrini, stanchi ma contenti, partecipano alla solenne veglia di preghiera e con gli altri pellegrini recitano la Supplica.
Il ritorno a Pignataro avviene in pullman e alle porte del paese, ordinati in processione, fra una folla di fedeli, commossi in attesa, tutti si recano nella Chiesa Madre per ringraziare Cristo Crocifisso e la Madonna di Pompei, con la promessa sincera di ritornare l’anno successivo.
La manifestazione si scioglie con un canto mariano.

"Ottobre 1984" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza il Cardinale Opilio Rossi - Presidente della Commissione Cardinalizia per il Santuario

Il mese di ottobre tradizionalmente dedicato al Rosario inizia a Pompei con speciale solennità per la recita della Supplica e la festa del Beato Bartolo Longo fondatore della città.
Quest'anno le celebrazioni saranno presiedute per la prima volta da sua Eminenza il Cardinale Opilio Rossi, nuovo Presidente della Commissione Cardinalizia per il Santuario.
Programma
5 ottobre:
Festa liturgica del Beato Bartolo Longo.
                 Ore 18.30: Discesa e venerazione dell'immagine della Madonna.

6 ottobre: Vigilia della Supplica.

                 Ore 20.00: Veglia mariana con recita del Rosario con il Santo         Padre Via Radio Vaticana.
           Ore 24.00: Celebrazione eucaristica presieduta da Sua Eccellenza Mons. Domenico Vacchiano.

7 ottobre: Festa del Rosario.
                 Ore 11.00: Celebrazione eucaristica presieduta da Sua Eminenza il Cardinale Opilio Rossi.
                 Ore 12.00: Recita della Supplica.

8 ottobre:
Ore 17.00: Processione in onore del Beato Bartolo Longo.
                  - Illuminazioni: Ditta "Com. Giuseppe Grauso" di Caserta.
                  - Banda Musicale: "Città di Ceglie Messapica" (BR).
                  - Fuochista: Ditta "Vincenzo Basile" di Boscoreale (NA).


"Maggio 1985" L'Ora del Mondo
Presiede il Cardinale Bernardin Gantin

(Prefetto della Congregazione dei Vescovi e Membro della Commissione cardinalizia per i Santuari di Pompei, Loreto e Bari)

Il nostro grazie al Cardinale Bernardi Gantin

Roma 9 maggio 1985: "Venerata Eccellenza, non vorrei tardare a rinnovare per iscritto il mio vivissimo e cordiale grazie a Lei e a tutti i suoi collaboratori impegnati a servizio del Pontificio Santuario Mariano di Pompei per essere stato accolto con tanta amabilità e senso di fraterna ospitalità".
Sono le parole introduttive di una lettera inviata al nostro Prelato dal Cardinale Bernardin Gantin all’indomani della Supplica.
L’Eminentissimo Cardinale, Prefetto della Congregazione dei Vescovi e Membro della Commissione cardinalizia per i Santuari di Pompei, Loreto e Bari, era stato infatti invitato a presiedere la solenne celebrazione eucaristica che precede tradizionalmente la recita della più famosa preghiera del Beato Bartolo Longo.
La lettera che non pubblicheremo interamente, per non dilungarci eccessivamente, super di molto l’aspetto protocollare di un ringraziamento per la partecipazione ad un pubblico avvenimento.
Tocca a noi, invece ringraziarlo per la sua presenza, per le parole offerteci durante l’omelia, per
l’incoraggiamento datoci ad affrontare con gioia le prove vita.
Un grazie, Tuttavia, dobbiamo ancora esprimere per la testimonianza che la sua presenza ha offerto a tutti i devoti della Vergine.
Il Cardinale, anche se non primo dei visitatori, è stato il primo Vescovo Africano a presiedere la recita della Supplica. Un fatto questo che potrebbe passare inosservato ma che invece è denso di significato. Non esprime, infatti, solo la devozione personale del Cardinale alla Mamma del Signore Gesù, ma in lui quella dei nostri fratelli della Chiesa Africana, come lui stesso ha sottolineato durante l’omelia, e infine anche la risonanza mondiale che ha la devozione alla Vergine del Rosario di Pompei.
1 foto: Sua Ecc.za il Cardinale Bernardin Gantin mentre tiene l’omelia durante la celebrazione eucaristica che precede la recita della Supplica.
2 foto: il coro di voci recita all’unisono la Supplica, la preghiera più calda sgorgata dal cuore del beato Bartolo Longo.


"Ottobre 1985" L'Ora del Mondo
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"Maggio 1986" L'Ora del Mondo
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"Ottobre 1986" L'Ora del Mondo
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"Maggio 1987" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza il Cardinale Agostino Casaroli (Inviato Personale del Papa Giovanni Paolo II)
Cento anni di Fede e di Carità
Il Rosario, una preghiera valida anche per l'uomo del XX secolo che guarda con trepidazione alle sfide del futuro
L’Omelia del Legato Pontificio - L'Annunciazione
"In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazareth" (Lc 1, 26).
Il racconto incantevole del Vangelo di Luca, risuonato ancora una volta alle nostre orecchie,
sotto le arcate solenni di questo Tempio, voluto dalla fede intrepida di Bartolo Longo ed edificato con la collaborazione di tutto un popolo, ci ha riportato lontano nel tempo e nello spazio: in un angolo sperduto dell’immenso Impero Romano, allora agli inizi della sua splendida e torbida parabola; in un giorno, all’apparenza, in nulla dissimile dagli altri.
Nel borgo sonnacchioso di Nazareth, come in innumerevoli villaggi e città, nell’antica Atene e nella grande Roma, la vita scorreva monotona, senza novità; la gente badava alle proprie faccende, umili o importanti: nasceva, moriva, soffriva, si allietava.
Un giorno, non segnato da alcuno di quegli eventi che fanno la storia dell’umanità.
Ma sul quadrante della storia tracciata dalla mano di Dio, che abbraccia tempo ed eternità, uomini e cosmo, un’ora solenne era, proprio in quel giorno, silenziosamente scoccata. Era arrivata "La pienezza del tempo" (Gal 4, 4), stabilito da Dio prima che il mondo fosse. Ed Egli si accingeva a mandare sulla terra il suo Figlio "per riconciliare a sé per mezzo di lui tutte le cose… quelle della terra e quelle del cielo" (Col 1, 20).
Egli doveva nascere da donna (Gal 4,4), come ogni altro figlio d’uomo.
Per questo il Messaggero divino entra nella povera casa dove viveva la Vergine che aveva "trovato grazia presso Dio", sino al punto di essere prescelta a sua Madre, e gliene propone il mistero.
Che cosa provò Maria a quell’annuncio? Quali sentimenti, di smarrimento, di umiltà, di timore, forse, pervasero il suo animo, prima di pronunciare quelle parole che aprirono al Figlio di Dio le
vie della sua vicenda umana?
"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detti" (Lc 1, 28). "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1, 14).
Pronunciando il suo "fiat" la Vergine di Nazareth si era consegnata con disponibilità totale alla volontà di Dio. Aveva detto "sì", non soltanto alle gioie della maternità divina, ma anche all’imprevedibile di un’esistenza legata ormai ad un misterioso disegno di dolore e di gloria, al ripercuotersi su di lei delle ostilità che si sarebbero scatenate contro suo Figlio, destinato – secondo le Scritture che essa aveva tante volte meditate – a caricarsi delle iniquità di tutti ed a farsi per tutti "come agnello condotto al macello" (Is 53, 7). Al tempo stesso, però, pregustava nella fede e nella speranza, il finale e definitivo trionfo del Salvatore – Gesù – sulla morte e sul peccato: "e il suo Regno non avrà fine" (Lc 1, 23).
Da quel momento la sua vita s’avviò decisamente, attraverso i misteri del gaudio e del dolore, verso i misteri della gloria.
Il Rosario
Questa vicenda straordinaria, che ogni cristiano deve continuamente aver presente allo spirito, nello stupore e nella riconoscenza, la preghiera del Rosario, tanto cara a Bartolo Longo, che durante tutta la vita ne fu zelatore infaticabile, l’ha fatta ripercorrere per secoli a moltitudini di fedeli, dai più semplici ai più dotti. Con il Rosario nella mano, Bartolo Longo risvegliò le coscienze dei contadini della valle oppressi dalla miseria, suscitò tra loro un mirabile fervore di iniziative a carattere sociale, eresse verso il cielo questo Tempio consacrato a celebrare le glorie di Maria, trasformò una "terra di morti", come ebbe a dire egli stesso, in "una terra di risurrezione e di vita". "Catena dolce che ci rannodi a Dio – così lo chiamava il Beato -, vincolo di amore che ci unisci agli angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno, porto sicuro nel comune naufragio".
Tale forza, di amore e di salvezza, la preghiera del Rosario conserva anche per noi, uomini del secolo XX, fieri e spaventati, insieme, dalle grandi conquiste tecniche e scientifiche. Anche per noi Cristo, e con Lui la sua Madre, restano al centro della storia umana e della nostra. Nella meditazione assidua dei misteri della vita di Cristo, seguendo passo passo Colei che di Cristo fu la prima discepola (cfr. Redemptoris Mater, 20), possiamo anche noi comprendere il mistero della nostra esistenza e far nostra l’incrollabile speranza in colui "che per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo". Potremo anche noi "avanzare nella peregrinazione della fede" (Lumen Gentium, 58; Redemptoris Mater, 2), pronunciando ogni giorno il "fiat" dell’adesione ai disegni di Dio su di noi, non solo quando portano con sé il balsamo della gioia, ma anche quando contengono l’assenzio amaro della rinuncia e del dolore, preludio della partecipazione al trionfo senza ombre di Cristo.
Il centenario
Questo itinerario di fede, sostenuto dalla riflessione e dalla preghiera del Rosario, Bartolo Longo l’ha percorso sino alla perfezione, e ce ne resta fulgido esempio.
"Il cristianesimo è fede che trasporta le montagne – egli annotava – ma è pure carità che supera i vulcani…".
Se questo tempio è grandioso monumento di fede intrepida, le Opere che lo circondano sono frutto dell’amore, che della fede è il fiore più bello. Una corona alla vergine, esse sono, non meno preziosa – certo – di quella che, cento anni fa, esattamente, un altro Legato del Pontefice Romano, il Card. Monaco La Valletta, posava sul capo dell’effige della Madre del Salvatore e del suo Figlio divino.
Oggi noi commemoriamo solennemente quell’evento, celebrando le glorie della "Vergine tutta bella e tutta santa" e rinnovando il voto di devozione e di preghiera che, nello spazio di questo secolo, ha portato folle innumerevoli, qui o presso gli altari e le immagini della Madonna del
Rosario di Pompei sparsi in ogni angolo del mondo, ad inginocchiarsi ai piedi della Madonna del Rosario di Pompei sparsi in ogni angolo del mondo, ad inginocchiarsi ai piedi di Maria, per riversare nel suo cuore materno preoccupazioni e dolori, desideri, progetti e speranze. E rinnovando il voto di saper tradurre in opere la nostra fede. "Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre – sono parole dell’Apostolo San Giacomo – è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo" (Gc 1, 27).
Oggi, più che di carità, si preferisce parlare di giustizia. E la giustizia è certamente uno dei cardini sui quali deve reggersi la vita dell’umanità perché il mondo non abbia a crollare sotto il peso di un egoismo, padre di conflitti sociali e di guerre.
Ma il doveroso culto della giustizia nulla toglie alla regalità dell’amore, che alla giustizia presta ali a più ampi ed a più alti voli, come Pompei ce ne dà fulgido esempio.

L’aiuto della Vergine per il futuro
Un secolo di devozione mariana; un secolo di prodigi. Il primo prodigio è certamente il vigore con il quale tale devozione si è affermata ed estesa.
Sotto lo sguardo amorevole della Madonna del Santo Rosario noi guardiamo ora al futuro: ricco
di promesse, denso di minacce. Serenamente ne accettiamo le sfide: Dio è con noi; con noi è la sua Vergine Madre, a sostenerci nella responsabilità che a noi, come a tutti gli uomini, incombono e che noi vogliamo affrontare, fiduciosi nelle forze di intelligenza e di volontà delle quali la Provvidenza ci ha forniti; fiduciosi soprattutto, nell’aiuto che essa assicura ai suoi figli; fiduciosi nell’aiuto di Colei che Cristo ci ha lasciata per Madre.
O Vergine Santissima! In te riponiamo le nostre speranze. Al tuo amore materno noi ricorriamo.
L’arma, umile e potente, del tuo Rosario, che faremo nostra specialmente nel corso dell’Anno Mariano che sta per incominciare, ci accompagnerà nella vita e nella morte. Essa ci sarà sicura promessa di vittoria contro gli assalti e le insidie dei nemici tuoi e nostri: i nemici di Cristo e del suo Vangelo.
E tu copri con il manto della tua "onnipotenza supplichevole" la Chiesa nata dal sangue del tuo Figlio; il Papa che è presente qui, oggi, davanti alla tua effige venerata, nell’umile persona del suo Legato; il mondo e l’Italia, in questo momento cruciale della loro storia.
Guarda con amore i poveri, i sofferenti, i giovani e i fanciulli, speranze del nostro domani.
Tu clemente, Tu pietosa, Tu dolce Vergine Maria!
(† Agostino Card. Casaroli)

"Ottobre 1987" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza xxx

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"Maggio 1988" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza xxx

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"Ottobre 1988" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza xxx

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"Maggio 1989" L'Ora del Mondo
Presiede S.Ecc. Mons. Edward Idris Cassidy - Sostituto della Segreteria di Stato del Sommo Pontefice
È l’otto di maggio, giorno provvidenziale della Storia del Santuario. Ci sono, come sempre, migliaia e migliaia di pellegrini di ogni regione d’Italia convenuti a Pompei sin dalla sera precedente per partecipare alla veglia mariana. Presenti anche il Ministro degli Interni, On. Antonio Gava, il Prefetto e il Questore di Napoli, il Sindaco di Pompei, il Provveditore agli Studi Napoli e numerose Autorità Civili e Militari.
Ospite d’eccezione, Sua Eccellenza Mons. Edoardo Cassidy, Sostituto della Segreteria di Stato del Sommo Pontefice. È Lui che presiede la celebrazione eucaristica che, come di consueto,
precede la recita solenne della Supplica. Concelebrano Mons. D. De Luca, della Segreteria di Stato e Mons. Baldassarre Cuomo, Vicario Generale di Pompei.
All’omelia, dopo aver ricordato il 50° anniversario dell’ampliamento del Santuario, il Presule offre all’atteso ascolto dei fedeli una mirabile sintesi di quello che la presenza di Maria può nel cuore degli uomini.
"Dovunque Maria si renda misticamente presente in questo nostro povero mondo, lì fiorisce la vita, la speranza, la sofferenza è alleviata o guarita, le menti vengono illuminate dalla verità divina, i cuori si accendono di santi propositi, gli animi induriti nel peccato si aprono alla penitenza e alla misericordia del Padre, sorgono le più svariate opere della carità e della solidarietà umana. "A Valle di Pompei – ci ripeterebbe ancora oggi il Beato Bartolo Longo – un traviato diventa il missionario laico del Rosario, la landa più abbandonata diventa uno dei più meravigliosi santuari".
E la Vergine Maria, nei suoi interventi, sembra spesso scegliersi persone, situazioni e luoghi, diremmo noi, con il nostro sguardo umano, inadatti e sprovveduti. Ma ciò rientra proprio nel piano usuale della Provvidenza…".
È questa che la Storia del Santuario di Pompei, storia di amore, di fede, di riconciliazione, di carità.
È la prima volta che l’Eccellentissimo Presule è in visita ufficiale al Santuario. Di questo gliene siamo grati, ma ci ha colpito soprattutto la squisita sensibilità con cui ha penetrato la dimensione più intima dell’esperienza cristiana che si irradia dal Santuario per raggiungere tutti gli uomini di buona volontà.
"Una grande lezione, infine  - ha detto – che ci viene dal Santuario di Pompei, è lo stretto legame che deve unire la preghiera ed il culto divino alle opere della carità fraterna e dalla giustizia sociale. Sappiamo quale luminoso esempio con la sua stessa vita, ha dato il Beato Bartolo Longo. Chi frequenta questo Santuario, chi opera qui nelle varie mansioni che gli sono state affidate, non può mai dimenticare quell’esempio meraviglioso di sintesi tra azione e contemplazione, che deve caratterizzare la vita di ogni cristiano.
Le opere sono il frutto naturale di una preghiera sincera; ne sono il segno di autenticità davanti al mondo; portano esse stesse, se fatte con retta intenzione, alla preghiera sia chi le compie, sia coloro a favore dei quali vengono compiute; sono le condizioni per le quali la nostra preghiera può essere accetta a Dio. Ecco dunque un messaggio che ci viene da questo luogo: mai separare la preghiera dalle opere!".
È il messaggio di Pompei, messaggio evangelico, che il Santuario testimonia con l sua storia e con le opere di ogni giorno.
(Autore: Pasquale Mocerino)


"Ottobre 1989" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza xxx

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Sua


"Maggio 1990" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza xxx

Presiede S. Ecc. Mons. xxx
Aiutaci o Madre
Potrebbero costituire una vera antologia di preghiere mariane: sono le richieste e le intercessioni che spontaneamente i devoti della Madonna esprimono in occasione delle due annuali veglie mariane. Un vero spaccato sui problemi, sulle necessità e sulle attese degli uomini.
La tradizionale veglia in preparazione alla Supplica alla Madonna (8 maggio e prima domenica di ottobre) è composta da diverse parti ben armonizzate fra di loro. Ovviamente la preghiera dei fedeli è quella preponderante: si veglia pregando: Il Rosario meditato, l’adorazione Eucaristica, la liturgia penitenziale, la lettura di preghiere composte dai pellegrini o inviate da altri forzatamente assenti, la preghiera privata in silenzio sono "la formula" di questa lunga veglia.
Nella notte del 7 maggio ben 318 "foglietti" sono stati consegnati per la lettura. Fogli di quaderno, pagine di agende, biglietti del treno, buste da lettera, note di ristoranti, schede elettorali: tutto è buono per dare sfogo alle preoccupazioni, invocazioni, ringraziamenti per grazie ricevute.
Le intenzioni sono veramente tante: uno spaccato dei problemi e bisogni di individui e società, grandi e piccoli, necessità spirituali e fisiche. Si prega per i figli. Per i genitori, per il marito e la moglie, per le vocazioni, per i drogati, per i parenti ed amici, per i sequestrati, per la pace nel mondo e la serenità delle coscienze. Lo stile è quello semplice ed immediato del cuore. Senza fronzoli, senza raffinatezze lessicali, grammaticali e sintattiche. È la voce del cuore.
Non ci soffermiamo con analisi sociologiche e religiose su queste preghiere. Leggiamole con semplicità. Uniamoci a tante sorelle e fratelli in pena per l’attesa di quanto sta a cuore; partecipiamo alla loro gioia per la grazia ricevuto; impariamo a sperare nei momenti difficili.
1. Amatissima Mamma celeste. Ti prego di intercedere per me e mia sorella Felicetta: prima di ogni altra cosa per la guarigione spirituale e perché la nostra fede possa crescere sempre più, e anche per la guarigione del corpo, che tanto ne abbiamo bisogno, come Tu ben sai. Mamma Celeste e amatissimo Gesù Vi amo e confido in Voi. Grazie per la grazia già ricevuta.
2. Sono un padre che ha un figlio tossicodipendente, sposato con un figlio. Chiedo una preghiera affinché Gesù e Maria gli diano la forza di liberarsi da questo veleno di morte e possa riprendere a lavorare per provvedere alla sua famiglia.
3. Sono una mamma che soffre in silenzio, sono piena di colpe, ho fatto tanti sbagli: credevo di fare tanto bene alle mie figlie invece le ho molto danneggiate. Prego la Madonna di Pompei di perdonare me e di mandare tanta felicità e bene alle mie figlie. La Madonna sa tutto. La prego di mandare in famiglia pace, tranquillità, salute e provvidenza e di aumentare sempre di più la fede in tutti noi.
4. Mia adorata Madonna. Anche quest’anno ti invio il mio bigliettino, innanzitutto per ringraziarti di tutte le grazie che ti ho chiesto e che mi hai esaudito. Io vivo in quanto ci sei Tu, Tu accanto a me nelle mie lotte quotidiane. Io mi sento viva perché ci sei Tu che mi ascolti, mi consigli, mi guidi, Non abbandonarmi mai! Ora Madonnina Ti chiedo di proteggere sempre la mia famiglia affinché la mamma e i miei fratelli, stiano sempre bene. Per me ti chiedo di farmi superare con la consueta forza gli esami che dovrò sostenere nei prossimi mesi di giugno e luglio e di consolarmi, in quanto tu sai quello che ho nel cuore, per cui ti chiedo di provvedere affinché possa essere più serena. Ti prego inoltre di assistere tutte le persone ammalate che ricorrono a te e anche quelli che sono lontani dalla preghiera, e quelli che hanno tribolazioni.
5. Una mamma disperata. Mamma celeste, cambia mio figlio, ti supplico, ha solo 14 anni: ti bestemmia… Non riesco più a sopportarlo, ti prego cambialo, guariscilo spiritualmente, mentalmente, fisicamente. Calmalo, fa che riesca a studiare. Ti ringrazio per le grazie che mi hai dato per mia figlia: assistila ancora, perché ha ancora tanto bisogno di Te e di Tuo figlio. Ti voglio tanto bene.
6. La signora Ernestina chiede preghiere per il figlio Paolo rapito 7 mesi fa e di cui tutt’ora non si hanno notizie.
7. Sono una devota della Vergine di Pompei, sono della Calabria e non ho potuto partecipare al pellegrinaggio avendo mio marito molto malato. Invoco preghiere perché la Vergine di Pompei possa lenire le sofferenze che torturano mio marito. Siamo noi due soli, anch’io sofferente agli occhi (ci vedo poco): che possa avere la forza di accudire mio marito. Io ho piena fiducia. Sono iscritta all’Ora di Guardia e spero che la Madonna non mi abbandonerà mai.
8. È presente all’altare della Vergine di Pompei un gruppo proveniente dal Santuario di Maria SS. Ad Nives di Corigliano-Schiavonea (CS). A nome di tutti i cittadini di Schiavonea i pellegrini chiedono alla santissima Vergine una benedizione speciale per tutte le famiglie, per i giovani, per gli ammalati, per tutti i bisognosi e i sofferenti. Che la santissima Vergine sia particolarmente presente, in questo momento storico, in mezzo alla popolazione di Schiavonea.
9. Sono una giovane moglie con un bambino di 2 anni. Chiedo una grazia per mio marito Carmine: da due anni è malato di sclerosi multipla, ridotto su una sedia a rotelle: ha solo 22 anni.
10. Cara Madonna di Pompei, vorrei da te che il mondo non continui così, che i bambini poveri abbiano un letto, una casa, un riscaldamento. Aiuta il mondo. Fa guarire tutti gli ammalati, mio padre, mia madre. Ti pregherò tutte le volte che vorrai. Per favore fai sparire la violenza, i ragazzi drogati. Madonna aiutateci voi in questo mondo perché siamo fratelli di Gesù e figli di Dio.
11. Dolcissima Mamma di Pompei, in questo giorno solenne da te tanto accolto, sono venuta a piedi ai tuoi piedi e ci sono arrivata per grazia tua. Ti chiedo la grazia più urgente, di far stare bene mio marito che soffre di dolori che mi preoccupano molto. Poi che liberi la nostra famiglia e quella di mio fratello dalla violenza perché c’è mio fratello morto ucciso, e ora anche un cugino e ti prego di difendere l’altro fratello da questa violenza di morte. Facci vivere in pace, con la salute dell’anima e del corpo. Guarda soprattutto i miei figli e i miei nipoti tutti. Mamma perdonami: una figlia tutto chiede alla propria Mamma celeste.
12. Sono una devota della Madonna e del beato Bartolo Longo e sono stata sempre esaudita tutte le volte che a Lei sono ricorsa. Da molti anni vengo a fare la veglia. La mia presenza qui è un atto di riconoscenza per tutte le grazie da lei ricevute. Invito tutti i presenti a recitare un’Ave Maria perché la Madonna esaudisca la mia preghiera e nella mia famiglia ci sia qualcuno disposto a servire il Signore e susciti nel cuore do molti giovani sante vocazioni. Invito a recitare la preghiera di S. Teresa del Bambino Gesù: Signore donaci dei sacerdoti che siano angeli per purezza, eroi di sacrificio e apostoli della tua gloria. Ne abbiamo tanto bisogno. (Autore: Pietro Caggiano)


"Ottobre 1990" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Ecc.za Mons. Giuseppe Costanzo - Vescovo di Nola

(Vescovo di Nola)
Si è svolta in uno splendido clima festoso, la recita della Supplica della prima domenica di ottobre. Come è ormai consuetudine, migliaia e migliaia di pellegrini di ogni regione d’Italia sono convenuti a Pompei, già dalla sera precedente, per vegliare in preghiera nell’attesa, trepida e gioiosa, dell’ora solenne della domenica.
Molti sono giunti a piedi, dai paesi vicini, per esprimere alla "Sovrana del cielo e della terra", alla "Regina delle vittorie", la loro devozione di credenti e la confidenza di figli.
È senz’altro diverso il clima di festa che si crea a Pompei in questa circostanza. Esso ha un che di particolare, esprime qualcosa di profondo. Lo ebbe già a notare il Beato Bartolo Longo nella sua "Storia del Santuario", quando annotava che "le feste nella Valle di Pompei sono sempre nuove: sono le feste dell’uomo che cerca Dio".
La solenne concelebrazione che precede, alla domenica, la recita della Supplica, è stata presieduta, quest’anno, da Mons. Giuseppe Costanzo, Vescovo di Nola, quasi a ricordare il legame storico che unisce la
Chiesa di Pompei a quella Nolana. Concelebrano Mons. Baldassarre Cuomo, Vicario Generale della Prelatura, e Mons. Pietro Caggiano, Amministratore del Santuario. Inoltre, sono presenti il Prelato di Pompei, Mons. Domenico Vacchiano, Mons. Aurelio Sorrentino, Arcivescovo di Reggio Calabria e le autorità civili e militari.
All’omelia, Mons. Costanzo ha invitato i fedeli a riflettere sulla figura di Maria ponendo questa domanda: "Ma chi è Costei che tutti cercano con istinto immediato e tutti contemplano con cuore ammirato?". Ha dato, poi, risposta a questo interrogativo indicando ciò che Maria è, "Maria - ha proseguito il Vescovo – è la donna nuova, la nuova Eva, la vera figlia di Sion. È Colei che ha creduto alla Parola di Dio, che si è fidata del suo amore. È la piena di grazia, totalmente trasformata e ricolmata dalla Grazia di Dio. È la benedetta fra tutte le donne, perché è la Vergine del S^: il sì dell’Incarnazione, il sì della Redenzione, il sì della vita nascosta".
Con la sapiente sensibilità che gli è propria, Mons. Costanzo ha portato il contenuto della sua riflessione mariana sulla vita quotidiana invitando i fedeli a guardare Maria come maestra di vita.
Tutt’altro che passiva e remissiva, ha detto il Vescovo, "è donna attiva e responsabile, forte e fedele. Con la sua vita e le sue scelte Ella contesta all’uomo d’oggi il tradimento consumato nel rovesciamento dei primati: il primato delle cose sulla persona, dell’avere sull’essere, dei consumi sui valori, del profitto sulla vita, della tecnica sull’etica, della parte sul tutto.
Maria ci ricorda che la corretta gerarchia dei valori esige il ribaltamento dei primati sopra citati".
Facendo, poi, riferimento al contesto campano, il Vescovo ha, così, proseguito: "A Lei, maestra di vita e modello di santità, noi, oggi, affidiamo questa nostra terra così tormentata e generosa, la nostra gente, così provata e paziente. A Lei consegniamo i giovani che cercano un senso per la loro vita e pienezza per la loro esistenza. A Lei affidiamo gli adulti, perché si impegnino ad essere validi educatori in questo tempo di paurosa deresponsabilizzazione e testimoni credibili in mezzo alla generale disaffezione e sfiducia".
La fede e la vita, la fede e la testimonianza è il messaggio che continuamente parte da Pompei e sollecita tutti coloro che venerano la Regina del Rosario.
(Autore: Gioacchino Cozzolino)


"Maggio 1991" L'Ora del Mondo

Presiede S. Ecc. Mons. Francesco Saverio Toppi
(Le celebrazioni della Supplica di questo maggio 1991 hanno, tra l’altro, ricordato il centesimo anniversario della consacrazione del Santuario)
La dolce violenza di Maria alle nozze di Galilea
Diamo il testo dell’omelia pronunciata dall’Arcivescovo di Pompei durante la funzione della Supplica. Sull’esempio della Madre di Dio, ognuno deve venire incontro alle necessità dei fratelli, anche se non richiesto, per realizzare la "civiltà dell’amore".
Siamo a Pompei, dinanzi al Santuario dove è presente ed opera in modo particolare la Vergine Madre Maria. E dove è Maria viene Gesù, Come allo sposalizio di Cana, di cui parla il Vangelo (Gv 2, 1-12).
C’è Gesù, e Maria ci sta proprio per questo: per far venire Gesù! Maria esiste in funzione di Gesù; Maria è vissuta, ha operato e continua a vivere e ad operare per dare Gesù al mondo, per farlo conoscere e amare.
È Gesù è in mezzo a noi! L’opera di Maria: porre Gesù in mezzo agli uomini si realizza in pieno
adesso, qui. Ella ci ha riuniti nel Nome del Signore e il Signore – secondo la sua promessa – è in mezzo a noi.
Ravviviamo la fede, stringiamoci insieme nel Nome di Gesù, sotto lo sguardo di Maria e confermiamoci nella certezza che Gesù, il Signore, è qui, adesso, in mezzo a noi. E riviviamo l’evento salvifico narrato e ora proclamato dal Vangelo di Giovanni.
Ecco Maria che si fa avanti e dice a Gesù: "Non hanno più vino". Si sta a tavola, si mangia e si beve allegramente, è un banchetto nuziale; ad un certo punto viene a mancare il vino. Maria non è la padrona di casa, è una semplice invitata, non ha alcuna responsabilità, non avrebbe alcun titolo per intervenire; nessuno la sollecita perché lo faccia, eppure interviene.
È Maria, è la Mamma tutta occhi per vedere se manca qualcosa; si accorge che viene a mancare il vino: un’ombra sulla festa, una brutta figura per famiglie degli sposi, una privazione penosa per i commensali. Maria non può starsene passiva, ella interviene e chiede al suo Figlio di provvedere, certa della sua potenza e della sua bontà.
Ditemi, fratelli, dinanzi a questo fatto così eloquente riportato dal Vangelo, possiamo ancora dubitare della sollecitudine materna di Maria?
Dinanzi a questa prova così bella della sua volontà di venirci incontro, prevenendo persino le nostre stesse domande, possiamo esitare a chiederLe tutto quanto ci occorre per la nostra salvezza, per la nostra gioia?
La Supplica, che reciteremo insieme, sia l’esposizione della nostra fiducia incrollabile dinanzi alla tenerezza di Maria, documentata nel Vangelo, cantata per mille e mille prodigi dal genio del Beato Bartolo Longo, gridata dalle pietre di questa Basilica, dagli ex-voto del Santuario.
"Non hanno più vino!" osserva Maria con uno squisito atto d’amore per evitare una pena, per procurare una gioia nell’umile contesto di uno sposalizio in un povero paese di periferia. Quale insegnamento per noi! Moltiplichiamo oggi le analisi della situazione preoccupante della nostra società, abbiamo sulla bocca, e declamiamo coi mezzi di comunicazione sociale, parole grosse per stigmatizzare i mali, i delitti che imperversano dovunque e gridiamo che bisogna correre con urgenza ai ripari…
Se vogliamo sul serio fare qualcosa, imitiamo l’esempio di Maria: lì dove siamo e operiamo, in concreto esercitiamo la carità evangelica, veniamo incontro ai fratelli, comprendiamoli, amiamoli, aiutiamoli come meglio possiamo. Non pretendiamo dagli altri, cominciamo da noi, coi fatti e nelle circostanze ordinarie amiamo il prossimo, cioè colui che ci sta accanto. Il Concilio raccomanda di esercitare la carità non solo nelle grandi occasioni, ma anche in quelle umili di ogni giorno (Cfr
GS 38); il Concilio dichiara che oggi soprattutto urge l’obbligo di essere prossimi a chiunque ci sta d’accanto e rendergli servizio coi fatti (Cfr GS 27).
Maria, la Madre di Gesù, la Madre della Chiesa, anzi la Madre dell’umanità, ci spinga efficacemente su questa strada che porta a realizzare la "civiltà dell’amore"!
"Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora".
È la risposta scomoda, sconcertante di Gesù a Maria. Versetto tormentato dagli esegeti, che qualcuno ha cercato anche di ammorbidire fondandosi su una lettura non del tutto improbabile del testo. Noi preferiamo lasciarlo come suona, come la tradizione ermeneutica l’ha preso quasi unanimemente. Sì, il Signore prende le distanze da Maria, vuol provarne la fede e la fiducia, afferma con chiarezza inequivocabile che non è ancora venuta l’ora di fare miracoli, di far conoscere cioè la sua identità, come vorrebbe Maria.
Qual è la reazione di Maria a quest’urto formidabile, a questo rifiuto netto del Figlio? Si rivolge agli incaricati delle mense e dice loro: "Fate quello che (Gesù) vi dirà".
E costringe così il Signore a fare il miracolo, il primo miracolo, ad anticipare l’ora dei miracoli, ad affrettare il tempo della rivelazione della sua gloria.
Vorrei avere qui la capacità di esplicitare, di esaltare, di cantare l’eroismo della fede di Maria, l’efficacia determinante della sua opera nella storia della salvezza, l’onnipotenza della sua mediazione. Sono felice di dichiarare la mia incapacità dinanzi alla sublimità della virtù di Maria, all’unicità assoluta della sua influenza nel progetto salvifico di Dio; sono felice di sottoscrivere le pagine stupende scritte dal B. Bartolo Longo in merito, e fra poco, di cantare con voi tutti, con tutti i devoti della Madonna di Pompei sparsi nel mondo intero, l’inno trionfale della Supplica.
"Fate quello che Gesù vi dirà".
È la consegna, il testamento di Maria a noi. Come il Padre sul Tabor proclamando Gesù suo Figlio prediletto ci dice di ascoltarlo, così Maria alle nozze di Cana, spingendo il Figlio a manifestare la sua gloria, ci suggerisce di fare quello che lui dice. E Gesù ci dice innanzi tutto di convertirci e di credere al Vangelo (Cfr. Mc 1, 15). La conversione è la parola-chiave della vita cristiana; il
Santo Padre in una recente intervista a proposito del centenario della "Rerum Novarum" sottolineava l’importanza della conversione per la soluzione dei problemi sociali che affliggono il nostro tempo. La conversione è l’istanza primaria che attraversa da capo a fondo la Supplica.
Non si può recitare la Supplica senza avere un senso profondo, un vivo dolore dei peccati, un proposito fermo di eliminarli dalla nostra esistenza. "Con i peccati torniamo a crocifiggere nuovamente in cuor nostro Gesù e trafiggiamo nuovamente il tuo Cuore, o Maria". La Supplica trasuda lacrime di pentimento e non si può recitarla senza condividerle guardando a Gesù Crocifisso e a Maria Desolata; non si può recitare con frutto e con sincerità la Supplica senza prendere l’impegno deciso di smetterla di peccare, di cambiare modo di pensare e di agire, di conformarci al Vangelo.
"Fate quello che Gesù vi dirà".
È l’ultima parola di Maria registrata nel Vangelo; è l’ultima parola di Gesù riguardante il nostro rapporto con Maria è "Donna, ecco il tuo Figlio… Ecco la Madre tua" (Gv 19, 26-27). La Supplica è tutta permeata dalla consapevolezza che Maria è Madre nostra e noi siamo suoi figli: "Ricordati – diciamo a Maria – che sul Golgota, raccogliesti col Sangue divino il testamento del Redentore moribondo che ti dichiarava Madre nostra…
Noi confidiamo pienamente in Te, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le Madri".
Sì, Maria! Noi confidiamo pienamente in te. Ascolta la nostra supplica e presentala al Padre per Gesù nello Spirito Santo. In nome della Chiesa, dell’umanità intera che tu rappresenti e chiudi nel Cuore, implora la pace, ottieni per tutti i tuoi figli misericordia, conversione sincera e continua, per il mondo sconvolto da tanti mali la vittoria del bene sul male, il trionfo dell’amore sull’odio, l’avvio deciso a costruire in Gesù risorto la "civiltà dell’amore".

Ŧ Francesco Saverio Toppi
(Da: Il Rosario e la Nuova Pompei – Anno 107 – Luglio-Agosto 1991

"Ottobre 1991" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza il Signor Cardinale Virgilio Noè

Le Feste Pompeiane di Ottobre
"Effondiamo gli affetti del nostro cuore alla gloriosa Regina del Rosario" (Bartolo Longo)
Come Lei disponiamoci ad ascoltare la Parola del Signore e a viverla con entusiasmo nella vita di ogni giorno.

Programma
Venerdì 4 ottobre:
Ore 18.00 Discesa del Quadro e S. Rosario
Ore 19.00 Processione cittadina in onore del Beato Bartolo Longo
Sabato 5 ottobre:  
Festa del Beato Bartolo Longo
Ore 20.00 Inizio della Veglia Mariana. Recita del S. Rosario guidata dal Santo Padre in diretta dalla Radio Vaticana.
Ore 24.00 Santa Messa presieduta dall’Arcivescovo di Pompei.
Domenica 6 ottobre:
Ore 11.00 Santa Messa
Ore 12.00 Solenne recita della Supplica. Presiede Sua Eminenza il Signor Cardinale Virgilio Noè
N.B. La celebrazione sarà trasmessa da Canale 21.
Lunedì 7 ottobre:
Solennità liturgica della B.V. Maria del Rosario
Ore 19.15 Concerto d’organo del Maestro Franco Di Lernia

Il grande giorno della Supplica di ottobre 1991

Dal 2 al 4 ottobre Pompei ha vissuto sette giorni di fede, di preghiera e di cultura religiosa, di testimonianza alla marianità del Santuario ed alla memoria del suo Fondatore Beato Bartolo Longo. Il calendario delle iniziative era legato alle "due grandi date", che si rincorrono a Pompei all’inizio del mese di ottobre: la festa del Beato, che cade il giorno 5 e la Supplica alla B. Vergine del Rosario nella prima domenica del mese. Quest’anno, poi, si aggiungevano il centesimo anniversario della consacrazione della Basilica e il novantesimo della facciata dedicata alla Pace. Esplicito e stimolante lo stesso avviso sacro, con il quale il Prelato, Arcivescovo Francesco Saverio Toppi, ha invitato la cittadinanza ed i fedeli del Rosario all’appuntamento: "La presenza della Madre divina del Santo Rosario e del Fondatore di questa città, ci interpella fortemente. Auguro a tutti la gioia di un generoso "sì" alla voce che ci invita". E la voce, come vedremo, rivolta "ai carissimi pompeiani e pellegrini" è stata accolta, con un consenso fervido, corale, generoso, come nell’auspicio.
Le due ricorrenze, infatti, sono state annunciate con un triduo di preghiera dal 2 al 4 ottobre. Il 3 ottobre, poi, nella sala consiliare del Comune, il prof. Domenico Rinaldi, l’avvocato Francesco Sicignano, il vice Sindaco di Pompei e lo stesso arcivescovo Toppi, hanno trattato il tema "Discorriamo sul fondatore di Pompei, avv. B. Longo". Significativa, ci è sembrata, la scelta della sede della conferenza: non dimentichiamo, infatti, che il palazzo municipale apparteneva alla Contessa De Fusco, consorte e collaboratrice di don Bartolo.
Il 4 ottobre, alle ore 18, il Quadro della Vergine del Rosario è disceso dalla sua sede abituale,
sopra l’altare maggiore. Alle ore 19 si è mossa la processione solenne con la statua del Beato Bartolo Longo, lungo la Via Sacra, con sosta nel cortile dell’Istituto Bartolo Longo: una sosta significativa. "Caro Don Bartolo – ha detto un alunno nel suo intervento – noi siamo ad accoglierti, a testimoniare in nome di coloro che ci hanno qui preceduto e che tu avvicinavi quotidianamente in questo stesso luogo, cercando di lenire con la tua parola e con le tue battute scherzose la loro tristezza di orfani". Anche l’Arcivescovo Toppi ha preso la parola, facendo un caloroso e veemente parallelo fra S. Francesco d’Assisi e B. Longo, ambedue accomunati sul tema della fiducia, da accordare a tutte le creature in nome del Signore, che le ha create, dando loro pari dignità.
Il 5 ottobre è stata celebrata la festa del Fondatore: gli alunni di tutte le scuole cittadine hanno assistito alla liturgia eucaristica, offrendo poi al monumento del Beato il loro omaggio floreale, mentre la Banda dell’Istituto B. Longo. Dopo aver suonato l’inno nazionale e quello pontificio, ha voluto, con una fantasia musicale, ripetere idealmente la serenata a B. Longo, come avveniva nelle feste, quando egli abitava nel villino di Via Colle S. Bartolomeo.
Giungiamo così alla domenica, giorno della Supplica, vissuto nel continuo affluire di pellegrinaggi organizzati; ed ancora assistiamo allo spettacolo di una città intera, che si mobilita per accogliere i pellegrini, provenienti da ogni parte della penisola ed anche dalla Sicilia e con essi partecipa alla Supplica; preghiera che nel tempo continua ad esercitare un’attrazione spirituale straordinaria, eccezionale. L’atmosfera nella Piazza e nelle strade, movimentata fin dalle
primissime ore del mattino, si fa progressivamente più silenziosa ed attenta durante la celebrazione eucaristica, presieduta dal Cardinale Virgilio Noè, assistito dal Prelato Arcivescovo di Pompei Francesco Saverio Toppi e dall’emerito Arcivescovo Mons. Domenico Vacchiano, presenti autorità civili e religiose ed i Cavalieri e le Dame del S. Sepolcro. Nel raccoglimento tutti i fedeli diventano testimoni, pregano per unirsi al Padre; dall’omelia del Cardinale apprenderanno meglio il significato della presenza della Madre divina nel progetto ecclesiale e l’universalità assunta dal Rosario nella storia dei popoli, nel cuore di ogni cristiano. L’omelia può essere definita come un avvincente, profondo omaggio alla madonna, nel complesso itinerario da lei percorso, che riconosce Beata, Regina delle Vittorie, Trono di clemenza e Madre di misericordia. Questa visione del ruolo mariano si arricchisce a Pompei di "una umile corona di cinquanta grani, legati insieme da un filo di ferro, che si appunta in un Crocifisso: si tratta del Rosario, chi lo recita deve ripetere per cinquanta volte l’Ave Maria". Questo ripetuto saluto alla Vergine assume un significato particolare, compendia aspetti diversi dell’umano sentire il colloquio con Dio attraverso la Madre: mentre mi ripeto, infatti, rifletto, prendo coscienza dei miei limiti e dei miei errori, delle mie possibilità, chiedo protezione per il presente, per il futuro ed oltre. E lo stesso accade quando ascolto e ripeto coralmente la Supplica alla vergine del Rosario: quelle invocazioni riassumono le esigenze umane di sempre, ti coinvolgono interamente, si rivolgono alla umanità intera, sono attuali in ogni loro accento.

(Autore: Luigi Leone)
Prima foto: In Piazza per la Supplica di Ottobre 1991

Seconda foto: Pompei. La folla dei devoti della Madonna gremisce la piazza antistante il Santuario alla Supplica di Ottobre
Terza foto: Il Card. Virgilio Noè ha presieduto la solenne eucarestia e la recita della Supplica. Alla sua destra l’Arcivescovo di Pompei, Mons. Toppi e alla sinistra, Mons. Domenico Vacchiano, Arcivescovo emerito di Pompei.
La Memoria di un amore

L’incontro con la Madonna di Pompei nei ricordi giovanili del Card. Noè

Penso a "quando" e a "come" la Madonna di Pompei è entrata nella mia vita! Mi ritrovo chierichetto, di sette-dieci anni, nella mia parrocchia di Zelata, in diocesi di Pavia. Mi rivedo vicino al mio parroco e lo ascolto mentre esorta i miei comparrocchiani a partecipare alla pratica dei quindici sabati in onore della Madonna di Pompei.
Il Quadro della Regina del Rosario veniva, per l’occasione, posto in evidenza di onore con fiori e
ceri: e la preghiera del Rosario trovava la sua celebrazione da parte di devoti, che non avrebbero voluto perdere un solo sabato, per nessun motivo.
Mi ritrovo seminarista a dieci anni nel mio seminario di Pavia. Fra i superiori, c’era un sacerdote, Mons. Luigi Sacchi, che mi faceva impressione per la veste con pellegrina che portava, per il modo con cui parlava, semplice e incantevole, per le lagrime con cui accompagnava le sue parole, e per il titolo misterioso allora per me: era il direttore spirituale! Spesso si abbandonava a ricordi personali, interessanti per un ragazzo, che si apriva per le prime volte alla conoscenza di cose assai belle!
Fu dal direttore spirituale del mio seminario che sentii raccontare, per la prima volta, lungamente, la storia della Madonna di Pompei.
Il sacerdote parlava e piangeva quando narrava della entrata del quadro della Madonna, portato da Napoli a Pompei, su un carro di letame.
Parlava e piangeva quando riferiva sull’opera svolta laggiù dall’avvocato Bartolo Longo, il costruttore della Pompei nuova, al cuore della quale era il Santuario.
Più tardi avrei saputo che Mons. Sacchi era stato confessore e amico di Bartolo Longo e del professore Giuseppe Moscati, oggi ambedue riconosciuti come santi dalla Chiesa.
E fu allora un altro sacerdote professore del mio seminario, Monsignor Faustino Gianoni, che ci narrava di una sua visita al commendatore Bartolo Longo, avvenuta negli ultimi giorni di settembre del 1926, grazie alla buona intercessione di Mons. Luigi Sacchi, che allora si trovava a Pompei, con incarichi vari. Fu Mons. Sacchi a presentare il sacerdote pavese a Bartolo Longo: questi sedeva a letto, sostenuto da una montagna di cuscini.
Poche parole di ammirazione da parte del visitatore e un dono, in risposta concreta e silenziosa, da parte di Bartolo Longo.
Questi, allungato il braccio verso il tavolino a fianco del letto, ne prese una corona, la diede al sacerdote pavese, che non poté fare a meno, così lui raccontava, di baciargli la mano, con reverenza, come lo si faceva al Papa.
Questi ricordi mi sono affiorati dal fondo della memoria, nei giorni passati, quando il Santo Padre Giovanni Paolo II mi affidò l’incarico di Presidente della Commissione Cardinalizia di alcuni santuari pontifici, fra i quali quello di Pompei! Ho pensato: vicino alla Madonna di Pompei ci sono stati già altri pavesi! Fra di essi non si può dimenticare il patriarca Mons. Anastasio Rossi: il suo nome è legato al rinnovato Santuario della Regina del Rosario, ed egli dorme il suo ultimo sonno nella cripta del santuario stesso.
(Autore: Virgilio Card. Noè)
Foto: Monsignor Noè al tempo del pellegrinaggio del Papa a Pompei (1979) come maestro delle Cerimonie Pontificie.


"Maggio 1992" L'Ora del Mondo

Presiede l’Arcivescovo di Napoli, Card. Michele Giordano
Una Supplica che rientra nel consueto appuntamento dell’8 maggio, a ricordo della posa della prima pietra del Santuario; ma anche e soprattutto una Supplica straordinaria, eccezionale, coraggiosa nella omelia dell’Arcivescovo di Napoli, Card. Michele Giordano, il quale nel celebrare un meraviglioso inno alla Madonna ed alla sua missione, ha trasformato poi il momento della preghiera in accorato, severo richiamo a quella "ora difficile della storia" che stiamo vivendo, ora nella quale si evidenzia maggiormente la necessità di confidare nella Madonna e di operare "scelte coerenti con la fede che professiamo in cuore".
Al venerdì 8 maggio, Pompei è giunta con fervore dei preparativi della vigilia: il programma aveva scandito le sue tappe affrontandole nei minimi particolari, da quelli logistici a quelli più propriamente liturgici e comunitari. Fra quelli logistici figura anche la distribuzione di una specie di vademecum per i fedeli, per i pellegrini, per la folla: ricordare che la Chiesa è casa di Dio, non occupare le sedie, non prestare ascolto ad eventuali voci allarmistiche, utilizzare le parti laterali per l’uscita, quelle centrali per l’entrata, custodire le proprie cose con attenzione ed altre raccomandazioni.
Il giorno 6 la discesa del Quadro della Madonna: è questa l’occasione in cui ai fedeli sembra di potersi esprimere in forma più immediata, diciamo, a vista, quando possono soffermarsi più agevolmente e trarre dal colloquio che si apre in quel momento di incontro una fiducia più consistente. È come osservare l’immagine di una persona cara, tenendo la cornice che la espone fra le nostra mani.
I fedeli sentano che l’ascolto spirituale trae vantaggio dalla vicinanza stessa della raffigurazione e giungono numerosi, ininterrottamente a genuflettersi, a pregare, lasciano persino i loro messaggi scritti.
Giovedì alle 19, ha inizio la Veglia: la Basilica si affolla ed al suo interno agli spazi si sostituisce un tappeto di sedie, che accomuna gli uni vicino agli altri, giovani e meno giovani, uomini e donne di ogni ceto sociale. Qui la maggioranza delle persone rimangono ascoltando la Messa di mezzanotte, attendendo l’alba, dividendo il tempo nella preghiera, nell’ascolto dei canti liturgici. Siamo dinanzi all’aspetto corale dell’incontro con la Madonna, che diverrà sempre più ampio e
consistente con l’avanzare delle ore. I pellegrini sono giunti anche a piedi, seguendo un’usanza che spesso è legata all’esigenza del sacrificio, che vede nello stesso impegno fisico un modo per manifestare l’amore, o per avere maggiori possibilità di essere esauditi, o che dà al percorso a piedi un significato penitenziale, per divenire meritevoli del perdono, della riconciliazione. Ha officiato la Messa di mezzanotte il Prelato Francesco Saverio Toppi e con lui era la grande famiglia del clero, delle opere sociali.
Alle ore 10.30 del mattino i mezzi audiovisivi (Radio Maria e Canale 21) aprono i contatti con la piazza Bartolo Longo; lo speaker segue momento per momento il susseguirsi della celebrazione eucaristica, inquadrando lo spettacolo di 35 mila persone che si uniscono in contemporanea e che condividono gesti, parole, suoni, voci, colori, immagini, che possono puntare lo sguardo sull’effige della Vergine, sul volto di B. Longo, nel monumento a lui innalzato dai pompeiani, 30 anni orsono.
A presiedere la celebrazione eucaristica è stato chiamato l’Arcivescovo di Napoli, Card. Michele Giordano, e con lui hanno concelebrato il Prelato Mons. Francesco emerito Saverio Toppi e l’Arcivescovo Mons. Domenico Vacchiano.
I momenti liturgici sono stati intercalati dai canti eseguiti dal "Coro pompeiano", dalle novizie, dagli stessi giovani delle opere sociali, che sorgono intorno al Santuario. Sono giovani che appartengono a quella fascia di gioventù colpita e diseredata dagli affetti familiari primari, alla quale B. Longo ha lasciato l’eredità concreta degli Istituti di educazione e di formazione ed ha affidato, come testamento spirituale, la costanza della recita del S. Rosario: un connubio singolare che vede la preghiera trasformarsi in solidarietà e la solidarietà ritrovarsi nella preghiera.
La nostra carrellata giunge così all’omelia e possiamo confermare, come abbiamo detto in apertura, che si è trattato di un momento molto intenso, contrassegnato da una profondità ecclesiale e sociale di particolare rilevanza, che la gente ha avvertito nell’intimità del momento individuale, ma che ha lasciato il suo segno per ulteriori riflessioni e confronti.
"La Madonna di Pompei, da questa Valle appare a chi arriva a chi parte come un segno luminoso di protezione e di speranza, come uno stimolo a ben vivere e a ben operare nella fede in Dio; nella giustizia verso i fratelli, nella libertà del popolo e delle sue civili istituzioni".
Con queste precise indicazioni, il Cardinale Giordano ha già segnato la traiettoria del suo intervento: "Maria come luce che sostiene l’uomo verso Dio, Maria come stimolo perché l’uomo viva ed operi tenendo conto della fede, del rispetto reciproco, della libertà del popolo e delle sue produzioni sociali". Siamo dinanzi ad un disegno che nella fase conclusiva dell’omelia evidenzia l’impegnativo intento del discorso stesso.
Maria accetta, si dichiara "Serva del Signore" e vive il suo servizio nell’annullamento dell’amore, non nella soggezione. Nella sua scelta si compendierà il dolore, la sofferenza, ma anche la gioia
della mediazione e del sostegno del prossimo.
Il suo itinerario si connota al magnificare il Signore, nell’agevolare la salvezza, nel realizzare la fine delle ingiustizie, nelle prepotenze, delle oppressioni.
"È un compito qualificante", dirà il Cardinale, e lo diventa ancora di più se lo si colloca là dove i figli chiedono, là dove i figli soffrono, o dove i figli sbagliano. "A me pare che andiamo verso giorni esigenti… e la nostra è certamente un’ora difficile della storia…". Di qui le sollecitazioni dell’omelia: "i contemporanei vivono nello scetticismo, nell’orgoglio, nell’avidità, nel disamore, si lasciano inquinare dalla sete del denaro, di godimento; coloro che ne sono investiti, non sempre amministrano speditamente e rigorosamente la giustizia; la gente comune è presa dallo sconcerto, dalla irritazione, dallo sconforto; lo Stato appare impotente, nonostante l’impegno delle forze dell’Ordine e della Magistratura; l’organizzazione criminale prevale e diventa sempre più spavalda. Sono i mali di questa nostra "ora difficile", sono quei mali che nelle parole della Supplica possono connotarsi "negli affanni e nei travagli che amareggiano la nostra vita", "nei pericoli nell’anima e nel corpo", "nelle calamità e nelle afflizioni che ci costringono".
Da uno stato di fatto così amaro e così tragico il ricorso a Maria "come modello di ogni giustizia" diventa indifferibile, necessario perché in questa nostra storia sociale si apra un tempo nuovo, che come quello inaugurato dal Magnificat, risolva il dolore, la fame, le guerre, le ingiustizie.
(Autore: Luigi Leone)
Prima e Seconda foto: La solenne celebrazione eucaristica, che ha preceduto la recita della Supplica, è stata presieduta dal Cardinale di Napoli Michele Giordano. Con lui hanno concelebrato Mons. Domenico Vacchiano, Vescovo emerito di Pompei, e il nostro attuale Arcivescovo Mons. Francesco Saverio Toppi.
Terza foto: La recita della Supplica ha visto, come è ormai tradizione, la partecipazione di migliaia di devoti. Moltissimi l’hanno seguita attraverso Canale 21 e, per la prima volta, su scala nazionale, da "Radio Maria".


"Ottobre 1992" L'Ora del Mondo
Due Santi della Carità

Quest’anno la "Supplica" di ottobre coincide con la festa liturgica del patrono d’Italia San Francesco d’Assisi.
Coincise anche nel 1891, l’anno in cui era stata avviata la straordinaria e originale opera sociale per i figli dei carcerati e si preparava in Basilica l’altare di San Francesco insieme a quello di San Domenico.
Sarà quanto mai edificante e piacevole rileggere una pagina bellissima, scritta dal Beato Bartolo Longo per tale occasione. "Per il giorno 4 del mese di Ottobre prossimo tutto il popolo cristiano
festeggerà la Madre di Dio sotto il titolo più augusto di Regina delle Vittorie e sotto il simbolo più caro di Regina del SS. Rosario.
Ma codesta data del 4 Ottobre è pur cara e solenne ad un’altra gran parte del popolo eletto, alla immensa famiglia Francescana sparsa nel mondo, che in quel medesimo giorno festeggia il gran Padre dei Frati Minori, il Serafico di Carità, il quale ha acceso il mondo del fuoco di Gesù Cristo, il Poverello di Assisi, che domina i cuori dell’universo e li ha aggiogati a sé, a cominciare dal Pontefice Leone e dalle più venerande potestà, alle cime degli ingegni più alti, e discendere a tutte le gradazioni sociali.
La solennità della Regina delle Vittorie adunque e l’anniversario del transito di S. Francesco d’Assisi s’incontrano quest’anno nel medesimo giorno, e raccolgono insieme la venerazione e l’affetto di quante anime sono devote del Rosario e riconoscono nel Poverello d’Assisi l’immagine più somigliante di Gesù Crocifisso.
Questo riscontro si è rivelato alla nostra fantasia come principio fecondo di una novella propaganda religiosa e civile incentrata in questo Santuario.
Nella data che unisce le due feste, istituite per celebrare le vittorie della Chiesa durante la sua faticosa traversata dei secoli, noi abbiamo intuito la luce di una nuova gloria per la Chiesa di Pompei, il mezzo di altre meraviglie soprannaturali, un cominciamento ai nuovi soccorsi alla Fede e alla carità cristiana, un sublime ampliamento dell’azione religiosa di questo Santuario sui popoli.
E nel religioso commovimento del nostro spirito, rapiti alla sovrana bellezza della nuova idea, abbiamo salutato con profonda gioia il novello campo aperto alla nostra attività.
Fratelli e Sorelle sparsi per tutto l’orbe, nel Maggio del prossimo anno 1892 noi glorificheremo S. Francesco d’Assisi nel Santuario di Pompei.
Innalzeremo al Santo della Povertà e della Carità un Altare in questo Santuario della regina delle Vittorie.
Il suo posto è già ordinato: sarà di riscontro all’altare del Cuore di Gesù; significante che il gran Poverello di Assisi è la prima emanazione della vita del Cuore di Gesù in mezzo ai popoli dell’universo" (Il Rosario e la Nuova Pompei, VIII, 1891, pp. 417-418).
Era nel settembre 1891 quando scriveva così il nostro Beato. Gli era profondamente congeniale l’abbinamento dell’opera per i figli dei carcerati con l’erezione dell’altare di san Francesco come messaggio d’amore, inizio di un apostolato sociale che partiva dal Santuario della Madonna del Rosario per il mondo intero.
Bartolo Longo additava in Francesco d’Assisi la figura emblematica della Carità, della fratellanza universale e della pace.
Quanto si proponeva con le Opere caritative, era un ideale che gli veniva ispirato in modo particolare dalla spiritualità francescana.
Questa si armonizzava in lui a meraviglia con la spiritualità domenicana in una sintesi perfetta e operosa.
Basta leggere a tal proposito le pagine che seguono a quella riportata sopra e che tratteggiano l’itinerario spirituale e sociale da lui scelto e percorso (Il Rosario e La Nuova Pompei, VIII, 1891, pp. 418-425). B. Longo aveva avuto la grazia di assorbire lo spirito di San Francesco da un suo figlio autentico, meraviglioso: il Venerabile Padre Ludovico da Casoria, che chiamava suo maestro.
Uno studio approfondito di questo rapporto porterà a scoprire e a collocare nel giusto contesto storico-ambientale aspetti inediti e scelte originali del nostro Fondatore; porterà soprattutto ad evidenziare – e contribuirà ad attualizzare – il carisma supremo della Carità, che egli amò contemplare emblematizzato nel Poverello Serafico e che seppe esprimere nel suo atteggiamento di fondo e nelle Opere sociali.
S. Francesco d’Assisi e il Beato Bartolo Longo, tanto simili nello spirito ed ora avvicinati anche dalle loro feste liturgiche, ci richiamano con la forza travolgente della loro carità a contribuire tutti per realizzare al più presto, e dovunque siamo, "la Civiltà dell’Amore".

Nel nome della carità e della fratellanza universale
La Supplica di ottobre ricordando S. Francesco e il Beato Bartolo Longo

"Il Rosario e la Nuova Pompei" è dono del Beato Bartolo Longo ai devoti della Madonna del Rosario di Pompei, agli amici e sostenitori delle sue Opere.
Questa è la scritta in copertina: i destinatari rimangono idealmente gli stessi per i quali l’Avv.
Bartolo Longo, propagatore del Rosario, diede vita a questo periodico, né mutate sono le finalità della pubblicazione rispetto al tempo. B. Longo, mentre diffonde il Rosario e crea una Chiesa, si affida anche all’informazione.
"Il Rosario e la Nuova Pompei", giunto, oggi, al suo 108° anno, aveva il compito preciso di raccontare la vita del Santuario e delle Opere nel loro procedere, nella loro esistenza quotidiana ordinaria e straordinaria, nelle ricorrenze, negli eventi, secondo una visione che riassumesse aspetti religiosi, civili, culturali: una via divenuta sempre più intensa, una vita "del Santuario e delle Opere" che si ripete rinnovandosi e che si rinnova ripetendosi, attraverso una passerella di fatti costanti e di avvenimenti contingenti.
Il momento della recita della Supplica della prima domenica di ottobre è, come quello dell’8 maggio, uno di quei momenti per molti aspetti noto e scontato; eppure ogni anno c’è in queste ricorrenze una ricchezza nuova, un attributo da aggiungere, una considerazione in più da fare perché la vita del Santuario, pur avendo le sue regole, è la vita degli uomini, è trasformazione delle cose, è vita della carità nelle sue diverse forme, è vita delle sofferenze interne ed esterne, delle difficoltà e delle conquiste; della gioventù che si trasforma, è vita della stessa Chiesa che si riesamina, che si confronta ad ogni Natale, ad ogni Pasqua, ad ogni passaggio epocale. Lo stesso accade per la vita del Santuario: la Supplica della prima domenica di ottobre di quest’anno rappresenta un esempio, perché essa ha coinciso con la festa liturgica del Patrono d’Italia, San Francesco d’Assisi: una coincidenza che si verificò nel 1891.
"Nella data che unisce le due feste… - scriveva Bartolo Longo – noi abbiamo intuito la luce di una nuova gloria per la Chiesa di Pompei, il mezzo di altre meraviglie soprannaturali, il cominciamento di nuovi soccorsi alla Fede e alla Carità cristiana, un sublime ampliamento dell’azione religiosa di questo Santuario sui popoli". Quella intuizione può dirsi certo realizzata a un secolo di distanza.
Il Fondatore della Nuova Pompei intendeva richiamarsi all’Opera dei figli dei carcerati e all’altare di S. Francesco, espressioni significative ed esaltanti della carità, intesa come S. Paolo la spiega nelle sue Lettere: carità come amore, amore-servizio, amore-ascolto, amore-disponibilità, come perdono, come sacrificio di sé, come momento di attesa e di rinuncia.
È questo il messaggio implicito ed esplicito della Supplica, dove si celebra l’amore della Madre verso il Figlio e la sua azione mediatrice fra l’uomo ed il Cristo figlio del Padre.
Per la famiglia pompeiana e per i rosarianti, che hanno recitato la Supplica si è trattato di riflettere sul duplice aspetto della carità; quello dell’ascesi del Cantico delle Creature rivolto
all’intera creazione e quello dello spirito di carità longhiana che, protendendo le braccia verso gli esseri più emarginati, offre loro la possibilità di esistere, di credere, di operare.
Nel ripetere all’unisono i passi della Supplica i pellegrini, che come sempre sono accorsi a migliaia fin dalla vigilia per la veglia di mezzanotte, hanno vissuto un’atmosfera di religiosità molto intensa sollecitata dalle riflessioni che lo stesso Arcivescovo-Prelato ha puntualizzato nell’omelia. Il passo del vangelo era quello dell’Annunciazione del Signore: "Siamo alla sintesi degli aspetti costitutivi, più esaltanti della figura di Maria, immersa nel Mistero di Cristo e della Chiesa e, quindi, della Vita Trinitaria, come ha scelto di presentarla il Concilio, Maria è Colei che è nella Trinità Divina: è la Figlia e l’Ancella del Padre, è la Madre del Figlio, è la Sposa dello Spirito Santo".
Il Prelato, nella sua puntuale ed ardente carrellata di questa privilegiata sintesi mariana, ha coniugato la vita e le opere dei due interpreti di turno: San Francesco e Bartolo Longo nel loro rapporto con Maria.
Ambedue, nonostante i secoli che li dividono cantano con comuni intenti lo spirito della marianità: ad essi non sfugge come l’umanità possa identificarsi nella esistenza, nell’amore e nelle sofferenze di Maria Madre, e possa poi attingere dal suo esempio i mezzi per vedere nel Cristo la luce che redime e che riscatta, che ci conduce a conoscere le verità. "Vieni, Vergine Maria, Sposa dello Spirito Santo, affrettati, corri a visitarci, portaci lo Spirito di verità"; "Vieni, affrettati, corri a visitarci, portaci l’amore, portaci la pace. Questo tuo Santuario di Pompei, Madonna del Rosario, è un voto perenne alla Pace…, un voto espresso e realizzato da tutte le categorie sociali, da tutti i popoli. Fu il genio e il carisma del tuo apostolo meraviglioso, il beato B. Longo, a idearlo, a volerlo. In questo giorno della "Supplica", festivo di san Francesco d’Assisi, araldo della fraternità universale, alla vigilia della festa del Beato B. Longo, eccoci qua; Mamma, noi tutti figli tuoi ti preghiamo, ti supplichiamo…".
Le parole del vescovo francescano sono accese, pronunciate con accento ispirato, che si libra nella Piazza al di sopra dei presenti: la voce è vibrante, ferma, sembra quasi impossibile che essa possa giungere con tanta costante fermezza di toni. La voce ed i termini usati sembrano vedere i pericoli del momento presente. Le invocazioni sono sconvolgenti: quel "vieni", quell’ "affrettati", quel "corri a visitarci" rivolti alla Vergine sembrano scaturire da una visione che va al di là della realtà: la gente ha pianto, ha avvertito un fluido di commozione, mista ad ansia.
L’omelia, ci ha detto il prof. Michele Manzi che era lì tra gli altri, è stata molto seguita: le persone hanno espresso una partecipazione sofferta, nel tremore dei lineamenti, nell’espressione dei volti, nelle tentazioni spesso avvertite e frenate di applaudire. La gente sta
soffrendo tutti i malesseri di questo secolo che si conclude, si accorge del proprio limite, cerca nella religiosità e nella aggregazione un punto di riferimento e di sostegno. In un momento di profonde contraddizioni e di violenza, di incertezze divenute pressanti, l’invito lanciato dal Santuario di Pompei di realizzare "al più presto e dovunque siamo la Civiltà dell’Amore", l’invito ad essere "operatori di pace perché siamo figli di Dio": perché lo Spirito d’Amore, lo Spirito di Unità e di Pace "rinnovi la faccia della terra".
In quest’ottica è stata proposta la Supplica. Con questi sentimenti il Quadro della Vergine doveva essere avvicinato, con una intensità che è antica, che può essere consueta, ma che deve essere nuova nelle richieste e nuova nelle risposte: non chiedere per sé soltanto, ma chiedere per tutti, non fermarsi al proprio spazio territoriale, ma raggiungere altri confini nel mondo, con spirito di fratellanza francescana e longhiana.
Prima foto: Nonostante le non favorevoli condizioni metereologiche, l’affluenza dei pellegrini è stata, come sempre, notevole e composta.
Seconda foto: La Piazza del Santuario durante la celebrazione eucaristica che precede la recita della Supplica.
Terza foto: Il Fondatore del Santuario di Pompei definì la Supplica "l’Ora del mondo", indicandone così la forte dimensione comunitaria. Anche oggi, in sintonia con i pellegrini di Pompei, i devoti sparsi in tutto il mondo recitano privatamente o in gruppo la preghiera scritta dal Beato Bartolo Longo.

Con Maria per costruire la civiltà dell’Amore
L’Omelia dell’Arcivescovo di Pompei alla Supplica di Ottobre

Abbiamo ascoltato il vangelo dell’Annunciazione del Signore. Rileviamone i punti centrali. Maria ha trovato grazia presso Dio. È la figlia prediletta del Padre, la Piena di Grazia. Maria è la Madre del Figlio di Dio. Maria è la Sposa dello Spirito Santo che si posa su di lei.
È questa soprattutto la visione privilegiata che ebbero e diffusero di Maria san Francesco d’Assisi e il beato Bartolo Longo. Comincia san Francesco, primo nella storia della spiritualità, a cantare Maria così: "Santa Maria Vergine, non è venuta al mondo donna alcuna simile a te: Figlia e ancella dell’altissimo Re, il Padre celeste, Madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo, Sposa dello Spirito Santo…" (Fonti Francescane, 281). Echeggia in tutti i suoi scritti con una insistenza significativa il beato Bartolo Longo riassumendo una teologia consolidata nei secoli col proclamare Maria "Figlia del Padre, Madre del Figlio, Sposa dello Spirito Santo".
È la proclamazione solenne della nostra fede nella Realtà Fontale, Omnicomprensiva dell’universo: la Santissima Trinità! È l’espressione umanizzata, messa a portata di tutti, anche i più semplici, del Mistero eccelso di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.
È la visione stupenda della elevazione dell’uomo all’altezza stessa di Dio, alla comunione vitale con le Tre Persone Divine.
Maria, Figlia e ancella del Padre, Madre del Figlio, Sposa dello Spirito Santo, è Figura della Chiesa che siamo noi. Ce lo ha insegnato ripetutamente il Concilio Vaticano II. Ciò che è Maria, noi dobbiamo diventare, Maria è l’ideale che noi dobbiamo realizzare (cfr Sacrosanctum Concilium 103). Maria ci addita il giusto rapporto col Padre.
Come Lei, dobbiamo accogliere e riconoscere l’iniziativa gratuita della Grazia, dobbiamo sentire e irradiare nel mondo la tenerezza ineffabile del Padre celeste. Maria è Madre perché il Padre l’ha resa tale; la Maternità di Maria è solo una scintilla dell’incendio d’amore che è nel cuore di Dio, Padre e Madre più di qualsiasi creatura, immensamente, infinitamente di più che ogni padre e madre sulla terra. Maria vuole soprattutto, innanzitutto che noi crediamo nell’amore di Dio, che noi siamo sicuri che Dio ci ama, che Dio ha cura di noi, che "il Padre ha contato perfino i capelli del nostro capo" (cfr Mt 10,30); Maria ci mostra la prova suprema dell’amore di Babbo: il Figlio suo fatto uomo, morto su una Croce, rimasto nell’eucarestia per noi!
Le grazie che la Madonna ottiene e largisce dai suoi Santuari, da questo Santuario di Pompei gridano al mondo intero che Dio è Amore, Dio è Amore. Vogliamo gridarlo oggi con san Francesco
d’Assisi, col Beato Bartolo Longo nella felice coincidenza della festa di san Francesco con la "Supplica" alla Madonna di Pompei. Giusto un secolo fa il nostro santo Fondatore, godendo di questa stessa coincidenza, esplodeva in un inno esuberante d’amore e di auspici fecondi per il Santuario, la Chiesa, per l’umanità intera.
Era l’anno in cui si dava inizio all’Opera Sociale per i figli dei carcerati e insieme si erigeva nella Basilica l’altare in onore di san Francesco d’Assisi. Scriveva così nel Periodico: "Nella data che unisce le due feste… noi abbiamo intuito la luce di una nuova gloria per la Chiesa di Pompei, il mezzo di altre meraviglie soprannaturali, il cominciamento di nuovi soccorsi alla fede e alla Carità cristiana, un sublime ampliamento all’azione religiosa di questo Santuario di popoli".
Si riferiva all’Opera per i figli dei carcerati e all’altare di san Francesco come a manifestazioni eloquenti dell’amore del Padre per i suoi figli più bisognosi ed emarginati.
Maria, ancella e figlia del Padre, pronta al servizio, incondizionatamente disponibile alla volontà, alla parola di Dio, diviene Madre del Verbo Incarnato, della Parola fatta carne nel suo grembo, Madre di Gesù. Ella ci porta a Gesù e ce lo addita presente in ogni creatura umana. Il Concilio afferma che "con l’Incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo qual modo ad ogni uomo ad ogni uomo" (Gaudium et Spes 22). Alla luce del Vangelo (cfr Mt 25, 31-46) il Beato Bartolo Longo, come già il Poverello Serafico, vede, accoglie, ama, aiuta con i fatti il Signore Gesù nel prossimo più bisognoso ed emarginato. Con fede indomita, coraggio eroico avvia un’opera geniale, pioneristica che redime e promuove centinaia e migliaia di ragazzi, vittime della società violenta.
Maria, Madre del Figlio, "modello di amore materno" (Lumen Gentium 65), c’insegni ad amare il Cristo nei fratelli, come fece il Beato Bartolo Longo, "in spirito di profezia", con apertura ai segno dei tempi.
Usciamo dal guscio meschino dell’egoismo, guardiamoci intorno e scorgiamo nel prossimo bisognoso il Signore che ci aspetta alla prova dei fatti. Un giorno ci giudicherà con questo criterio: se l’avremo aiutato saremo salvi, se l’avremo ignorato saremo dannati (cfr Mt 25, 31-46).
È nell’interesse vero ed eterno di noi tutti impegnarci fattivamente a costruire "la civiltà dell’amore".
Imploriamo lo Spirito Santo, quello Spirito che, come segnala il Concilio, "ringiovanisce la Chiesa con la forza del Vangelo" (LG 7). Intervenga lo Spirito che si posò su Maria, sulla Sposa, la rese feconda Madre di Dio e la inviò sollecita, in fretta addirittura, verso la regione montagnosa della Giudea per portare la presenza santificatrice di Gesù ad Elisabetta e al futuro Precursore.
Vieni, Vergine Maria, Figlia del Padre, affrettati, corri a visitarci. Portaci lo Spirito di Verità che ci conceda di penetrare nel senso più profondo della parola di Dio, ce ne dia l’intelligenza sapienziale e ci spinga a comunicarla ai fratelli sulle strade della "nuova evangelizzazione". Risplenda agli occhi degli uomini Gesù, luce del mondo, attraverso una catechesi accurata e costante. Che tutti, proprio tutti, com’è volontà salvifica universale di Dio, "giungano alla conoscenza della verità e siano salvi"! (1 Tim 2, 4).
Vieni, Vergine Maria, Madre del Figlio, affrettati, corri a visitarci. Portaci lo Spirito di Santità e scampaci da quella valanga di melma rovesciata dalla pornografia, dagli spettacoli più spudorati e dal libertinaggio oramai senza argine alcuno. Regina delle Vittorie, vieni e vinci l’antico avversario, il seduttore che inganna e rovina tanti giovani con prospettive fallaci e fatali. Suscita con la potenza dello Spirito una schiera di anime pure e forti, disponibili al servizio di Dio e dei fratelli nel mistero sacerdotale e nella vita religiosa.
Vieni, Vergine Maria, Sposa dello Spirito Santo, affrettati, corri a visitarci. Portaci lo Spirito d’Amore e scaccia lo spirito malvagio che lacera e strazia la convivenza sociale con l’odio, la vendetta, la sopraffazione, la violenza, la guerra. Questo tuo santuario di Pompei, Madonna del Rosario, con la sua facciata monumentale è un voto perenne alla Pace, un voto espresso e realizzato da tutte le categorie sociali, da tutti i popoli. Fu il genio e il carisma del tuo apostolo meraviglioso, il Beato Bartolo Longo, a idearlo, a volerlo. Eccoci qua.
Mamma, noi tutti tuoi figli, in questo giorno solennissimo della "Supplica", in questo giorno festivo di san Francesco d’Assisi, araldo della fraternità universale, alla vigilia della festa del Beato Bartolo Longo.
Ti preghiamo, ti supplichiamo di ottenerci ad ogni costo un’effusione sovrabbondante dello Spirito d’Amore, Spirito di Unità e di Pace, che "rinnovi la faccia della terra" (cfr Sal 103, 30). Maria Santissima, Madre della Chiesa, Madre dell’umanità, raccoglici, uniscici tutti nell’amore di Cristo, rendici promotori, "operatori di pace perché siamo figli di Dio" (Mt 5, 9), perché esprimiamo nella solidarietà fattiva la comunione della Vita Trinitaria, donataci nel santo Battesimo, Vergine Maria, Regina della Pace, ottienici la pace, la pace per la nostra terra, per l’Italia, per l’Europa, per il mondo intero, la pace dovunque "tranquillità dell’ordine, opera della giustizia" frutto dell’amore, ottienici, donaci Colui che è la nostra Pace, il nostro Signore Gesù Cristo!
(Autore: Francesco Saverio Toppi)


"Maggio 1993" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza S. E. il Sig. Cardinale Sanchez Josè T.
Il Programma della Supplica di Maggio

Sarà S. E. il Sig. Cardinale Sanchez Josè T., Prefetto della Congregazione per il Clero e membro della Commissione per i pontifici santuari di Pompei, Loreto e Bari, a celebrare l’Eucarestia e a recitare la Supplica di Bartolo Longo alla Madonna di Pompei il giorno 8 maggio 1993.
Saranno presenti la televisione con Canale 21 e la radio con "Radio Maria".
Il Quadro della Vergine Santissima scenderà dal suo trono ai piedi dell’altare alle ore 18.00 del giorno 6, come è ormai consuetudine, tanto attesa dai fedeli. Giorno 7, dalle ore 20.00 in poi, ci sarà la Veglia mariana e, alle 24.00 la celebrazione della S. Messa presieduta da Mons. Francesco Saverio Toppi.
Il mondo dei rosarianti si appresta ancora una volta all’appuntamento, avvertendo una maggiore urgenza di affidamento dinanzi ai problemi mondiali europei ed italiani dell’ora presente.

Una Supplica di Speranza

Il tradizionale impegno mariano dell’otto maggio a Pompei si carica degli affanni che gravano sul mondo in questa delicata ora storica per esprimere volontà di riscatto e di fiducia in un futuro migliore.
Nell’ottobre del 1883 il Beato Bartolo Longo dava alle stampe la prima edizione della Supplica. Da allora sono trascorsi 110 anni, e sebbene non siano mancati detrattori e critici, il fascino di questa preghiera sembra non accennare a diminuire.
M. Petrocchi ne parla indicandola come "la preghiera più famosa in tutto il mondo di un italiano di questi ultimi secoli" e per quello che riguarda la storia della spiritualità "un testo di pietà
popolare mariana da non sottovalutare per l’intensità di una umiltà ascetica" (Storia della spiritualità italiana, vol. III, Roma 1979, p. 129).
La Supplica, lo si nota immediatamente, si presenta come la preghiera non di un solo individuo ma come una preghiera comunitaria che coinvolge il mondo intero secondo un’esplicita intenzione dell’Autore: "Ad un’ora che io stabilisco, a mezzodì dell’otto maggio e della prima domenica d’ottobre, popoli di tutta la terra, interrompete le vostre cure, chiese tutte del mondo, sospendete i vostri riti; pregare, o chiese, pregate, o popoli, con gli echi della mia medesima voce. Sì, in ginocchio".
E poiché il cristiano da solo non può realizzare autenticamente la sua vocazione che è essenzialmente comunitaria, il Beato ben lontano da una pietà individualistica allarga in maniera ecclesialmente e socialmente universalistica l’orizzonte della sua preghiera non solo sulle persone e sulle famiglie, ma anche su l’Italia, sull’Europa e sul mondo intero.

Una preghiera di figli
Entrare nel clima della Supplica significa recuperare senza alcun indugio la propria realtà di figli.
Bartolo Longo è molto esplicito nell’indicare questa condizione come il fondamento della devozione mariana: "… o Regina gloriosa del Rosario, noi devoti figli tuoi, raccolti nel tuo tempio di Pompei, effondiamo gli affetti del nostro cuore e con confidenza di figli ti esprimiamo le nostre miserie". Perché poi la Vergine dovrebbe sottoporsi a questo ruolo di Madre premurosa e di confidente, è subito detto. Rivolto a Maria, il testo continua quasi con una solenne intimazione: "… ma tu ricordati che, sul Golgota, raccogliesti, col Sangue divino, il testamento del Redentore moribondo, che ti chiamava Madre nostra, Madre dei peccatori. Tu dunque, come Madre nostra, sei la nostra Avvocata, la nostra speranza".
Non è affatto mortificante ricordare che non si prega solo con la testa, ma con la testa ed il cuore e chi non ha cuore non può recitare non solo la Supplica ma neppure l’Ave Maria.
È tutto l’uomo che, nella sua variegata realtà intellettiva, psicologica, affettiva e votiva, si esprime nella preghiera e in essa cerca un’intimità di colloquio e di rapporto con Dio.
La Supplica è l’espressione filiale, tenera e calda, di un rapporto che è tra le indicazioni più preziose del Vangelo di Giovanni (19, 25-27), che indica Maria come la Madre di ogni discepolo del Signore Gesù.

Una Supplica per il mondo
Una delle sue connotazioni fondamentali è certamente il contesto storico, quello dell’hinc et nunc", che il devoto vive nella sua situazione personale, familiare e sociale.
Nella prima edizione della preghiera questo aspetto era più fortemente indicato almeno nei passaggi che indicavano l’apporto personale di Bartolo Longo, come promotore della devozione mariana, a sostegno del magistero pastorale di Leone XIII, e sostenitore e difensore dei diritti della Chiesa in un delicato e controverso periodo politico, sociale e religioso.
Nella seconda edizione, quella del 1887, sebbene queste caratterizzazioni storiche siano lasciate da parte, il contesto esistenziale di cui ogni devoto è carico, anche se in una forma più generalizzata, è fortemente presente sia nella sua connotazione personale che in quella universalistica: "Dal trono di clemenza di clemenza dove siedi Regina, volgi, o Maria, il tuo sguardo pietoso su di noi, sulle nostre famiglie, su l’Italia, su l’Europa, sul mondo. Ti prenda compassione degli affanni e dei travagli che amareggiano la nostra vita. Vedi, o Madre, quanti pericoli nell’anima e nel corpo, quante calamità ed afflizioni ci costringono".
A Lei, alla Mamma, non si nasconde nulla, non si può nascondere nulla. La fiducia in Lei, oltretutto, è sconfinata, senza alcun limite: "E noi confidiamo pienamente in te, ci abbandoniamo come deboli figli tra le braccia della più tenera fra le madri, e, oggi stesso, da te aspettiamo le sospirate grazie".
E non solo. A Lei si intima di intervenire: "Un’ultima grazia noi ora ti chiediamo, o Regina, che non puoi negarci, in questo giorno solennissimo. Concedi a tutti noi l’amore tuo costante e in modo speciale la materna benedizione. Non ci staccheremo da te finché non ci avrai benedetti…".
L’8 maggio dal Santuario di Pompei ancora una volta le voci si leveranno a migliaia, e milioni se ne aggiungeranno da ogni parte del mondo, per pregare la Madre di Dio.
Che cosa porterà con sé questo coro mondiale di oranti, oltre le vicende personali e familiari? Che cosa se non le ansie, le incertezze, le preoccupazioni e, perché no, le paure per quanto il mondo sta vivendo in questa sua, per tanti aspetti, drammatica ora.
Senza cedere a nessun catastrofismo, non si può negare, tuttavia, che la congiuntura politica, sociale, economica e morale italiana, europea e mondiale sia davvero delicata e complessa.

La storia, sembra, non aver insegnato niente o molto poco. Nuove guerre, nuovi razzismi e nuove intolleranze hanno oscurato l’alba della speranza appena sorta dopo l’abbattimento del muro di Berlino.
Lo scenario internazionale è in continua evoluzione e non sono pochi i problemi da affrontare, l’Europa stenta a trovare il giusto entusiasmo e i valori che devono guidare il suo cammino verso l’unità e in casa nostra, in Italia, le cose non stanno per niente bene.
La convivenza sociale, minata da ogni sorta di tangentopoli e di corruzione a tutti i livelli, sembra sfaldarsi ogni giorno in più. A tutti è apparso drammaticamente il vuoto di una politica senza morale. Sembra che tutto sia marcio e che non ci siano punti di riferimento affidabili.
Ed è proprio in quest’ora così difficile, invece, che occorre non smarrirsi, ridare slancio ed entusiasmo alle tante energie positive di uomini e donne di buona volontà che in tutto il mondo possono contribuire alla costruzione, non utopica, ma possibile di un mondo migliore.
La Supplica invita a non disperare anche nei momenti più difficili e critici e ad avere fiducia in Lei, ma non nel senso di un’attesa alienante e priva di responsabilità personali. Invita a rivolgere una preghiera filiale alla Vergine, nostra Madre, nostra Avvocata e nostra Speranza. A Lei si possono affidare le ansie, le attese e le speranze per un futuro migliore.

(Autore: Pasquale Mocerino)

*Un imponente coro di fiducia e di speranza
Nella storia del Santuario di Pompei, in questo primo secolo di vita, la recita della preghiera della Supplica si presenta puntualmente ed in forma ufficiale due volte: l’8 maggio e la prima domenica di ottobre.
Questi due raduni, che abbracciano oltre i confini territoriali, il mondo dei devoti del Santo Rosario, costituiscono due punti di riferimento essenziali, per comprendere il senso e la consistenza della marianità pompeiana, capace di coinvolgere nel suo video il percorso specifico della fede, della religiosità e quello più specificatamente riferito alla carità, come espressione e come esigenza umana.
Ed il cronista si ritrova con altrettanta puntualità ad assistere al miracolo della partecipazione, all’impegno ed al sacrificio che spesso questa presenza comporta ai pellegrini, allo spettacolo esteriore che la folla offre quando si ritrova insieme, nella unione delle intenzioni e dei bisogni.
L’appuntamento mariano dell’8 maggio non ha trasgredito la regola, semmai ha confermato con maggiore evidenza come la gente continui ad esprimere plasticamente i suoi bisogni e la sua fede in una manifestazione che, pur essendo per così dire "datata", si mostra perenne ed attuale.
E l’attualità e la perennità sta proprio nell’atmosfera che caratterizza ogni volta i tempi di partecipazione al momento della Supplica e la stessa recita.
Così abbiamo assistito al grande movimento della vigilia: dal momento in cui il Quadro della Vergine è disceso dalla sua sede, i fedeli non hanno smesso di farle "compagnia". Persone di ogni
età e di provenienza sociale diverse, donne ed uomini hanno manifestato il loro stato d’animo alla Madre, a Lei hanno confidato le loro esigenze. E questa continua e pressante marea di persone impressiona soprattutto perché le caratteristiche esteriori di questo nostro tempo, la tendenza a prendere quel che la vita offre in benessere e consumi, in beni concreti, sembrerebbe essere in contraddizione con queste manifestazioni di religiosità individuale e di gruppo. La recita della Supplica diventa da questa ottica un evento straordinario, catalizzatore di anime e di voci.
Chi è entrato nella Basilica si è trovato dinanzi ad una organizzazione speciale: per accogliere i pellegrini in tutti gli spazi sono state sistemate sedie bianche, tutte uguali, tutte ordinate perché la preghiera fosse espressa e le funzioni fossero eseguite senza il disagio dello stare in piedi.
Tanto più che le persone venute a piedi per la notte di veglia erano numerosissime: e anche in
questo caso i giovani e meno giovani, uomini e donne, giungevano quasi in fila, recitando il Rosario.
Fra questi gruppi organizzati per il vero "pellegrinaggio" – quello concepito come momento impegnativo anche sul piano della "fatica" che comporta e della manifestazione esplicita del proprio sentirsi cristiani - giunti a piedi, abbiamo incontrato quello proveniente da Santa Maria Capua Vetere. Tutti a Pompei, tutti da Maria, uniti nell’impegno del percorso, in cammino per raggiungere un approdo sicuro, dove è possibile non avvertire il clima di violenza, di inquietudine, di preoccupazioni che costringono la nostra vita quotidiana.
Forse per questo la mobilitazione non riguarda solo chi arriva, ma coinvolge anche chi riceve. Ci riferiamo agli organizzatori all’interno del Santuario, pensiamo a tutti i giovani della grande famiglia delle Opere che si mobilitano per il grande giorno della preghiera comunitaria, avvertendo anche l’importanza e l’orgoglio che ne deriva loro. In questa mobilitazione rientra il bell’esempio offerto dal Coro del Santuario diretto da Don Franco Di Fuccia.
E lo scenario non si circoscrive alla sola Piazza Santuario, perché tutte le strade si affollano, tutti gli spazi sono utili e dovunque è necessario prevedere ed effettuare un servizio d’ordine puntuale, dove non manca un presidio sanitario per ogni tipo di emergenza. Non bisogna
dimenticare che ci troviamo di fronte a migliaia di persone e che tutto può accadere.
Quest’anno la Supplica è stata recitata dal Cardinale José T. Sanchez, Prefetto della Sacra Congregazione per i Pontifici Santuari di Pompei, Loreto e Bari. Alle ore 11.00 quando sono apparsi gli officianti sul palco preparato per la Concelebrazione, la piazza ha taciuto, ascoltando per primo Mons. Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo di Pompei che ha presentato a tutti il Cardinale: "Viene dalle Filippine – egli ha detto – dove ha vissuto la sua attività pastorale con ricchezza di mezzi spirituali e profondo senso di responsabilità. Ma è soprattutto un devoto appassionato della Madonna del Rosario, me lo ha confermato lui stesso, confidandomi che dal primo giorno della sua ordinazione sacerdotale si è impegnato a recitare le quindici poste del Rosario quotidianamente".
E la piazza ha recepito il messaggio partecipando alla Concelebrazione nella devozione piena,
riascoltando la voce del Prelato Mons. Domenico Vacchiano, seguendo con attenzione il testo dell’omelia che riportiamo a parte, trasformando, infine, nel ripetere le parole della Supplica il suono di tante voci in un coro do fede a Maria, a Cristo, alla sua Chiesa: un coro di fiducia e di speranza, di protezione dinanzi ai mali che "ne travagliano la vita".
Per coloro che non erano nella Piazza, la Supplica è stata teletrasmessa da Canale 21.
Nel commento, Mons. Pietro Caggiano, Amministratore del Santuario, ha sottolineato: "I pellegrini affluiscono ogni anno più numerosi, anche se i tempi sembrerebbero voler dire il contrario. E formano uno scenario religiosamente significativo".
Numerosa è stata la partecipazione dei cavalieri e delle Dame dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, provenienti da Napoli, Caserta, Benevento e Pompei.
Essi, infatti, sono profondamente legati al Santuario della Madonna di Pompei, voluto e fondato dal loro santo confratello, il Beato Bartolo Longo, anche egli Cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che partecipò sempre con grande entusiasmo alle attività caritative dell’Ordine.

"Ottobre 1993" L'Ora del Mondo
Presiede Monsignor Carlo Furno, Nunzio Apostolico per l’Italia
La Supplica di ottobre, un prodigio d’amore e di fede

Con la recita della Supplica, la famosa preghiera sgorgata dal cuore del B. Bartolo Longo, siamo dinanzi ad un vero e proprio inno alla Madonna nella sua missione di mediatrice fra la terra ed il cielo; e siamo, per di più, di fronte ad un classico della letteratura religiosa, un classico sentito da un laico, non poeta di professione, ma solo cristiano fervente, impegnato nel campo del sociale, attento all’uomo, alle sue possibilità e ai suoi limiti.

Le generazioni, infatti, si succedono e si alternano, i problemi dell’uomo si presentano sotto spoglie diverse, si alternano anch’essi fra zone di luce e di ombra, vi sono sempre periodiche amarezze e dolorose tempeste; ritrovarsi per pregare insieme, rappresenta ancora oggi una forza, è segno di consolazione, è un punto di riferimento, mentre, gomito a gomito, senza distinguere età, sesso o condizione, pronunciamo le stesse parole, sentendo che esse si ripercuotono nell’intimità di ciascuno e nella comunione di tutti.

Bartolo Longo ha letto le problematiche della sua epoca, ma è andato certamente oltre, quando ha concepito e scritto la Supplica; altrimenti a Pompei, la piana antistante la Basilica non potrebbe ritrovarsi così gremita e così emozionata per quella circostanza.
Le migliaia di pellegrini, giunti anche quest’anno, confermano questo impegno di preghiera, insistono sulle attese dell’uomo contemporaneo rivolte alla pace, alla fratellanza: c’era nell’aria un rinnovato afflato di religiosità, una più attenta partecipazione al significato delle richieste
avanzate alla Vergine del Rosario.
Quest’anno l’Arcivescovo di Pompei, Mons. Francesco Saverio Toppi ha invitato per la Supplica il Nunzio Apostolico per l’Italia, l’Arcivescovo Carlo Furno. Nonostante le avvisaglie negative delle condizioni atmosferiche, piazza Bartolo Longo, domenica 3 Ottobre, era gremita: la pioggia si è interrotta giusto il tempo necessario per la concelebrazione e fino all’ultimo momento lo stesso Prelato si è consultato sulla opportunità o meno di affrontare le condizioni atmosferiche.

Ma la gente era lì, aveva già, per così dire, scommesso sulla schiarita, moltissime persone avevano anche partecipato alla veglia del sabato notte.

Tutta la famiglia delle opere sociali si era già sistemata, così anche il coro, diretto dal maestro Don Franco Di Fuccia; c’erano i cavalieri e le dame del S. Sepolcro, il sindaco Sandro Staiano, ufficiali dei Carabinieri, della Finanza e dell’Esercito. Migliaia e migliaia i pellegrini provenienti dalla Calabria, dalla Lucania, dalla Puglia, dalla Sicilia e dalla stessa Campania: alcuni erano giunti a piedi scalzi in segno di ringraziamento. Tutto, all’interno è stato organizzato dal servizio del commissariato di polizia di Stato, della protezione civile, dei vigili, dei gruppi del volontariato e dagli uomini della Benemerita.

Fra questa moltitudine c’era idealmente l’uomo di sempre, quello stesso che Bartolo Longo aveva avuto dinanzi. Era un uomo con il cuore e la mente invasi dalle sofferenze, preoccupato dalla violenza, dalle guerre in corso, sconvolto dalle attuali calamità morali e sociali, colpito nella non presenza di valori; "preghiamo per la nostra Italia e per questo mondo straziato dalle guerra", dirà, infatti, nell’orazione conclusiva l’Arcivescovo Toppi, rivolgendosi alla folla per ringraziarla della sua presenza e della sua fede alla Vergine del Rosario. La gente è accorsa per esprimere, attraverso la Supplica una esplicita domanda di protezione a Maria.

Le ha chiesto di intercedere per tutti indistintamente: dalla facciata della Basilica parte, da quando è sorta, il richiamo alla Pace e mai come in questo particolare momento l’umanità ne sente il bisogno, mai come nelle attuali contingenze si rende necessaria la disponibilità personale al progetto comune di un mondo migliore.
L’atmosfera della Supplica era ancora quella di cui parla il barnabita padre Spreafico, agiografo di Bartolo Longo, che nel 1947 scriveva: "più commuovente ancora, sino a rendere irresistibile il pianto è l’ora della Supplica nel Santuario di Pompei. Chi a quell’ora non si è mai trovato in quel santuario, non potrà mai immaginare che cosa essa sia in quella terra consacrata alle più alte manifestazioni del soprannaturale dai prodigi di Maria".

I fedeli presenti e le tantissime persone lontane hanno toccato con mano quel prodigio costante, riferito dallo Spreafico: è il prodigio dell’amore e della fede!

"Maggio 1994" L'Ora del Mondo

Presiede Monsignor Dionigi Tettamazzi - Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana e consultatore pontificio del Consiglio per la famiglia e della pastorale per gli operatori sanitari.
Una preghiera filiale alla Madre del "bell’Amore"
L’otto maggio nella città Mariana: una Supplica per l’Italia e per tutte le famiglie del mondo.
Pompei ed il suo Santuario vivono con la solenne recita della Supplica dell’8 maggio, un momento particolare: da una parte il fermento turistico proprio di questo periodo di apertura della buona stagione e dall’altra il fenomeno religioso, con i pellegrinaggi organizzati e non.
Così che i giorni che precedono l’8 maggio esprimono nettamente quale ruolo di attrazione e di coinvolgimento rivesta questa concorrenza. Ma bisogna attendere il 7 sera per poter capire realmente, attraverso la testimonianza delle presenze e dei volti, il vero senso della devozione mariana.
Sono le ore 18 dell’antivigilia della Supplica, tutte le navate della Basilica sono già occupate e, puntualmente, come da programma, l’organo effonde la musica sacra, in un crescendo rossiniano:
la gente è giunta fino all’ultimo momento in grandi gruppi, in piccoli gruppi, a coppie e le poche sedie rimaste vengono tutte occupate rapidamente.
Molti con le videocamere o con apparecchi fotografici hanno ripreso lo scenario, le luci, il movimento per riportare con sé un ricordo.
Anche l’altare maggiore è stato occupato dal clero, mentre si innalza il primo canto alla Madonna, intervallato dall’Alleluia al termine di ogni strofa.
Nel silenzio della musica viene introdotta la recita del Santo Rosario, che una voce chiara guida, ripetendo i misteri introdotti da appropriate letture bibliche.
La gente prega, non si distrae, non scambia parole: è tutta attenta nella preghiera, mentre sul presbiterio dove è collocato il trono della Madonna incomincia ad intravedere il movimento organizzativo, che precede la discesa del quadro.
Quando questo viene rimosso tutti sono in piedi, tutti hanno i volti tesi, raccolti e protesi verso l’alto, mentre i due sacerdoti lo sistemano definitivamente ed al grido "evviva Maria" le navate esplodono per l’applauso caloroso dei presenti: l’organo suona con un’insistenza gioiosa, il quadro scende lentamente, si ferma, riscende e la gente si commuove dinanzi a quell’avvicinarsi del quadro della Madonna, la quale sembra muoversi quasi fisicamente.
Ed i fedeli sono attenti, non vogliono perdere nulla di questa sosta breve quanto il tempo necessario ad esprimere un saluto fatto di canti mariani più conosciuti, breve quanto tempo occorre per la benedizione impartita da Monsignor Arcivescovo Francesco Saverio Toppi ai presenti ed a tutti gli oggetti sacri che ogni persona ha con se (corone del rosario, immagini, medaglie e ricordi).
"Evviva Maria e chi la creò", "Maria quanto sei bella", "Al cielo al cielo andrò a vederla un dì"; i canti che accompagnano il rito in maniera vibrante e festosa.
Alla esplicita manifestazione della gioia segue il momento della riflessione: la stessa voce che ha scandito i misteri del Santissimo Rosario rilegge la preghiera del Beato Bartolo Longo alla Vergine ricca delle richieste, dei timori, delle speranze del Fondatore di Pompei, mentre affronta con gli abitanti del luogo l’urgenza di costruire una Chiesa a Maria.
E tutti, attraverso le invocazioni di Bartolo Longo sentono il potersi riconoscere in quello stesso anelito di pace, ognuno è invitato a chiedere la sua grazia e nella Basilica si avverte un silenzio
totale che è il silenzio dei bisogni.
Poi, come per aver esaurito la sua visita, il quadro risale lentamente, si vibra più in alto, viene ricollocato nella sua sede, si ricongiunge idealmente nella sfera più alta per poter riferire, per poter mediare per le sollecitudini ricevute.
Già a prima mattina del sabato 7 maggio la Basilica è affollata e si aggiungono via via altri fedeli che intendono fermarsi fino alla veglia che inizia alle ore 20.00. Al pomeriggio dopo le celebrazioni eucaristiche prefestive si prega con la novena di impetrazione, la pia pratica dei quindici sabati, la recita del Santo Rosario e l’ora di guardia.
Allo scoccare della mezzanotte, le campane suonano, annunziando la celebrazione eucaristica, quando nel silenzio che è all’esterno si ascolta meglio il proprio cuore e si misurano le necessità, le aspettative e ciascuno ritrova il motivo stesso della sua presenza, delle ore sottratte al sonno ed alla casa, per respirare nella casa della Madonna, per non lasciarla sola: ha celebrato il Prelato Mons. Francesco Saverio Toppi.
La città si rianimerà fin dalle prime ore della domenica 8 maggio ed ogni credente ha avuto modo di ascoltare le sante messe ininterrotte dalle 5.00 di mattina fino a quella solenne delle ore 11,00 teletrasmessa in diretta da Canale 21: la liturgia segue ogni volta un tema specifico, per la diffusione della preghiera, della carità, per suffragare i defunti, per impetrare la protezione di Maria sui giovani, sugli ammalati.
Alle 11,00, la Piazza Bartolo Longo è letteralmente costipata, non c’è spazio, neppure nelle strade circostanti e non è stato possibile tradurre in cifre le migliaia e migliaia di fedeli presenti; è un pubblico eterogeneo per età e per condizione, che per trovare uno spazio si è anticipato sull’ora, che per il sole particolarmente caldo, ricorre ad ombrelli colorati, si serve delle pagine di un giornale ed improvvisa con esso un copritesta.
Ne abbiamo notato uno come quelli che avranno usato, molto probabilmente, i pompeiani muratori e non che per primi trasportarono pietre per le fondamenta dell’attuale Basilica.

La Santa Messa è officiata da Monsignor Dionigi Tettamazzi, segretario della Conferenza Episcopale Italiana e consultatore pontificio del Consiglio per la famiglia e della pastorale per gli operatori sanitari.
All’arcivescovo Francesco Saverio Toppi si unisce l’Arcivescovo emerito di Pompei Mons. Domenico Vacchiano ed in prima fila, il Sindaco della città, prof. Sandro Staiano, con autorità civili, militari e religiose e i Cavalieri e le Dame del Santo Sepolcro. Fanno da corona e da ali al palco le Opere sociali ed il Coro Pompeiano.
La Supplica trova quest’anno un riferimento esplicito nella celebrazione dell’Anno Internazionale della Famiglia e su questo tema si muovono le riflessioni dell’omelia pronunciata da Mons. Tettamanzi: si riparte dal richiamo alla parola di Dio, sull’amore fraterno che l’apostolo Giovanni esprime nel suo "amiamoci gli uni gli altri".
L’amore umano, che "sboccia nel cuore dell’uomo e all’uomo termina", è innegabile, ma l’amore è "da Dio" e trova la sua testimonianza nella nascita, vita, morte e resurrezione del Cristo." L’amore di Cristo è la nostra casa: casa, luogo di rifugio, protezione, aiuto, affetto, conforto, vita, gioia, come fonte e modello".
Di qui il discorso si incentra sulla famiglia "luogo privilegiato di amore e del dono di sé".
Una famiglia chiamata a riscoprire la sua dignità, la sua grandezza bellezza.
Nell’omelia Monsignor Dionigi Tettamanzi riprende il contenuto della lettera del Papa, nella quale il Pontefice richiama "le famiglie cristiane a costruire la civiltà di amore, a farsi centro di tale civiltà, in una società dominata pesantemente dal "non-amore", in cui prevalgono tensioni, conflittualità, divisioni, utilitarismi, brama di possesso; dove le persone diventano cose da trattare, dove i deboli vengono emarginati.
Dinanzi a questo quadro sociale ed esistenziale, parte da Pompei, nel giorno della recita solenne della Supplica, l’invito ad affidarsi a Maria "Madre del bell’Amore", che dona e si fa dono, che riceve e restituisce amore; "questo proposito di affidamento delle famiglie cristiane di Pompei e
del mondo a Maria, ha ripetuto il celebrante, è il modo concreto per corrispondere ad un desiderio vivissimo dello stesso Santo Padre, a noi vicino, oggi, nella preghiera e nella sofferenza".
Parole realistiche, vicine all’esperienza quotidiana delle difficoltà e delle profonde inquietudini di questa nostra epoca; ma anche parole di speranza che i devoti del Santo Rosario hanno ascoltato, che noi abbiamo cercato di riferire, perché nel cuore di ognuno di noi, che in un modo o nell’altro vive l’esperienza della famiglia di origine e/o di quella che si è formata, si consolidi il momento del dono reciproco. L’ "ora del mondo", così il Fondatore di Pompei, il Beato Bartolo Longo, definiva la Supplica: un testo di preghiera tutto proteso ad affermare e realizzare l’amore.
L’invito per tutti è che l’implicito divenga esplicito e che in ogni famiglia rimanga costantemente presente questo momento di incontro e di raccoglimento.
(Autore: Luigi Leone)
Prima Foto: Monsignor Dionigi Tettamanzi (al centro), Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana e consultatore pontificio del Consiglio per la famiglia e della pastorale per gli operatori sanitari, recita la Supplica alla Vergine del Santo Rosario.
Seconda e terza Foto: Una visione panoramica della piazza Bartolo Longo antistante il Santuario gremita di fedeli mentre sta per iniziare la solenne concelebrazione eucaristica.
Quarta Foto: Dal Policlinico Gemelli il Papa sofferente invita i fedeli a pregare la Regina del Rosario.


"Ottobre 1994" L'Ora del Mondo

Presiede l’Arcivescovo Monsignor Salvatore De Giorgi, assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana

La Supplica per una famiglia unita e forte

Venerdì 30 settembre la discesa del Quadro della Vergine del Rosario; sabato 1° ottobre la recita del S. Rosario guidata dal Papa ed alle ore 24 la S. Messa in attesa dell’alba; domenica 2 ottobre, la S. Messa e la lettura della Supplica, trasmessa per le antenne locali e mercoledì 5 ottobre la processione in onore del B. Bartolo Longo.
Per tutto il mese di ottobre, poi, una serie di appuntamenti, tutti incentrati sulla recita del Rosario attraverso la Radio Vaticana, per sottolineare nell’anno internazionale della famiglia il valore di questa preghiera, che è patrimonio di fede e di carità del popolo italiano, e che recitata nella famiglia, ne costituisce mezzo di comunione.
Partiamo dalla discesa del quadro della Madonna allo sguardo ravvicinato dei fedeli per dire che la fila non si esaurisce per tutta la sua permanenza e che sono moltissime le persone che occupano per ore i primissimi banchi della Basilica, con gli sguardi fissi, quasi a voler penetrare nell’essenza più intima della raffigurazione.
I pellegrini vengono da ogni parte: molti si soffermano per la veglia mariana, la messa di mezzanotte officiata dal Prelato S.E. Mons. Francesco Saverio Toppi e fino alla Supplica della domenica.
È questa la circostanza nella quale nel movimento consueto dei pellegrini e dei pellegrinaggi organizzati a Pompei si trasforma in una specie di alveare, dove ogni uomo manifesta le sue
esigenze, il suo bisogno di affidarsi alla preghiera: l’essere in tanti, l’essere insieme costituisce quasi una garanzia in più per ottenere maggiore ascolto e per non sentirsi soli dinanzi ai "mali che ci affliggono alle calamità che ci contrastano".
Rosario e Famiglia
A presiedere l’Eucarestia è stato l’Arcivescovo Mons. Salvatore De Giorgi, assistente ecclesiastico generale dell’Azione Cattolica Italiana, che pronuncerà una vibrante omelia e leggerà, commuovendosi, la Supplica.
Nel presentarlo Mons. Francesco Saverio Toppi ha tenuto a ricordare la conterraneità con il Beato Bartolo Longo come elemento di affinità spirituale.
Un inno forte alla famiglia ed alla recita del Santo Rosario nella famiglia e nelle famiglie: questo il tema dell’omelia.
Una passerella storica con continui passaggi dalla universalità evangelica dei Misteri alla quotidianità esistenziale dell’uomo, continuamente coinvolto nei suoi malesseri; nelle sue negligenze e altrettanto costantemente teso nella ricerca della verità.
Insistente la voce di Mons. De Giorgi dinanzi alla piazza letteralmente gremita di uomini e donne di ogni età e condizione.
Molto forte l’accento posto sulla esigenza di ricondurre la famiglia ai suoi significati perenni, dinanzi ad un mondo che tende a scuoterne le fondamenta: stima, amore, impegno reciproco, educazione dei figli, religiosità e religione, sembrano essere caduti in disuso con gravissime conseguenze sull’intero tessuto sociale.
I presenti hanno ascoltato attentamente: erano venuti dalla Puglia (Bari, Brindisi), dalla Calabria, dalla Germania, dalla Polonia, giovani e meno giovani, tutti devono aver avvertito il monito e l’esortazione per riscoprire una tensione etica da alimentare con la preghiera degli italiani: il Rosario.
Fra le rappresentanze religiose in prima fila i Cavalieri e le Dame del Santo Sepolcro di Pompei e Caserta, ai quali si erano aggiunti quelli di Barletta, che sono venuti con i familiari.
A questo convegno così massiccio occorre unire coloro che hanno seguito la celebrazione e commento per le antenne locali ed i Rosarianti sparsi nel mondo intero, che all’unisono hanno ripetuto le invocazioni della Supplica con l’Arcivescovo De Giorgi, con le autorità civili tra le quali il Sindaco prof. Sandro Staiano e le autorità religiose presenti con l’emerito Mons. Domenico Vacchiano, con tutta la famiglia delle opere, con il coro osannante a Maria, rinnovando un miracolo che ogni anno ci permette di raccogliere aspetti e testimonianze particolari. Le testimonianze dei fedeli "in questo giorno solennissimo" sono molte, ne citerò qualcuna: "Veniamo da Bari" mi ha detto un gruppo di pellegrini, al quale ho chiesto anche se sapessero che Pompei è nata per l’opera e la volontà di un loro corregionale.
Le testimonianze dei fedeli
Ricevo qualche risposta evasiva, qualcuno afferma di avere sentito parlare di Bartolo Longo: così avverto il bisogno di dare qualche informazione, specificando che la Madonna deve essersi servita proprio di un loro corregionale e della sua consorte Contessa Marianna Farnararo ved. De Fusco per fondare questo Santuario Pontificio dove la Madonna effonde grazie tutti i giorni.
Uno del gruppo, sentendo nominare la contessa, originaria di Monopoli, dice di essere nato proprio in questo centro della Puglia – ora risiede a Bari – ma di non aver mai saputo nulla di questa concittadina che, sposando il 1° aprile 1885 Bartolo Longo aveva contribuito a realizzare "il miracolo del Santuario e delle opere sociali", mettendo a disposizione del prossimo tutti i beni che possedeva a Valle di Pompei.
Un’altra testimonianza del tutto straordinaria, per significato e per gli effetti emotivi è stata da me vissuta dopo aver partecipato alla Supplica, mentre rientravo a casa alle ore 12,40,
all’incrocio di via Astolelle con piazza Bartolo Longo, all’altezza dello "stallone" (il luogo dove i pellegrini "posteggiavano" un tempo i traini ed i cavalli), un bambino (Francesco C.) fra gli otto e i nove anni ha cominciato a gridare, "papà, papà" e scappando, si è gettato letteralmente addosso ad un uomo.
Il bambino, fra la folla, aveva riconosciuto il suo papà: non lo vedeva da alcuni anni – l’ho saputo dopo – perché i suoi genitori vivono separati ed in luoghi diversi (la madre a Cutro in Calabria e il padre a Francoforte in Germania) e si era istintivamente staccato dalla madre gridando a viva voce, per paura di perderlo e la stessa madre ha raggiunto il marito, in un abbraccio, che ha accomunato tre vite in una sola.
Quel quadro così improvviso e così commuovente, ci ha scosso profondamente perché costituiva come la miracolosa immediata risposta alle precise esortazioni, che poco prima erano state profferite nell’omelia, nei riguardi della famiglia e degli impegni di amore e di reciproca stima che ne debbono costituire i cardini irrinunciabili.
(Autore: Luigi Leone)


"Maggio 1995" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Ecc. il Card. Carlo Maria Martini - Arcivescovo di Milano
Con la Vergine verso il 2000

Il Cardinale di Milano, Carlo Maria Martini, a Pompei per la Supplica, ha dato una particolare intonazione all’incontro mariano. La Supplica, ha detto, si inserisce nel cammino di preparazione al Giubileo del Duemila. Durante l’omelia ha sottolineato come il grande fallimento di questo secolo, secolo di guerre, rende necessaria in ogni uomo l’apertura della mente e del cuore alla Sapienza di Dio. "Come Maria accogliamo nel nostro cuore, il disegno di Dio sul mondo. È l’unica strada per la pace dell’umanità, per la pace delle "nazioni".
Nel momento in cui affrontiamo l’impegno di far conoscere e di fissare nel tempo l’appuntamento di Pompei e dei fedeli alla devozione del S. Rosario con la Supplica dell’8 maggio di quest’anno, avvertiamo qualcosa di più e di diverso rispetto alla tradizionale importanza dell’evento.
Questa diversità si ricollega alla presenza di un "orante" di eccezione nella persona del Cardinale
Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano, alle profonde esigenze spirituali e sociali del mondo e della nazione, incisivamente richiamate nell’omelia dallo stesso Cardinale; ai particolari collegamenti che si possono fare sul piano storico, fra la Pompei mariana e la Chiesa ambrosiana ai tempi di Bartolo Longo.
A questi aspetti occorre aggiungere il significato forte del messaggio, che il Cardinale ha trasmesso perché gli uomini tutti chiudano quest’ultimo scorcio di secolo in uno spirito di ecumenica speranza.
Diciamo intanto che la tradizione si è riconfermata sia per la presenza del Sindaco rieletto nella prima mattinata del giorno della Supplica, prof. Sandro Staiano, dei Cavalieri e delle Dame del S. Sepolcro di Napoli, di Caserta, di Pompei, di Bari e di Matera, della grande famiglia degli orfani della natura e della legge sia per l’afflusso dei pellegrini da ogni parte della penisola in forme organizzate ed a gruppi ristretti.
Aumentati in forma evidente e fedeli – moltissimi giovani – che hanno raggiunto la piazza a piedi per la veglia della vigilia e che hanno atteso fino alla recita della Supplica.
Generale la mobilitazione dei pompeiani per accogliere questo massiccio arrivo: lungo la via Lepanto ci è stato chi ha preparato dei contenitori di acqua fresca, che veniva offerta a coloro che giungevano a piedi, in cerca di una prima forma di ristoro.
Quale prodigioso crescendo: l’8 maggio del 1876 fu posta la prima pietra del Santuario, anche in quell’anno cadeva di lunedì.
Bartolo Longo scrive: "E giunse il giorno sospirato tanto e tanto osteggiato, il giorno sacro al Principe degli Angeli 8 di Maggio; - e cadde quell’anno in lunedì, come abbiamo detto -.
Sul suolo di fresco comprato, coperto di erbe smosso da solchi, piantammo una tenda; e sotto di essa, sopra due botti distesa un’assita coverta di drappi e di pannilini formammo una mensa ed un altare. Un crocifisso e sei candelieri, ecco il superbo apparato che doveva servire da primordio
alla fondazione del tempio di Pompei, che era per divenire in pochi anni monumentale, mondiale, Pontificio! ...".
A presentare il Cardinale Martini è stato Mons. Francesco Saverio Toppi Arcivescovo e Prelato di Pompei: "Grazie, grazie per aver accettato il nostro invito. La sua presenza è per noi tutti testimonianza, arricchimento, espressione vivente di sapienza biblica, di apertura ecumenica, Lei è qui ad esaltare la carità sociale, la civiltà dell’amore".
E con altrettanto sentito a caloroso accento ha risposto il Cardinale affermando di aver accolto l’invito di Mons. Toppi con gioia, riuscendo ad esaudire un desiderio che nutriva da tempo. Finalmente, dopo anni di reiterati inviti questa sua prima volta si è potuta realizzare.
La piazza ha ascoltato in religioso silenzio, avvertendo, già, nei due interventi quel qualcosa di nuovo, quella sintonia di intenti cui abbiamo accennato in apertura. Milano, - sede tra le più prestigiose della Chiesa cattolica, così l’ha definita Mons. Toppi, - dove la devozione al Rosario è profondamente avvertita, invia a Pompei il suo Pastore riprendendo il filo idealmente mai interrotto del rapporto che legò Bartolo Longo a Suor Brambilla, divulgatrice a Milano della pratica dei quindici sabati.
"In quell’anno la nostra umiliazione e del quasi generale abbandono, la pietosa Regina, per ricordarci che quello era per noi – scrive B. Longo – tuttavia un periodo di gaudio e non era ancora
suonata l’ora delle grandi prove e dei grandi dolori, ci aprì la via a dar fuori per la prima volta il nostro libri: I quindici Sabati del SS. Rosario. Questo libro vide la luce nel giorno solennissimo della Festa di S. Maria come la chiamavano i primi cristiani, cioè nel giorno dell’Assunzione di quell’anno 1877".
Le riflessioni dell’omelia, pronunciate dal Cardinale Martini, hanno avuto come punto di riferimento ideale i testi sacri della Messa, le parole del Papa, nella sua visita a Pompei nel 1979, il drammatico consuntivo di questo nostro secolo, dominato da due grandi conflitti mondiali, da una guerra fredda. Da una quantità di guerre etniche, alle quali assistiamo.
In un momento così difficile si tratta di uscire dalla cultura della morte per preparare l’avvento del terzo millennio nella meditazione del S. Rosario, come preghiera aperta alle speranze della Chiesa.
Un appello ed un monito, un’esortazione calorosa che traggono forza dalla Supplica, ripetuta coralmente e devotamente alla gente di ogni età ed estrazione presente, in piazza Bartolo Longo, con gli occhi rivolti a quella scritta PAX sulla facciata della Basilica di Pompei.
Infine vogliamo chiarire che la Supplica è la preghiera composta da Bartolo Longo ed ha determinato il miracolo di Pompei che non consiste Tanto negli ex-voto (fenomeno diffuso in moltissime realtà religiose) ma sta nelle mille e più persone fra giovani, religiosi e laici, che vivono, insegnano, studiano, collaborano da oltre un secolo per le opere sociali senza ricevere alcun aiuto da pubbliche istituzioni, come fermamente ha voluto il Fondatore.
(Autore: Luigi Leone)
L’Omelia del Cardinale Carlo Maria Martini per la Supplica dell’otto maggio 1995 in onore della Beata Vergine del Rosario di Pompei
È per me motivo di grande gioia, carissimi abitanti di Pompei e pellegrini venuti da tante parti d’Italia e del mondo, per poter celebrare con voi e per voi la Supplica alla Madonna di Pompei.
Rendo grazie al Signore che mi ha permesso, dopo tanti anni che lo desideravo, di recarmi in questo Santuario.
Ringrazio e saluto cordialmente il mio confratello S. E. l’Arcivescovo Mons. Francesco Saverio Toppi che mi ha benignamente invitato più volte a Pompei.
A lui e a voi esprimo i sentimenti di vicinanza e di augurio della Chiesa di Milano, dove è assai venerata e amata la Beatissima Vergine Maria del SS.mo Rosario.
Sono davvero emozionato di trovarmi in un luogo della Madonna, in un luogo testimone della presenza di grandi santi e illustri visitatori.
Come diceva il Papa nella sua visita del 21 ottobre 1979: "Questo luogo sacro alla preghiera è nato dalla mente e dal cuore di un grande laico, il venerabile Bartolo Longo. (…) Egli ha voluto innalzare un tempio, dove fossero proclamate le glorie alla Madre di Dio e dove l’uomo potesse trovare rifugio, conforto, speranza e certezza".
Ma non soltanto questo; possiamo dire che il fondatore del Santuario ha dato anche una formidabile risposta educativa ai bisogni del suo tempo; ha voluto, insieme con la devozione a Maria, ridare alle persone dignità e prospettiva nella vita attraverso l’opera educativa. È nell’ombra di tali grandi realtà che noi ci siamo riuniti.
Un secolo di guerre
In quale contesto si colloca la Supplica dell’anno 1995?
Per rispondere, lasciamoci guidare dalla prima lettura, tratta dal Libro dei Proverbi (8, 22-31), là dove viene detto che Dio ha costruito il mondo con ordine e armonia; Egli ha in mente un piano di pace per un’umanità che accetti il Suo primato.
La Sapienza creatrice era presente fin dall’inizio: "quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso; / quando condensava le nubi in alto, / quando fissava le sorgenti dell’abisso; / quando stabiliva al mare i suoi limiti, / (…) io ero con lui come architetto".
Il mondo intero è dunque costruito con ordine, con armonia e misura affinché l’uomo lo abiti nella pace.
Dio, che è intelligenza e amore, riversa nella storia torrenti di intelligenza e di amore, nel desiderio che noi viviamo nella pace.
È un amore, quello che a Trinità riversa sul mondo, senza limiti; un amore che vuole suscitare una società fraterna: "Mi ricreavo sul globo terrestre, / ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo". Il Signore ama stare con noi, vedere un popolo pacifico davanti a sé.
Di fronte al quadro ideale tracciato dalla pagina del Libro dei Proverbi, ci domandiamo di nuovo: qual è la situazione storica odierna, in cui celebriamo la Supplica?
Il vostro Arcivescovo ci invita a elaborare una risposta quando scrive nella sua ultima Lettera pastorale: "Vogliamo inserirci nella preparazione al terzo Millennio, raccomandata e voluta con ispirata insistenza dal Santo Padre, vogliamo avviare il cammino verso il Duemila con Maria, perché il Signore venga col suo Spirito a rinnovare la faccia della terra".
La Supplica del 1995 è inserita nel nostro cammino verso il grande Giubileo del Duemila
annunciato qualche mese fa da Giovanni Paolo II con la "Tertio millenio adveniente".
Per precisare meglio la caratteristica del secolo XX, che si avvicina alla fine, devo purtroppo servirmi di una cifra sintetica, di una parola drammatica: guerra.
Da due guerre mondiali è stata dominata la prima metà del nostro secolo, guerre che hanno insanguinato il mondo.
E nella seconda parte, dapprima siamo stati dominati dalla strategia della guerra fredda, mentre oggi stanno insorgendo numerose guerre etniche locali, regionali; pensiamo alla vicina Bosnia, al Ruanda, al Burundi, e altre nazioni del mondo.
Per questo il nella sua ultima "Enciclica Evangelium vitae" ha designato la nostra cultura do morte.
E se ci interroghiamo con sincerità sul significato di tale terribile caratteristica che segna il secolo XX, dobbiamo ammettere che si à è trattato di un grande fallimento.
Il fallimento dell’idea illuministica, nata due secoli orsono, da una ragione umana capace di unire da sola tutti gli uomini prescindendo da Dio; il fallimento di un’idea di tolleranza in grado di permettere a tutti di stare insieme in pace, prescindendo da una visione religiosa della vita.
Era il serio ostacolo che Bartolo Longo aveva affrontato nel suo tempo.
E soltanto oggi assistiamo al fallimento completo della pretesa di costruire la pace con argomenti di ragione e con inviti alla tolleranza. Ragione e tolleranza sono valori importanti, che non possiamo trascurare; tuttavia non bastano per assicurare la pace dell’umanità. Lo aveva ben compreso Bartolo Longo.

C’è bisogno di molto di più; c’è bisogno della sapienza divina fondata sull’amore, dell’accettazione del primato dell’Amore trinitario sull’umanità.
La saggezza umana è guidata alla pace nella misura in cui accoglie il disegno armonico di Dio sul mondo e sulla storia.
Saggezza e salvezza dell’umanità. Via nuova alla pace per il secolo XXI che sta per aprirsi equivale a meditare e a far proprio il piano eterno del Dio Amore.
L’icona di Maria
La terza lettura della liturgia (Lc 2, 15b-19) che abbiamo ascoltato, ci presenta Maria che, di fronte ai misteri dell’Incarnazione, "serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore".
Medita i misteri del Signore perché non si fida di sé, della sua conoscenza umana, delle sue impressioni passeggere; accoglie pienamente il disegno di Dio su di lei, vi si adatta, lo tiene nel cuore, vuole compiere la volontà del Padre e farla sia, pure se è misteriosa.
E così Maria ci insegna che il Rosario, cioè la meditazione orante dell’armonioso piano di salvezza che Dio ha sull’umanità, nella sapienza divina rivelatasi nella storia.
In qualche maniera – cito ancora Giovanni Paolo II nel discorso pronunciato in questa piazza nel 1979 – "il Rosario è la preghiera che Maria dice insieme a noi".
Ecco l’invito che ci viene dal Santuario di Pompei al termine del secolo XX e per il prossimo millennio: "Impariamo dunque a meditare i misteri che Maria meditava nel suo cuore e continua a meditare, perché sono i misteri della vita eterna, sono immersi in Dio stesso.
Proprio perché questa preghiera di Maria è immersa nella luce di Dio, rimane contemporaneamente sempre aperta verso la terra; verso tutti i problemi umani, verso i problemi di ogni uomo, di tutte le comunità umane, delle famiglie, delle nazioni. (…) Il Rosario è
costantemente aperto verso tutta la missione della Chiesa, verso le sue difficoltà e le sue speranze. (…)
Dall’inizio il Rosario è stato pervaso dalla "logica del cuore", è stato formato nel cuore di Maria mediante l’esperienza più splendida cui è stata partecipe: mediante il mistero dell’Incarnazione" (Omelia di Giovanni Paolo II, Pompei, 21 ottobre 1979).
Meditiamo con Maria la Sapienza di Dio Incarnata, accogliamo con Lei nel nostro cuore il disegno di Dio su ciascuno di noi e sul mondo. È l’unica strada per la pace tra i popoli e tra le nazioni.
Onoriamo la Vergine di Nazaret e affidiamole in questo fine millennio tutti i dolori e le sofferenze passate, i dolori, le sofferenze, le tragedie di ciascuno. Affidiamo a Maria il Papa nel suo prossimo 75 compleanno. Affidiamole tutte le nazioni, soprattutto quelle che sono in guerra. Affidiamo a Lei il nostro Paese e le difficoltà che stiamo attraversando. Affidiamoci a Maria con le belle toccanti parole di Bartolo Longo: "Da questo Trono di clemenza, dove siedi Regina, volgi, o Maria, il tuo sguardo pietoso su di noi, sulle nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, sul mondo.
Ti prenda compassione degli affanni in cui volgiamo e dei travagli che amareggiano la nostra vita (…)", o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.


"Ottobre 1995" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza Giovanni Saldarini - Arcivescovo di Torino, presidente del Comitato di preparazione del Convegno di Palermo.

Il Cardinale Saldarini ha invitato i fedeli ad un forte impegno di santità, fondamento di ogni rinnovamento ecclesiale e sociale.
Le due ricorrenze annuali della recita della Supplica rappresentano la sintesi emblematica del disegno formulato, nei tratti sostanziali, dal Fondatore della Nuova Pompei, da Lui stesso concretizzato nelle opere sociali, alimentato ancora oggi da coloro che hanno ereditato ed assunto il suo testamento spirituale.
Per chi si sofferma su questi due rilevanti incontri mariani fra persone diverse per età e per estrazione, accomunate nella preghiera della Supplica, potrebbe trattarsi di un fatto scontato.
È vero, invece, che ogni volta ci si trova di fronte ad una duplice condizione: da una parte la tradizione che si ripete e dall’altra la tradizione stessa che si rinnova, lasciando scoprire nuovi e diversi aspetti di riflessione.
Così, come sempre, siamo qui a ripetere del miracolo che si compie quando il centro mariano si mobilita per accogliere la presenza, la voce e la fede di quanti lo raggiungono per recitare la Supplica, per testimoniare la profondità ed il legame del mondo con la Madonna, esempio paradigmatico del messaggio cristiano, invocata con accenti che non hanno perduto nel tempo la loro valenza.
Il programma per la Supplica procede dal triduo di preparazione alla notte di veglia, alla concelebrazione eucaristica della domenica, trovando ulteriore eco nella data del 5 ottobre, festa del Beato B. Longo, del 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario: una sequenza di momenti ravvicinati, che si uniscono ad altre circostanze celebrative dell’ottobre pompeiano, a carattere socio-culturale e mistico.
Il quadro della Madonna discende secondo una tradizione da tempo consolidata, il venerdì precedente la Supplica, nel pomeriggio: da quell’istante in poi l’Immagine non rimane mai sola ed il calpestio dell’intera piazza, delle navate, della Cripta della Basilica non ha momenti di tregua, così come costante è la presenza dei giovani delle opere, seguiti dalle note dell’organo nei canti e nella liturgia.
Il quadro della Vergine in questa occasione non è offerto al bacio dei fedeli, opportunità riservata alla data del 13 novembre, quando si ricorda la venuta del quadro da Napoli, su un carro di letame.
Alle 11 della domenica suonano le campane per annunciare l’inizio del rito: il panorama della piazza, anche quest’anno si presenta ricco di calore umano e di colori, (il sole è caldo e molti pellegrini si riparano con ombrelli o fazzoletti) di cartelli che indicano la provenienza dei pellegrinaggi organizzati, mentre sui balconi che si affacciano sulla piazza, le persone si stringono per assistere alla concelebrazione.
Per la recita della Supplica il Prelato si è rivolto al Cardinale Giovanni Saldarini, Arcivescovo di Torino, presidente del Comitato di preparazione del Convegno di Palermo sul tema: "Il Vangelo della carità per una nuova società italiana".
La scelta non deve essere stata del tutto casuale: se si considerano, infatti, l’apostolato avviato e confermato a Torino da Don Bosco, rivolto ai giovani "sbandati" del suo tempo e si pensa a quello promosso e concretizzato a Pompei da B. Longo a favore degli orfani della legge e della natura, si vede subito che i messi esistenti fra queste due realtà, poste a latitudini diverse, abbiamo motivo e prospettive comuni molto importanti sul piano della carità e della socialità.
A questo aggancio se ne aggiunge un altro: oltre a sostenere la fede con le opere, Ma Don Bosco e Bartolo Longo hanno in comune l’amore per la Madonna Ausiliatrice il primo, per la Regina del
Rosario, il secondo.
Ma non basta: ambedue, nel loro apostolato hanno condiviso ed applicato il principio riguardante il ruolo rilevante che avrebbe potuto svolgere la stampa cattolica per penetrare nella società: è lo scambio di idee che Bartolo Longo ebbe, incontrando Don Bosco a Torino nel maggio del 1885.
La digressione Pompei-Torino ci è sembrata necessaria per motivare la scelta del nostro Vescovo che è stata dettata anche per il ruolo che il Cardinale Saldarini sta svolgendo come Presidente del Comitato di preparazione all’assise che la Chiesa italiana si appresta a vivere nel capoluogo siciliano, dove si insisterà sul Vangelo della Carità.
Nel corso dell’omelia, il Cardinale Saldarini ha coniugato nuovamente l’aggancio ideale con Don Bosco, incentrando poi il suo intervento sul percorso di Maria, Madre del Cristo, tracciato in particolare dall’Evangelista Luca: dal primo "sì" di Maria, dal suo primo riconoscimento del posto che Dio le aveva assegnato, emerge la sua vocazione.
Ed è una vocazione cristiana che si manifesta con costanza, perché si tratta di una chiamata liberamente accettata, senza riserve e senza diritti. "Maria - ha detto testualmente l’Arcivescovo di Torino – ci apre al "Vangelo della Carità" ed alla missione di annunciarlo. Il Convegno di Palermo ci chiama ad annunciare questo Vangelo della carità, che è davvero capace di rifare il tessuto della vicenda storica.
Amare è fare storia, non solo curare la storia. L’incontro di Palermo al quale ci stiamo preparando, mette i cristiani dinanzi all’imperativo ineludibile di rispondere alla situazione negativa nell’unico modo realistico, che è l’impegno alla santità, che Dio chiede per bocca della Chiesa. La Vergine del Rosario ci aiuti ad accogliere e a vivere questa chiamata e con la preghiera del Rosario sappiamo di poter ottenere questa grazia, poiché, come ci ricordava Paolo VI, il Rosario è "compendio di tutto quanto il Vangelo" (MC, 42)".
Si tratta, in definitiva, di far sì che il Vangelo della carità diventi vita vissuta e la nostra casa umana sarà casa di amore per tutti.
Abbiamo detto di una Pompei in festa, di una Pompei in preghiera, di una Pompei riunita intorno alla Basilica.
In fondo, tutto quello che si muove intorno al grande raduno, al grande incontro con la Madonna di Pompei è legato alla disponibilità personale, allo spirito di servizio degli organizzatori, al senso dell’accoglienza, al significato stesso che assumono pane e vino nell’Eucarestia, elementi semplici è vero, ma quanto faticosi da procurare; è legato ancora il quotidiano impegno dei giovani del Coro Pompeiano, che segue passo passo ogni evento religioso o civile, che avviene nella città, trova punti di riferimento nella responsabilità del clero e delle autorità civili.
Pompei, miniera dello spirito
Un antico adagio afferma che solo le montagne non si incontrano, gli uomini, invece, si e quando meno se lo aspettano: è accaduto a noi, domenica 1° ottobre, giorno della recita della Supplica.
In mezzo alla folla un signore ci saluta e poiché non lo conosciamo, egli si avvicina e si presenta.
"Nel maggio del 1980, ci ha detto, venni a Pompei per accompagnare mio figlio per il gemellaggio tra la classe da lui frequentata a Druento (Torino), comune di residenza, con alunni di una classe parallela (cl. V) del 1° Circolo di Pompei.
Beneficiammo di un’accoglienza molto cordiale.
Conoscevo Pompei come grande centro archeologico, mentre, non essendo credente, nulla sapevo della Pompei che era sorta intorno al Santuario. Durante quella mia prima visita mi avvicinai a questa realtà religiosa o sociale, ma non pensavo che sarei ritornato da allora, ogni anno, inconsapevolmente interessato a vivere l’esperienza di questa grande folla di fedeli che da ogni parte d’Italia e dall’estero si presentano per ripetere all’unisono le parole della Supplica".
Una testimonianza che potrebbe anche diventare testimonianza di fede, di riconoscimento.
"Vengo da Pietramurata in provincia di Trento: sono partito ieri sera da Trento per raggiungere Messina, direttamente. A Roma sono salite in gruppo più di un centinaio di persone: cantavano canzoncine sacre, erano così allegri da suscitare la mia curiosità: Ho chiesto loro dove andassero: "A Pompei" hanno risposto. "Agli Scavi? Ho replicato: "No, andiamo a pregare la Madonna; a Pompei, oggi, si recita la Supplica".
La gioiosa comitiva mi ha coinvolto al punto che, un po’ prima della stazione di Pompei, qualcuno ha avanzato l’invito: "Perché non scende con noi, passerà una giornata serena… si tratta solo di prendere questa sera un altro treno per Messina…"!
E mi sono trovato qui, senza averlo assolutamente programmato, attratto dalla genuinità del comportamento di quei pellegrini e nello stesso tempo preso dal desiderio di vivere un’esperienza diretta con il Santuario, del quale avevo sentito parlare dai miei familiari. A Messina giungerò ugualmente arricchito di qualcosa… in più. Ho visto giovani e meno giovani, uomini e donne, ho ascoltato i canti, ho partecipato alla Messa, ho ascoltato l’omelia in un’atmosfera, diciamo, suggestiva nel fervore religioso, ma anche nella gioia del grande incontro fra persone".
(Autore: Luigi Leone)


"Maggio 1996" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eccellenza Mons. Giovanni Battista Re - Sostituto alla Segreteria di Stato del Vaticano

Con Maria, la terra ricomincia a fiorire

Monsignor Re ha definito Bartolo Longo "un singolare maestro di pietà mariana e grande testimone di carità, che alla scuola di Maria ha imparato non solo a chiedere grazie ma a farsi strumento di grazia".
Sua Eccellenza, Mons. Giovanni Battista Re, Sostituto della segreteria di Stato del Vaticano, ha presieduto la solenne concelebrazione eucaristica e la recita della Supplica alla vergine del Rosario di Pompei in occasione della festa dell’otto di maggio. Di seguito l’omelia da Lui pronunciata durante la celebrazione.
La stupenda pagina del Vangelo che è stato proclamato parla con particolare intensità a noi che oggi siamo riuniti davanti a questo grandioso tempio, voluto dall’intrepida fede del Beato Bartolo Longo per celebrare le glorie della Regina del Rosario.
Il Vangelo ci porta col pensiero e col cuore in Palestina, che allora era un angolo lontano, periferico dell’impero romano. Era un giorno non dissimile da tanti altri. La vita scorreva tranquilla, forse monotona, a Nazareth come a Roma e ad Atene. Sembrava un giorno come tutti gli altri, ma, nei disegni di Dio, quel giorno segnava quella che San Pietro chiamerà la pienezza del tempo.
Dio invia l’Arcangelo Gabriele a portare il più grande annuncio della storia: Dio si sarebbe fatto uomo. Ne chiedeva consenso alla vergine Maria.
È certamente il più grande annuncio della storia!
Certo è stato un momento importante quando il mondo ha cominciato ad esistere (gli uomini di scienza collocano tale avvenimento sempre più lontano nel tempo); momento importante quando sulla terra è apparsa la vita; quando Dio ha creato il primo uomo e la prima donna. Ma tutto questo è nulla in confronto a Dio che si fa uomo.
- Ai piedi della Vergine del Rosario, in questo giorno solenne in cui da tutto il mondo la si invoca, le parole dell’Arcangelo appena ascoltate – "ti saluto, o pirena di grazia" – acquistano una particolare intensità, e lasciano più facilmente trasparire il senso profondo che hanno nel contesto evangelico: "Gioisci, rallegrati, o piena di grazia"!
Ciò che infatti l’angelo annuncia a Maria è la grande gioia messianica.
La gioia dell’incarnazione del Figlio di Dio: "Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù".
In Maria, Dio si è fatto vicino: è l’Emmanuele, il Dio con noi, in lei la nostra terra, la "valle di lacrime", riprende a fiorire. Sul volto dei figli di Eva rinasce il sorriso.
- "Ave Maria". Ogni volta che lo scorrere del Rosario ci mette sulle labbra questo saluto, noi ci poniamo sulle orme di Gabriele, entriamo in sintonia con il "fiat" di Maria, contempliamo l’evento dell’incarnazione che si compie nel suo seno.
Nell’offrirvi qualche considerazione su questo mistero, il primo proposto dalla Corona, mi piace prendere ispirazione dall’Icona che si venera qui a Pompei e che ci offre spunti suggestivi per comprenderla in profondità.
E l’ispirazione di fondo viene dal volto stesso di Maria, da quei lineamenti insieme maestosi e teneri che ci fanno sentire, davanti a questa immagine mariana, come avvolti e protetti dall’amore materno. Disse molto bene Paolo VI nel 1965, in occasione dell’incoronazione della Vergine dopo il restauro compiuto dai monaci olivetani, quando osservò che l’immagine di Maria riprodotta in questo quadro dà la dolce e attraente impressione di una figura insieme "materna e regale" (OR 24 aprile 1965).
- Maternità e regalità! È questa la peculiare prospettiva che Pompei ci offre per rimeditare l’evento dell’annunciazione.
Da questo angolo visuale, il saluto angelico ci appare come l’intonazione di un cantico di lode alla Madre di Dio, un cantico che, cominciato a Nazareth, non si è mai più interrotto sulle labbra del popolo cristiano. In esso cielo e terra si accordano, e la chiesa peregrinante si muove all’unisono con gli angeli e i santi.
Ma questa prospettiva – a dir così -  di Paradiso non deve farci dimenticare l’intensa umanità di Maria che, nel racconto di S. Luca, emerge immediatamente al saluto dell’angelo: la Vergine è turbata, alle prese col mistero che la supera e quasi la travolge, bisognosa di capire un disegno che mai avrebbe potuto sospettare: "Come avverrà questo?".
È bello contemplare questo turbamento di Maria, che ce la fa sentire, prima che madre, sorella nella fede.
Maria ci ha preceduti nella "peregrinazione della fede". Anche per l’incontro col mistero non è stato facile. Abbandonarsi al disegno di Dio fu, umanamente, un salto nel buio. La sua grandezza è nel docile e generoso "fiat" che pronuncia, come vera "serva" del Signore: "avvenga di me quello che hai detto".
È in forza di questo "fiat" che ella diventa madre e regina!
Quante altre volte, dopo l’annunciazione, nel cuore di Maria dovettero affiorare interrogativi struggenti. Lo stesso evangelista ce ne dà un saggio quando, nell’episodio di Gesù dodicenne al tempio, mette sulle labbra della Madre una domanda carica di angoscia: "Perché ci hai fatto questo?".
Un interrogativo ancor più amaro possiamo intuirlo nel suo dolore muto sul Golgota: la regalità materna di Maria passa per il crogiuolo della croce, si forgia nelle asprezze di un lungo cammino di fede.
Il "fiat" di Maria aiuta anche noi ad avanzare nella peregrinazione della fede, pronunciando ogni giorno il "fiat" dell’adesione ai disegni di Dio su di noi, convinti che il nostro destino è iscritto nella mente e nel cuore di Dio.
- Ma nell’icona che sta sotto i nostri occhi, questo cammino sta, in certo senso, sullo sfondo. È messo invece in primo piano un altro aspetto, direi un "secondo tempo" del "fiat" di Maria. Davanti a lei non è raffigurato l’angelo: c’è piuttosto la Chiesa, rappresentata da S. Domenico e S. Caterina. Il volto di Maria non è più quello turbato dalla fanciulla di Nazareth, ma quello della Madre china sui suoi figli. Il frutto del suo "fiat" – Gesù – non è nascosto nell’intimità del suo grembo, come ai primi istanti del concepimento verginale, ma posto sulle sue ginocchia, offerto all’adorazione del mondo. E da entrambi, Madre e Figlio, pende il rosario, che ancora Paolo VI vide come una "catena di salvezza che indica donde scende a noi ogni grazia e per dove deve a noi salire ogni speranza".
Rileggendo queste parole in rapporto al tema dell’annunciazione, mi viene da pensare che nell’icona di Pompei in qualche modo la parte di Maria sia come ribaltata. Qui ella non è più destinataria dell’annuncio, ma piuttosto "annunciatrice", e destinatari dell’annuncio siamo noi, i suoi figli, prostrati ai suoi piedi.
A noi infatti ella proclama il mistero compiuto nel suo seno. A noi chiede di ripetere il "fiat".
Lo fa con lo sguardo suadente, tipico della premura materna. Sembra dirci: aggrappatevi a questa corda di salvataggio, salite all’altezza del mio cuore, venite dal mio figlio Divino dal quale sgorga la salvezza del mondo.
E che cosa è il Rosario, cari fratelli e sorelle, se non una via semplice per andare a Cristo, lasciamoci portare per mano da Maria?
- Sì, lasciamoci riconsegnare dalla nostra Madre celeste questa preghiera facile e bella, che ha accompagnato generazioni e generazioni cristiane. Essa non ha perso nulla del suo valore, anche tra i ritmi della nostra società tecnologica. Se è vero che, tra le preghiere, il primo posto va alla liturgia, fonte e culmine della vita ecclesiale, non è meno vero che, tra le devozioni del popolo di Dio, al Rosario spetta un posto d’onore. Esso è "catena dolce che ci riannoda a Dio", secondo la bella espressione di Bartolo Longo, "vincolo di amore che ci unisce agli angeli", "torre di salvezza" e "porto sicuro", perché ci affida all’intercessione potente di Maria e ottiene la grazia che ci salva.
Riscopriamo, dunque, il Rosario.
Sentiamolo come un anglo di contemplazione da assicurare quasi come boccata di ossigeno alle nostre giornate. Facciamone un vincolo di unità per le nostre famiglie: Pratichiamolo come preghiera che ci accompagna nei nostri viaggi, che si insinua tra un’occupazione e l’altra quasi ad immettere piccoli squarci di cielo nel grigiore della routine quotidiana.
Nella casa di Manzoni a Milano, appena in capo al letto si vede ancora oggi la sua corona: la recitava abitualmente. E nei "Promessi Sposi" la sua Lucia, nel momento drammatico della sua
vita, tira fuori la corona e recita il rosario… "e le spuntò in cuore come un’improvvisa speranza".
- ma il santo Rosario che Maria ci ripropone non può essere dissociato da un’altra esigente "consegna", una consegna di amore, che pochi hanno così ben interpretato come Bartolo Longo, quando ha voluto far nascere, intorno al Santuario di Pompei, una vera cittadella della carità.
Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario della sua morte. Col passare del tempo, siamo in grado di apprezzare ancora di più la grande intuizione del Beato.
Egli sentì che non si poteva erigere un trono alla Madre, senza render bella, accogliente, ricca di amore, anche la casa dei figli; non si poteva elevare un tempio; senza circondarlo di un grande spazio di fraternità, dove i più poveri, i bambini, gli abbandonati, gli orfani, i figli dei carcerati, si sentissero a casa loro, sotto la protezione materna della Vergine. Si tradirebbe dunque la memoria di questo grande innamorato di Maria, se non se ne accogliesse il messaggio globale. Qui a Pompei tutto parla di lui: è tale il segno da lui lasciato che sembra ancora di vederlo in contemplazione estatica aggrappato alla sua corona, ad irradiare l’amore per la Vergine Santa.
Ma questo singolare maestro di pietà mariana è insieme un grande testimone di carità. Alla scuola di Maria ha imparato non solo a "chiedere grazie", ma a farsi strumento di grazia, rimboccandosi le maniche per tutti i bisogni di questo territorio. E come non vedere l’urgenza di tale consegna, in questa terra ricca di storia, ma purtroppo ancora provata, con tutto il Mezzogiorno d’Italia, da tanti problemi sociali?
Il Rosario che Maria ci mette tra le mani è dunque anche un caldo invito all’impegno: un invito alla coerenza cristiana da testimoniare in tutti gli ambiti della vita – personale, familiare e sociale – perché il Vangelo possa diventare progetto di una società ispirata alla giustizia e alla fraternità, fermento di una nuova cultura, come la Chiesa italiana ha sottolineato recentemente nel Convegno di Palermo.
Anche su questo versante Maria ci chiede un "fiat". La Supplica che tra poco reciteremo sia insieme un’implorazione ardente e un proposito di vita. E certo non potrà negarci la sua benedizione, colei che invochiamo come Sovrana del Cielo e della Terra, Regina delle Vittorie, ma soprattutto come la Madre nostra, la nostra Avvocata, la nostra speranza.

(Autore: Mons. Giovanni Battista Re – Sostituto alla Segreteria di Stato)
La Supplica alla Vergine: un atto d’Amore che si rinnova

"Vi ringrazio, perché siete rimasti tutti qui, senza farvi spaventare dalla pioggia, che ci ha accompagnato": questa la nota di affettuoso riscontro, rivolta ai fedeli che gremivano la piazza Bartolo Longo da S. Ecc. za Mons. Giovanni Battista Re, sostituto della Segreteria di Stato, prima di impartire loro la benedizione in nome del Pontefice.
Abbiamo voluto ricordare in apertura questo particolare, perché anche dalle piccole cose, da certi comportamenti immediati, partono significativi segnali del nostro grado di partecipare, di agire, di credere.
Siamo in Maggio, mese che la Chiesa dedica alla Madre del Cristo; ma siamo anche nel mese in cui la storia del Santuario mariano nel suo procedere strutturale e nelle sue tappe religiose e civili presenta più date, corrispondenti ad altrettante ricorrenze ed alla stessa preghiera della Supplica.
L’8 Maggio, uno degli appuntamenti ufficiali dell’anno con la Madonna di Pompei, ricorda, ad esempio, la posa della prima pietra (1876), l’8 Maggio del 1883 fu benedetta la prima campana, sempre nello stesso mese viene inaugurata la facciata del Santuario (1901) e l’8 Maggio del 1926, Pio XI conferisce al Prelato di Pompei la giurisdizione ordinaria (Beatissimae Virginis).
Un percorso storico al quale si accompagnano tutte le realizzazioni sociali del Santuario e che si svolge nella costante, crescente devozione alla Madonna, attraverso la "catena dolce" del Rosario. Sono alcune memorie del passato, che si rinvigoriscono nel tempo e che si proiettano al futuro.
Quest’anno al significato di queste linee portanti del disegno, concepito dal Beato Bartolo Longo, Pompei nell’anno dedicato al Fondatore, perché siamo nel settantesimo dopo la sua dipartita, si presenta con il proposito specifico di rinnovare il suo impegno di riconoscenza, sollecitando se stessa ed i rosarianti ad "insinuare tra un’occupazione e l’altra la recita del Rosario".
Il pensiero doveva cioè riprendere il momento iniziale della sua stessa storia e rivedere, risentire Bartolo Longo, che, sulla via Arpaja, immerso nei suoi pensieri e nelle sue angosce, si sente raggiunto da una voce che dice: "Propaga il Rosario e sarai salvato".
L’assemblea dei fedeli di ogni età e di diversa provenienza, radunata dinanzi al Santuario, la famiglia dei giovani delle opere e dei loro educatori, le autorità civili e militari, i cavalieri e le dame del Santo Sepolcro delle delegazioni di Caserta e di Pompei, i pellegrinaggi organizzati costituivano là, sotto la pioggia, gli interlocutori della Madonna e del Rosario.
A quella assemblea, che voleva essere espressione di testimonianza, ma anche di ascolto, Mons. Francesco Saverio Toppi ha presentato colui che avrebbe presieduto la concelebrazione eucaristica: una presenza significativa se si considera che Monsignor Giovanni Battista Re è il sostituto della Segreteria di Stato della Città del Vaticano.
La folla deve aver avvertito anche questo particolare, se si guarda, come dicevamo, al raccoglimento espresso nonostante l’intemperanza metereologica.
La concelebrazione è stata introdotta dal "Magnificat", l’inno più intimamente collegato, come vedremo, alla pagina del Vangelo, che sarà oggetto dell’omelia,
Una pagina, dirà Mons. Re nel suo intervento che parla intensamente "a noi che siamo riuniti davanti a questo grandioso tempio, voluto dall’intrepida fede del Beato Bartolo Longo, per celebrare le glorie della regina del Rosario".
L’omelia, nei suoi progressivi passaggi, può essere definita con l’esplicita esortazione all’uomo contemporaneo di tenere viva nella memoria la figura di Maria in tutta la sua umanità, in tutti i contrastanti sentimenti, che avvertirà da quel primo "fiat", che non sarà l’ultimo, per trarre esempio dal suo cammino. Nessun uomo può meravigliarsi, quindi, delle difficoltà che incontra durante il pellegrinaggio della fede, per confermarsi in essa, per darne testimonianza: oggi le difficoltà sono certamente più numerose, più evidenti del passato.
In questo anno che celebriamo Bartolo Longo, "uomo di preghiera, che si fa vita e missione trainante nel popolo e in tutti i ceti sociali, soprattutto con il Santo Rosario pregato, meditato, vissuto", da Pompei parte, allora, un invito all’amore ed alla solidarietà: "lasciamoci portare per mano da Maria attraverso la via del Rosario come ha fatto il Fondatore della Nuova Pompei, come hanno fatto tantissimi altri prima e dopo di lui: questa preghiera facile e bella non ha perso nulla del suo valore, anche tra i ritmi della nostra società tecnologica".
Così che è possibile affermare che la corona del Rosario ha, per così dire, il dono dell’ubiquità: la troviamo fra le mani delle persone più umili, come quelle delle persone più elevate: Manzoni recitava il Rosario e chi scrive ricorda di aver avuto sotto gli occhi, in un quadretto d’epoca, Rosmini, mentre celebra la Messa, Manzoni che la serve con il Rosario in mano, Giuseppe Verdi che suona.
"Nella casa dello stesso Manzoni – ha detto Mons. Giovanni Battista Re – a Milano c’è la Corona in capo al letto e nel suo romanzo (I promessi sposi) Lucia, nel momento più drammatico della sua vita tira fuori la corona del Rosario".
I misteri nei loro quadri non sono inspiegabili in sé e per sé, tanto essi avvicinano chi li ripete e li considera al cammino umano di Maria a quella parte di viatico terreno del Cristo, per giungere progressivamente agli obiettivi finali trascendenti l’umano.
Nella Supplica che si recita a Pompei il riferimento al Rosario è insistente: si presenta come implorazione, ma anche e soprattutto come proposito di vita, come invito a seguire il Vangelo nel
suo progetto perenne di giustizia e di fraternità. La giustizia per i deboli, la fraternità e la pace fra i popoli, la carità, la solidarietà sono tutti termini che lo stesso Convegno Ecclesiale di Palermo (Il Vangelo della Carità per una nuova società in Italia) ha ripreso in termini propositivi, in termini di servizio, nello spirito e nella sostanza degli insegnamenti insiti nel Rosario di Maria.
In quest’ottica si inquadra la folla orante, nel giorno della Supplica a Pompei, quella non presente che ha potuto seguire la ripresa dell’evento, quella ancora dei rosarianti spiritualmente uniti in questo inno alla Madonna, concepito da un laico con il cuore da innamorato.
Da questa presenza scaturisce "insinuando il Rosario fra un’occupazione e l’altra".
E vogliamo chiudere il nostro articolo con una testimonianza che abbiamo personalmente ricevuta dalla signora G. M. di Messina, giunta a Pompei con il suo figlio cerebroleso.
L’abbiamo visto e osservato sotto il braccio forte della mamma, mentre si avviava verso l’auto parcheggiata sulla via Lepanto: attratti dagli atteggiamenti di quel ragazzo (10 anni), abbiamo chiesta alla madre con cauto interesse, qualche chiarimento.
"Sono venuta per la prima volta a Pompei, anche se sono da sempre devota alla Madonna. La mia vita è tutta una storia: felicemente sposata attendevo questo figlio. Al quinto mese di gravidanza, colpita dalla varicella, avrei dovuto interrompere la gravidanza; lo dissero i medici, lo chiedeva mio marito, mia suocera, diciamo tutti.
Non volli ascoltare nessuno, pur sapendone le conseguenze: ero decisa ad affrontarle e ho messo al mondo Michele. Mio marito mi ha abbandonata ed insieme a lui altri familiari.
Ma in questi 10 anni di lotta, di sacrifici e di rinunzie ho avuto l’aiuto della Madonna di Pompei, alla quale mi sono rivolta. Lei attraverso tanti provvidenziali canali mi ha sostenuta: io vivo con Michele e per Michele osservando giorno per giorno i risultati del suo recupero, che sono evidenti. Sono venuta a ringraziare e a chiedere alla vergine del Rosario la forza di perseverare. Ce ne torniamo a casa con qualcosa dentro che non so descrivere, ma che mi fa tanto bene".
Abbiamo accarezzato Michele con commozione all’antivigilia della festa che la società dedica alla mamma: nessun esempio poteva essere più edificante!

(Autore: Luigi Leone)


"Ottobre 1996" L'Ora del Mondo

Presiede: Sua Eminenza il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato di S.S. Giovanni Paoli II

6 Ottobre 1996: la Supplica: una sola voce sulle vie del mondo intero
La Preghiera di un popolo

Sempre uguale, sempre diversa. Umile e solenne invocazione dei poveri, grido affranto e drammatico dei peccatori, cantico di una fede popolare, e icona di mani giunte e di sguardi levati al cielo: la Supplica è una preghiera con uno spartito senza note basse.
È l’anima che prega; l’anima di un popolo, del popolo della Vergine del Rosario. E, quindi di Pompei.
È da qui che la Supplica prende le sue vie nel mondo, diffondendosi come una sola accorata voce in cerca di aiuto e di conforto, di coraggio e di speranza: tutto ciò che non può chiedersi che a una madre, come Bartolo Longo – spingendo la sua fede oltre i confini della landa desolata che gli stava davanti – continua ancora oggi a testimoniare.
Tra le tante che spingono fin dove la devozione guida i suoi imperscrutabili passi, c’era nella prima Domenica di ottobre del ’90, una strada spalancata verso Piazza San Pietro, dove il Papa presiedeva la Beatificazione di 13 coraggiosi testimoni; e s’apprestava ad aggiungere – per sé – la testimonianza di un altro pellegrinaggio, sulle strade della sofferenza.
È il legame tra la piazza del Santuario della Vergine e l’altra. Il Santuario della fede apostolica, non era mai stato così intenso e ricco di palpiti.
A guidare la recita della Supplica, dopo la solenne concelebrazione eucaristica, il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, il più diretto e immediato collaboratore del Santo Padre.
Nessuno più del Cardinale Sodano poteva non solo rappresentare, ma rendere in qualche modo "presente" Giovanni Paolo II in una preghiera di cui aveva larga parte. Nella Domenica della Supplica il Papa varcava ancora una volta l’ingresso del Gemelli, per un nuovo ricovero.
Le coincidenze sono segni, spesso misteriosi, dei quali la spiritualità si nutre.
Giovanni Paolo II aveva appena concluso il suo primo anno di Pontificato quando "venne a consegnare alla Vergine Santa le primizie delle sue fatiche": le parole del Cardinale Sodano, ben oltre il saluto, rendevano il segno di un nuovo affidamento, sull’onda di quella tenerissima confessione che il Papa anche qui venne ad offrire, esattamente 17 anni fa: "sono venuto per sciogliere quasi un mio segreto voto di pietà, di gratitudine, di amore".
Come non pensare a un voto che si rinnova? E come non fremere davanti all’invocazione della Regina delle Vittorie chiamata in soccorso, già nell’introduzione e nel saluto del Prelato, Mons. Toppo, alla salute e all’instancabile ministero di Giovanni Paolo II.
Pompei ha storia e cuore per interpretare a fondo i momenti in cui alla città mariana viene chiesto di erigere, a protezione di tutti, le inviolabili mura della preghiera. E nella Supplica di ottobre si è avvertita più che mai la fierezza di un popolo a mani giunte.
Una stupenda e, in qualche modo inattesa giornata di sole, ha reso tutto più vivo e più vero: i volti di una folla, segnati dalla fatica ma soprattutto dal fervore della veglia, la serenità e il silenzio del raccoglimento, la piazza e le strade tutt’intorno trasformate in umanissime trasposizioni di una comunità in assemblea e di un popolo in pellegrinaggio.
La folla è da sempre compagna di strada della Supplica. Fin dai primissimi passi quando, attraverso i lunghi corridoi interni della Basilica – con le mura tappezzate di migliaia di ex voto - la processione dei celebranti e il corteo aperto dal gonfalone della città, dai fanciulli delle Opere e dai Cavalieri del Santo Sepolcro già deve farsi largo per guadagnare lo spiraglio che conduce alla piazza. Ed è qui, nella spianata dove s’affaccia il Santuario, che è avvenuto anche Domenica il solare impatto tra i fedeli e l’altare.
Sempre uguale, sempre diversa, la Supplica ha parole antiche, forse anche arcaiche, per tempi ognora nuovi.
Regina delle Vittorie: la riflessione del Cardinale Sodano è stata tutta concentrata sul significato del titolo forse più caro a Bartolo Longo. Quale senso dare oggi alla "vittoria", e in che modo un tale titolo può essere accolto nella spiritualità mariana del dopo-Concilio?
Il Cardinale Segretario di Stato ha così offerto una meditazione alta e profonda coniugando alle speranze dell’oggi, le attese che in ogni cuore suscita la devozione alla Vergine.
"In un mondo già troppo segnato dalla violenza, la grande sfida da raccogliere – ha detto – è l’imperativo della pace, da perseguire ad ogni costo.
La pace non come semplice aspirazione o sentimento, ma come risultato, in positivo, di quell’eterna lotta tra il bene e il male che si svolge nel mondo, e che si combatte non solo intorno
a noi, ma dentro di noi.
Accanto all’altare della Supplica ogni parola sembra rivestirsi di una solennità tutta particolare. È il clima carico di preghiera a creare una mirabile sintonia che si diffonde tutt’intorno e che dà un senso sempre nuovo e compiuto a ogni momento della celebrazione mariana.
E ancora un altro motivo ha poi contribuito a rendere più viva e toccante la Supplica di ottobre: il Segretario di Stato ha portato con sé, oltre l’affettuoso saluto, anche la lettera del Papa per il centenario delle Suore Domenicane, Figlie del Santo Rosario di Pompei.
È stato il vicario generale della Prelatura, Mons. Baldassarre Cuomo – uno dei concelebranti, con Mons. Giuseppe Pinto a dare lettura del messaggio di Giovanni Paolo II indirizzato al Prelato, Mons. Francesco Saverio Toppo e consegnato anche alla Superiora Generale dell’Istituto, Suor Maria Colomba Russo.
L’anno centenario delle suore fondate da Bartolo Longo è un’altra grande tappa nella vita spirituale della città di Maria. È una presenza che indica le due grandi strade che da Pompei si dipartono in tutto il mondo: quella della preghiera, attraverso la recita e la propagazione del Rosario, e quella della carità che si esprime nello straordinario complesso delle Opere sociali.
Viene facile, di fronte alla realtà pompeiana, parlare di "miracolo"; ed è parso ancora più naturale chiamare in causa la Provvidenza dopo l’ennesima giornata in cui la città mariana ha saputo offrire al mondo i segni della sua vitalità.

(Autore: Angelo Scelzo)
Il Saluto del Delegato Pontificio

Quale Delegato Pontificio per il Santuario della Beata Vergine del Rosario di Pompei ho l’onore e la gioia di presentare e ringraziare solennemente S. Em.za Rev.ma il Signor Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato di S.S. Giovanni Paoli II, che ha accettato di venire a presiedere la liturgia della Supplica.
Abbiamo con noi Colui che accanto al Papa e nella qualifica collaborazione guida il cammino della
Chiesa tra le vicende così complesse del mondo di oggi. Da Uomo di Dio e in piena sintonia con lo spirito del Beato Bartolo Longo, l’Eminenza Cardinale Segretario di Stato proclamerà la preghiera-Supplica che in un abbraccio universale affida alla Vergine Maria le sorti dell’umanità e della Chiesa.
Sarà presente in primo luogo il S. Padre Giovanni Paolo II che si è dichiarato nel suo stemma "totus tuus", tutto consacrato, appartenente a Maria. La Mamma celeste, ne siamo certi, gli farà avvertire in questo momento delicato la sua predilezione, anche come risposta alla nostra corale, fiduciosa preghiera.
Grazie, Eminenza! Siamo con Lei nella preghiera; con Lei nell’ascolto della Parola che vorrà illuminare il nostro cammino!

Il Saluto delle Opere
Pompei, 6 Ottobre 1996
Eminenza Reverendissima,
le note dell’Inno d’Italia e della Marcia pontificia, eseguiti dal Complesso Bandistico del Centro Educativo "Bartolo Longo", le hanno già porto degnamente il saluto di benvenuto tra noi, alunne ed alunni dei centri Educativi pompeiani.
È con profonda commozione ed orgoglio che rappresento le mie compagne e i miei compagni; forse si avverte qualche tremolio nella voce, ma se sentisse il battito del mio cuore! ... Cosa possiamo dire ad una persona così importante?
Tutti noi siamo gioiosi ed esultanti, perché, oggi, in Lei vediamo l’amata persona del Santo Padre il Papa e perciò vogliamo ringraziarla della benevolenza e dell’interesse mostrato nei nostri
confronti.
Racconteremo a tutti di aver incontrato e conosciuto il Signor Cardinale Segretario di Stato; diremo che egli è stato qui in mezzo a noi, che gli abbiamo parlato e che si è interessato di tutti noi.
In questi giorni i nostri Superiori parlavano della sua venuta a Pompei con profonda venerazione per la sua persona e ora che anche noi abbiamo avuto la fortuna di conoscerla condividiamo quei sentimenti di stima e di venerazione, e sentiamo anche di volerle un sacco di bene.
Grazie, Eminenza, per tutto! Queste aiuole di fiori, volute dal nostro Beato Fondatore Bartolo Longo intorno al Trono della regina del Rosario, assicurano devozione e preghiere ferventi per la salute del Santo Padre il Papa, al quale inviamo filiali auguri di pronta e completa guarigione e a Lei un ricordo caro e riconoscente,
Ritorni a trovarci e saremo felici. Le auguriamo il sorriso benedicente della Madonna.
Con affetto
                                                                                             
Le alunne e gli alunni
                                                               Delle Opere Pompeiani

Testo dell'Omelia del Cardinale Angelo Sodano
La Regina delle Vittorie aurora del Regno di Dio
Pubblichiamo di seguito il testo dell'omelia che il Cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato di Sua Santità, ha pronunciato durante la celebrazione eucaristica che ha preceduto la recita corale della Supplica alla Vergine del Rosario di Pompei.
Venerato fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
Fratelli e sorelle nel Signore,
"L'anima mia magnifica il Signore!". Con le parole di Maria esprimo la mia gioia per questo incontro di preghiera, che ci vede stretti come figli intorno alla Madre, in questo tempio da Lei voluto come centro di irradiazione mondiale della devozione al santo Rosario.
Vi porto il saluto del Santo Padre, che serba viva nella memoria la visita che egli fece a questo Santuario il 21 ottobre 1979.
Allora egli aveva appena concluso il primo anno del suo ministero di Successore di Pietro e veniva a consegnare alla Vergine Santa le primizie delle sue fatiche. Confidò, in quella occasione: "sono venuto per sciogliere quasi un mio segreto voto di pietà, di gratitudine e di amore".
Il "Papa della Madonna" si metteva sulle orme dell’uomo della Madonna, come egli stesso, di lì ad un anno, in occasione della beatificazione, avrebbe definito Bartolo Longo, fondatore di quest’oasi mariana. Vogliamo oggi vivere questa celebrazione eucaristica, con una speciale intensità di affetto e di preghiera per il Sommo Pontefice. Alla "Regina delle vittorie" affidiamo la sua salute e il suo instancabile ministero.
La vittoria di Maria
È proprio su questo titolo di "Regina delle vittorie", tema dominante della supplica che tra poco reciteremo, desidero offrire qualche riflessione.
Questo titolo mariano particolarmente caro al nostro Beato, che si poneva così nel solco di quella lunga tradizione di fede, che aveva visto nascere la festa della Beata Vergine del Rosario in connessione con la vittoria di Lepanto del 1571.
In occasione della celebre battaglia, la comunità cristiana aveva avvertito la speciale protezione della Madre di Dio, sentendola come "auxilium christianorum".
S. Pio V, consegnando alla memoria liturgica lo storico evento, interpretava il comune sentire il comune sentire del popolo di Dio, sempre desideroso di cantare le glorie di Maria.
Ma che cosa dice a noi, oggi, il titolo di "Regina delle vittorie"? Lo possiamo considerare significativo anche nella nostra spiritualità mariana "post - conciliare"? A quali "vittorie" esso deve farci pensare? Oggi, grazie a Dio, non sono più da combattere guerre a difesa della cristianità.
In un mondo già troppo segnato dalla violenza, la grande sfida da raccogliere è l’imperativo della pace, da perseguire ad ogni costo. Non sono vittorie militari e successi temporali che ci possono arridere.
Ma questo titolo mariano non ha perso il suo significato, se lo cogliamo in un’ottica più profonda e interiore. Al di là dei conflitti esteriori, infatti, rimane la guerra tra il bene e il male che si combatte sempre nel mondo. Si combatte non solo intorno a noi, ma dentro ciascuno di noi.
La storia di questa lotta risale agli albori dell’umanità, quando il cedimento dei progenitori alla tentazione venne a turbare il progetto di Dio e aprì nella natura umana una ferita profonda, che solo la redenzione di Cristo avrebbe potuto rimarginare.
È in questo grandioso dramma di caduta e redenzione, che si inserisce il tema della vittoria. Tema profondamente biblico. Tema, prima ancora che mariano, "cristologico".
Nel vangelo di Giovanni è Cristo stesso che ce lo presenta, additando se stesso come il vincitore, e perciò fondamento incrollabile della nostra fiducia: "Nel mondo avrete tribolazioni; ma abbiate fiducia, io ho vinto il mondo" (Gv 16,33).
La nostra lotta
La vittoria di Cristo non può non coinvolgere anche tutti i suoi discepoli.
Lo stesso evangelista nella sua prima lettera ci ricorda: "tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo; questa la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede" (1 Gv 4,4). San Paolo poi paragona la vita cristiana a una gara, in cui tutti siamo chiamati a correre per conseguire la vittoria (cf. 1 Cor 9,24).
Nel libro dell’Apocalisse infine è promesso il premio a colui che vince nella grande lotta della fede: "Il vincitore lo farò sedere presso di me, sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono" (Ap 3,21).
Insomma, se il male c’è, dentro e fuori di noi – e sarebbe tragica cecità non vederlo! Anche la vittoria sul male è a portata di mano, se noi lo vogliamo.
È la vittoria di Cristo che diventa la nostra vittoria.
Su questo sfondo biblico e cristologico acquista il suo vero senso anche il titolo mariano che stiamo considerando.
Regina delle vittorie, infatti, Maria lo è davvero, perché con la sua potente intercessione – "onnipotente per grazia", come ricorda nella Supplica Bartolo Longo – ci aiuta a vincere la nostra difficile e quotidiana battaglia contro il male, difendendoci dagli assalti di Satana e venendoci incontro con tenerezza di Madre in tutte le nostre difficoltà.
Ma lo è anche perché modello della nostra vittoria. In Lei la Redenzione ha portato il suo frutto più maturo. In Lei il peccato non ha attecchito e la morte non ha potuto vincere. Il Lei ricomincia la storia della vittoria prodotta dal peccato.
La nostra vittoria
In quest’ottica possiamo rileggere anche i brani della Parola di Dio che sono stati appena proclamati.
Che cosa è il mistero dell’Annunciazione, se non l’aurora di questa grande vittoria? È illuminante porre questo brano di Luca a confronto col racconto biblico del primo peccato.
Agli inizi della storia, c’è una donna, che cede alle lusinghe diaboliche, aprendo una voragine nel mondo.
Nell’Annunciazione c’è la nuova donna, che col suo "fiat" presta a Dio l’obbedienza negata ad Eva e fa così "spazio" all’incarnazione e alla redenzione: "Ecco, sono la serva del Signore: avvenga di me quello che hai detto". Queste parole, espressione viva di fede di Maria, sono l’inizio della vittoria, aprono nel mondo la strada della vittoria.
È la strada che porta a quella stupenda immagine della vita ecclesiale, che ci è stata tratteggiata dagli Atti degli Apostoli: "l’icona della Chiesa raccolta intorno a Maria, in una mirabile unità, in attesa dello Spirito Santo (cf. At 1, 12-14).
È la strada che ha come meta finale la restituzione del mondo allo splendore del primigenio disegno di Dio, quello evocato dalla prima lettura nella grande lode della Speranza divina: la Sapienza creatrice, Sapienza effusa nel Verbo incarnato, e che trova in Maria, più che in ogni altra creatura, la sua "delizia" (cf. Pr 8, 22.31).
È bello dunque invocare Maria come "Regina delle vittorie". Non linguaggio trionfalistico di altri tempi.
C’è, in queste parole, una verità profonda, che ricorda l’aspra realtà della lotta, ma soprattutto suscita la speranza della vittoria.
Sono parole che si muovono sull’onda del Magnificat: "Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili…". Canto di vittoria e insieme inno alla misericordia!
Con l’arma del Rosario
La vittoria di Maria, riflesso puro di quella di Cristo, destinata ad essere anche la "nostra" vittoria. Il Rosario che Ella ci invita a recitare ne è come l’arma semplice quanto efficace.
Arma semplice, utilizzabile senza fatica da tutti i membri del popolo di Dio.
Arma benefica, che non ferisce ma risana, non uccide, ma restituisce la vita.
Arma efficace, a cui ben si applica la promessa di cristo: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto" (Lc 11,9).
Che cosa è infatti la tipica ripetizione delle formule nel Santo Rosario, se non preghiera insistente e fiduciosa, preghiera di figli?
Se questa è la promessa di Cristo, potremo non essere esauditi, se uniamo alla nostra invocazione l’intercessione potente di Maria?
Sì, questa preghiera semplice e tradizionale, così raccomandata dalla Chiesa, veramente da riscoprire, per i singoli e per le famiglia. È preghiera che ottiene grazie abbondanti, ma insieme preghiera che nutre, perché profondamente evangelica, come sottolinea Paolo VI nell’Esortazione Apostolica "Marialis cultus" (n. 44), essendo scandita e quasi "intessuta" dai misteri della vita di Cristo.
Con questa preghiera ci mettiamo in sintonia profonda con il "fiat" di Maria, impariamo ad amare Cristo col cuore di Maria.

Sull’esempio di Bartolo Longo
Oggi, qui a Pompei, ce la riconsegna ancora una volta il Beato Bartolo Longo, il grande apostolo del Rosario.
Delle vittorie di Maria – le vittorie del Santo Rosario -, egli ha fatto personalmente esperienza. La stessa costruzione di questo tempio ne è testimonianza, giacché essa fu una grande epopea di fede, maturata tra tante difficoltà, sostenuta dal sacrificio di tanti umili e anonimi devoti, con
l’evidente aiuto della vergine Santa. Quando, nel 1876, se ne ponevano le prime pietre, Pompei richiamava quasi soltanto l’antica città distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 d. C.
Con la fede intraprendente di Bartolo Longo è sorta la nuova Pompei, città di Maria, città del Rosario. Al santo Avvocato non sfuggì l’intensità anche simbolica di questo evento: il ruolo di Maria far rinascere la vita!
A Lei dunque affidiamo con fiducia i problemi, le lotte, le lacrime. Affidiamo alla sua intercessione la pace del mondo, l’unità delle famiglie, il bisogno di lavoro, che assilla soprattutto tanti giovani, l’urgenza di rinnovamento morale e civile della nostra Italia. Tutti i problemi non facili, ma per questo li presentiamo alla "Regina delle vittorie".
Il Rosario che Ella ci addita è quasi un "pegno" di grazia. Certo, esso non opera come una "bacchetta magica", non ci solleva dalle nostre responsabilità. Tutt’altro! Se lo recitiamo bene, è piuttosto un programma di vita e ci spinge ad un impegno serio, per infondere lo spirito del vangelo in ogni ambito dell’esistenza. Anche in questo ci è di esempio il Beato Bartolo Longo, che volle fare della cittadella del Rosario, una cittadella della carità, attraverso le molteplici opere sociali che qui fioriscono. Guardiamo dunque a Maria, con propositi rinnovati forti.
Supplichiamola con l’ardore del suo grande apostolo. Stringiamo il suo Rosario come "catena dolce che ci rannoda a Dio", e la "Regina delle vittorie" non lascerà mancare a noi, alle nostre famiglie, alla nostra società, la sua materna benedizione.


"Maggio 1997" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Ecc. il Card. Virgilio Noè - Vicario del Papa per il Vaticano

Maria, la strada per Gesù
Un clima di commossa e intensa spiritualità, ha caratterizzato l'incontro di migliaia di devoti accorsi a Pompei per recitare la preghiera alla Vergine del Rosario. La celebrazione è stata presieduta dal Cardinale Virgilio Noè.
Vivere la Supplica in preparazione del Grande Giubileo del 2000. Quest'anno la preghiera composta dal nostro Fondatore il Beato Bartolo Longo, è stata sentita, dalle migliaia di pellegrini giunti qui a Pompei da ogni dove, come un concreto passo avanti verso il Terzo Millennio perché Maria ci porta a Gesù, "unico Salvatore del mondo, ieri, oggi e sempre" tema propostoci dal Papa Giovanni Paolo II come riflessione per il primo dei tre anni di preparazione all’Anno Santo.
Il Cardinale Virgilio Noè, Vicario del Papa per il Vaticano, che ha presieduto la Santa Messa e la Supplica dell’8 maggio 1997, durante l’Omelia si è soffermato sullo spirito che è necessario crearsi dentro per poter recitare questa preghiera nel modo migliore.
Avere consapevolezza dei propri peccati, ed insieme constatare l’enorme peccato presente nel mondo. Chiedere quindi a Maria di Intercedere presso il Figlio Suo. È solo a lei, "Rifugio dei peccatori, Madre di misericordia, Avvocata nostra" che possiamo chiedere clemenza.
Ed è attraverso la Sua intercessione che potremo un giorno godere della gioia del Paradiso.
Per ora, finché siamo qui sulla terra, lei stessa ci indica, nel porgerci la Corona del Rosario, la via per giungere al Suo Cuore ed attraverso di Lei al Figlio Suo: pregare.
Anche l’Arcivescovo Prelato di Pompei, Mons. Francesco Saverio Toppi, nel saluto iniziale indirizzato al Cardinale si è rivolto alla Vergine che come Madre accoglie tutti nel suo cuore misericordioso.
Le letture proclamate durante la Santa Messa ci presentano Maria in tre momenti diversi della sua vita. Durante l’annunciazione quando dice il suo "Sì" diventando segno del nostro "dover essere", di quello che, cioè, dovrebbe essere sempre il nostro atteggiamento dinanzi al volere di Dio.
Quando canta il Magnificat, sublime momento di incontro tra la tradizione dei Padri e quello che sarà la Chiesa.
Quelle parole di rara bellezza partono infatti dall’Antico Testamento ma prefigurano quei "cieli
nuovi e terre nuove" che tutti noi siamo chiamati a costruire, la "città terrena ad immagine della Città celeste" come recita la preghiera della Chiesa di Pompei.
Ma qui, nella città di Bartolo Longo, il Magnificat diventa emblema dell’Opera del nostro Fondatore.
Questo canto infatti esprime fede "Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente…; e carità "Ha innalzato gli umili; ha ricolmato di bene gli affamati" le virtù che sono state il motore della vita e dell’Opera del Beato.
Ma il Magnificat oltre ad essere il canto di Maria è il canto della Chiesa, come ha detto il Papa nella "Redemptoris Mater" e deve quindi diventare il canto di tutti noi che di questa Chiesa vogliamo essere figli ed insieme costruttori.
Questa Chiesa che è fatta di "pietre viventi", di uomini e di donne che vogliono diventare protagonisti del proprio futuro, che vogliono entrare con Gesù Salvatore nel Terzo Millennio.
Questa Chiesa che vuole ispirarsi alla prima Chiesa, quella costituita dagli Apostoli attorno a Maria, descrittaci nella lettura degli Atti degli Apostoli: "tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme (…) con Maria, la madre di Gesù.
Anche nella preghiera dei fedeli ci si è rivolti a Maria perché intercedesse presso il Padre.
La condivisione del forte impegno del Papa per la pace e l’unità; il cammino verso il Grande Giubileo come segno visibile della presenza di Cristo nella storia; la sempre maggiore unità della Chiesa pompeiana con i suoi figli sparsi nel mondo; le Suore, figlie del Santo Rosario, nel primo centenario della loro Congregazione ed il ricordo di tutti quelli che soffrono sono stati al centro delle preghiere dell’Assemblea dei fedeli.
Ma quante preghiere mentali, quante richieste sussurrate o soltanto pensate, si potevano intuire tra le migliaia di pellegrini giunti qui anche per impetrare una grazia.
Il clima di intensa spiritualità è stato, poi, messo a dura prova da un violento temporale, ma, pur in evidenti difficoltà, la Santa Messa è continuata e la Supplica è stata recitata dai presenti all’interno della Basilica in comunione spirituale con quanti in Europa e negli altri continenti si raccolgono in preghiera in questa che Bartolo Longo definì: "Ora del Mondo".
(Autore: Loreta Somma)
Prima foto: Il presbiterio del Santuario durante la recita della Supplica.
Seconda foto: All’inizio della celebrazione, l’Arcivescovo di Pompei, Mons. Toppi, ha rivolto all’illustre ospite un saluto di benvenuto

Terza foto: Sua Ecc. il Card. Virgilio Noè - Vicario del Papa per il Vaticano


La Supplica: un dialogo d’Amore con la Madre

Sono giunti qui da ogni parte d’Italia per recitare la Supplica alla Beata Vergine del Rosario. Alcuni la sera precedente, altri alle prime luci dell’alba, altri ancora, i più vicini, continuavano ad arrivare all’inizio della Santa Messa.
Sono i pellegrini, quelle migliaia di persone che ogni anno, a maggio e ad ottobre, si radunano qui, ai piedi della Beata Vergine del Rosario, per chiederle una grazia, per sciogliere un voto, per
ringraziarla per un beneficio ottenuto… ma soprattutto per pregarla, per starle vicino.
Alla domanda "Perché siete qui?" tutti: giovani, anziani, donne, uomini; tutti, hanno risposto "Per la Madonna".
Ed il modo in cui lo dicevano faceva capire che è lei che li attira, con il suo amore di Madre che tutti accoglie e con il suo cuore misericordioso che tutto copre.
Vi sono donne anziane con i capelli raccolti ed il viso segnato da una vita non sempre facile.
"Vengo qui per ringraziare la Madonna. Ho 73 anni e tempo fa mi ha salvata in punto di morte.
"Sono 20 anni che vengo qui! "Ho 75 anni e quando posso, vengo da sola, con il treno".
"Venivo qui con mio marito, sono 11 anni che è morto e continuo a venirci".
Ci sono moltissimi bambini, alcuni ancora nei passeggini, certamente non capiranno quello che succede intorno a loro ma qualcosa resterà nel loro animo innocente.
Gesù stesso ha detto: "lasciate che i piccoli vengano a me". E poi, interi nuclei familiari che
evidenziano come il venire a Pompei per la Supplica sia per molti una tradizione ereditata in famiglia.
Una tradizione sentita e profonda alla quale nessuno vuole più sottrarsi. "Torno qui ogni anno perché qui trovo un’intimità con la Madonna che mi dà gioia, luce, pace".
Una tradizione che si cerca di trasmettere ad amici e parenti "Veniamo da Bari, nella nostra parrocchia facciamo anche i 15 Sabati, e la Novena". "A ottobre e a maggio la Madonna ci chiama qui, nella sua casa e non possiamo dirle di no".
Tra tutti questi pellegrini c’era il gruppo di Pignataro Maggiore (CE). Da questa laboriosa cittadina di terra di lavoro, come ogni anno, ben 360 persone sono partite il 6 maggio e in un cammino do 80 Km fatti con diverse tappe sono giunti a piedi a Pompei.
Questa valida tradizione popolare ha la sua origine in due episodi, in due grazie ottenute dalla Beata Vergine del Rosario. Durante la seconda guerra mondiale ed anche subito prima in diversi episodi numerosi figli di Pignataro Maggiore sono scampati a morte certa invocando la Madonna di Pompei.
È quindi la riconoscenza e la gratitudine che li spinge ad incamminarsi verso Pompei, cantando le lodi del Signore, pregando la Vergine Maria e purificando il proprio cuore attraverso il Ministero della Penitenza. In prima fila, come fiori prediletti ai piedi della Vergine, ecco tante persone in
carrozzella.
I loro corpi recano i segni della sofferenza che li ha colpiti ma i loro volti esprimono gioia, i loro occhi sono pieni di felicità.
Sono qui vicino alla Madonna, vicino a colei che dà loro la forza di andare avanti, ogni giorno, a colei che con il suo amore li aiuta a vivere la loro non facile vita.
Tra tanti volti simili tra loro, una ragazza biondissima, esile. È francese, ha 24 anni, è venuta qui a Pompei per gli scavi archeologici, ma stamattina è stata attirata da tutta questa gente. Pensava di trovarsi in una processione. Le spieghiamo di cosa si tratta.
Ci dice che è credente e che assisterà alla messa e alla Supplica. Alla domanda se abbia anche lei una grazia da chiedere, risponde che non sa. Dal suo sorriso si capisce che la Madonna ha conquistato un altro cuore.
Quando, durante la Santa Messa, è scoppiato il temporale, molti, moltissimi pellegrini sono rimasti lì, chiusi nei loro impermeabili, raccolti sotto gli ombrelli, per continuare quel dialogo d’amore con Maria.
Neanche la pioggia poteva spezzarlo.
(Autore: Loreta Somma)


"Ottobre 1997" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eminenza Mons. Ennio Antonelli - Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana
Nel segno del Rosario dove Maria guida i credenti alla fonte dei misteri che sono la storia della fede
Ottobre è certamente, per consolidata tradizione etico-religiosa e civile, uno dei medi dell’anno maggiormente ricco di legami e di date con la Storia del Santuario della Vergine del Rosario, con la vita del Beato Bartolo Longo, con le opere sociali da lui stesso realizzate, con il cammino stesso della Chiesa.
A queste note ricorrenti non sfugge l’Ottobre 1997 che si è, per di più, arricchito, come vedremo, di ulteriori ed articolate potenzialità spirituali.
Da una parte la recita della Supplica – evento che paralizza migliaia di pellegrini – in coincidenza con la festa liturgica del Beato e dall’altro l’eco del 23° Congresso Eucaristico Nazionale di Bologna, dove il nostro Arcivescovo Monsignor Francesco Saverio Toppi si è recato con Mons. Rendina, il parroco don Franco Soprano e moltissimi altri fedeli di Pompei.
Un insieme di intrecci celebrativi che insistono su eventi propri della cultura e della testimonianza religiosa pompeiana, aprendo in prospettiva l’orizzonte di Giubileo e fornendo motivi concomitanti e trasversali rispetto alle coscienze stesse dei partecipanti, degli organizzatori, soprattutto se si considera il panorama generale dei problemi in cui il mondo attuale si muove e si dibatte in un rinnovato bisogno di esprimere la fede.
Con la Novena d’impetrazione alla Beata Vergine ed il triduo di preghiere al Beato Bartolo Longo, i fedeli sono stati, per così dire, introdotti all’appuntamento della domenica: un vero e proprio bagno di folla, eterogenea nelle sue presenze per età, per provenienza: cittadini residenti, gruppi di fedeli itineranti dalle immediate realtà vesuviane, pellegrinaggi organizzati da parrocchie e associazioni, famiglie che si muovono con mezzi propri.
È un crescendo di persone che si fa sempre più consistente nel progressivo svolgersi dei momenti celebrativi: dalla discesa del quadro della Vergine per il contatto diretto con i visitatori, alla
recita del santo Rosario guidato dal Pontefice in collegamento con Radio Vaticana, alla veglia mariana ed alla concelebrazione eucaristica di mezzanotte, segnata dal suono delle campane.
Tutto per giungere alla domenica, a quella che Bartolo Longo definiva "l’ora del mondo", quando S. E. Mons. Ennio Antonelli, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana si appresta a celebrare in presenza le autorità civili (il Sindaco di Pompei, con l’amministrazione comunale e il Presidente della giunta regionale Campania, l’on. Antonio Rastrelli), militari e religiose, dei Cavalieri e delle Dame del Santo Sepolcro di Gerusalemme, delle orfanelle, dei giovani del Coro Pompeiano, della banda dell’Istituto "Bartolo Longo".
Grazie all’emittente privata Canale 21, anche quest’anno coloro che sono restati a casa hanno potuto seguire in diretta le celebrazioni in corso.
Anche l’invito a Mons. Antonelli da parte dell’Arcivescovo Mons. Toppo, ha un esplicito e significativo collegamento con Pompei. Infatti nella sua permanenza nell’archidiocesi di Perugia (1988-1995), egli era noto per la sua insistente attività di promozione del ruolo dei laici nella Chiesa: "Andate anche voi nella mia vigna", "Insieme per la nuova evangelizzazione", "Testimoniare il vangelo della carità" sono lettere pastorali nelle quali l’azione del Beato Bartolo
Longo si inserisce a pieno titolo per l’attualità, avvalorandone le intuizioni.
Quest’anno, dicevamo in apertura, Pompei nel recitare la Supplica, avvertiva in tutta la sua pregnanza il legame della devozione alla Vergine Maria con la santissima Eucarestia, mistero centrale della Fede.
Ci riferiamo ai contenuti dello stesso Congresso Eucaristico e pensiamo ai termini stessi con i quali in quella sede l’Eucarestia è stata. Per così dire, riguardata: "Dall’Eucarestia scaturisce la forza per affrontare la vita".
Essa è gratitudine e riconoscenza per i talenti, le cose, i doni che abbiamo ricevuto", "È mistero centrale della Fede".
Sono le parole pronunciate dal Papa a Bologna. Il testo della Supplica riverbera al suo interno questa centralità nel momento stesso in cui insiste sulla Vergine Madre, lasciando intendere come l’Eucarestia sia legata al suo "Sì", che apre la strada di comunione e di riconciliazione dell’uomo con il Padre, per il sacrificio supremo del Figlio.
"Oggi è la festa della Madonna del Rosario, giusto, quindi, parlare, qui sul sagrato della Basilica pontificia di Pompei del modo di recitare il Rosario". Così ha iniziato la sua omelia Mons. Ennio Antonelli di fronte a trentamila fedeli.
Ogni qual volta iniziamo questa sublime preghiera, dobbiamo mettere le nostre intenzioni, cioè dobbiamo chiedere al Signore per mezzo di Maria, le nostre necessità. Il Rosario è la preghiera individuale, è preghiera della famiglia, della comunità: in ciascuna di queste accezioni, esso presenta, tuttavia, tappe, per così dire, obbligate.
Prendere il Rosario fra le mani implica in chi lo recita una intenzione che va formulata nell’intimità del cuore ed esplicitata come risposta ad una esigenza spirituale o materiale;
richiede un raccoglimento per il quale Maria si materializza, è presente davanti a noi; centro del Rosario è Gesù con Maria; i misteri sono la storia stessa della fede, ne fermano il percorso, permettono il contatto globale del credente con la realtà trascendente".
Una lezione semplice, concreta, una specie di ritorno alla catechesi delle origini, perché il mondo, in questo suo momento di contraddizioni, ritrovi la strada percorsa da Bartolo Longo e da tanti altri laici, arricchita dagli appositi interventi, per presentarsi con dignità ecumenica all’appuntamento del Giubileo, di cui è in corso il secondo anno di preparazione dedicato alla Terza Persona della trinità. Chi ha commentato in diretta la trasmissione di Canale 21 da Pompei ha giustamente affermato che la preghiera della Supplica possiede una dimensione corale ed i suoi fili conduttori coincidono nell’Uomo della Valle, Bartolo Longo, l’avvocato, la cui Fede si è fatta aiuto del prossimo. L’Arma dei carabinieri, la Polizia di Stato, la Protezione Civile, i Vigili Urbani e l’Associazione Medica "San Giuseppe Moscati" hanno concorso all’ottima riuscita della manifestazione.
(Autore: Luigi Leone)


"Maggio 1998" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Ecc.za Mons. Crescenzio Sepe
Preghiera di un popolo

Pompei centro di una spiritualità che sa varcare i tempi e guidare gli uomini verso la Porta Santa del Duemila con gli occhi della Vergine Maria. Il ricordo sofferto, ma pieno di speranza, per le popolazioni colpite dall’alluvione del 5 maggio scorso.
Piazza Bartolo Longo inondata di sole. I colori della folla, il calore di una preghiera fatta sì di parole, ma dolce come un sospiro e possente come un’invocazione dell’anima.
La Supplica alla Vergine è preghiera dai sentimenti forti. Una preghiera corale pronunciata a nome di un
popolo. Il popolo del Rosario, "catena dolce che rannoda a Dio, porto sicuro nel comune naufragio", secondo le espressioni dettate dalla fede del Fondatore della Nuova Pompei.
Espressioni mai tanto vive come in questa Supplica di maggio che ha innalzato il suo altare nelle vicinissime zone alluvionate del salernitano e dell’avellinese.
"Ricordiamo in primo luogo i nostri fratelli e sorelle che, nelle vicinanze di questa Valle di Pompei, sono state vittime di una spaventosa alluvione. Sull’esempio del Santo Padre, che ha espresso la sua solidarietà in un telegramma all’arcivescovo di Napoli, chiediamo tutti insieme alla Consolatrice degli afflitti di alleviare le sofferenze di quanti sono stati colpiti dalla sciagura, sicuri che il cuore della Madre Addolorata saprà curare le dolorose ferite inferte da questa immane tragedia e rivolgere i suoi occhi misericordiosi sui defunti, i dispersi e i senzatetto".
Le parole del celebrante sembravano prolungare, anche nei toni, i brani della Supplica, con il pieno e totale affidamento a Maria, alla Consolatrice degli afflitti, e l’invocazione alla Madre Addolorata. Parole di una spiritualità trasmessa dal focolare mariano che accende in ogni casa la fede umile e semplice di una madre. Parole antiche, ma solo perché è il tempo a impreziosirle e a farle sempre più cariche di suggestioni.
Dalla piazza inondata di sole, attraverso il comune legame della fede, si rendeva presente anche la piazza inondata di sofferenza che accomunava, a sua volta, i centri di Sarno, di Quindici, di Siano… Nomi e luoghi di un nuovo itinerario che solo il dolore poteva strappare da un anonimato fatto anche di dimenticanza.
La Supplica alla Vergine è preghiera che coinvolge e che fa sintonia con la vita non solo dei fedeli, ma di un popolo già segnato dal troppo labile confine che l’anonimato "spesso traccia con la dimenticanza. Sono paesi della quotidianità quelli sui quali si è posato, stavolta, lo sguardo cattivo della natura che diventa tanto più malvagio quando s’imbatte nell’indifferenza e nell’incuria dell’uomo.
Nelle parole della Supplica, anche il dramma dell’alluvione del Salernitano e dell’Avellinese sembrava già contemplato. La preghiera è invocazione ma raccoglie anche tutto ciò che è sapienza ed esperienza antica. Le sofferenze sono strada maestra per trovare approdi di Consolazione dalla Madre e di misericordia nel cuore del Figlio.
Niente è apparso, allora, diverso dalla celebrazione degli altri anni. Eppure tutto ha avuto un significato più compiuto e solenne. La presenza di Mons. Crescenzio Sepe, che il Santo Padre ha posto a guida dell’organismo incaricato di preparare il Grande Giubileo dell’Anno 2000, non poteva che rendere più vivo e presente un orizzonte verso il quale i Santuari già guardano come avamposti di spiritualità e di devozione mariana: l’orizzonte del terzo millennio cristiano, l’apertura del grande capitolo di una nuova evangelizzazione.
Da Pompei, la Porta Santa del Duemila si profila attraverso gli occhi di Maria. E la Supplica di maggio, recitata da un figlio di questa terra, e nel segno del Giubileo, ha fatto intravvedere questo varco di fede ancora più vicino e più prossimo alle speranze di tutti.
Piazza Bartolo Longo è diventato così, ancora una volta, il centro di congiunzione di una spiritualità che sa essere antica e nuova allo stesso tempo. Di una spiritualità che varca i tempi e conduce gli uomini al varco sicuro di ogni speranza.

(Autore: Angelo Scelzo)
Testo integrale dell’omelia di Mons. Crescenzio Sepe

"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). È l’adesione solenne e definitiva di Maria al progetto del Padre che, nella sua infinita misericordia, aveva deciso di salvare l’uomo mediante l’incarnazione del Figlio. "Quando venne la pienezza del tempo, scrive San Paolo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna" (Gal 4,4).
Questo disegno del Padre prevedeva che il Figlio nascesse in modo veramente umano, fosse cioè in tutto simile agli uomini, eccetto che nel peccato.
Per questo, c’era bisogno di una madre che desse al Figlio tutti gli attributi della natura umana. Ma il progetto del Padre contemplava anche che la Madre fosse Vergine, volendo significare la eccezionalità
della filiazione divina: il bambino che doveva nascere era il figlio di Dio!
Per realizzare questa Maternità, il Padre ha scelto una semplice e umile giovane di Nazareth, di nome Maria, della stirpe di Davide.
A Lei ha mandato l’angelo Gabriele che, dopo averla salutata, Le pone la volontà divina e Le chiede di dare una risposta che fosse manifestazione della sua libera volontà. È quanto emerge dal racconto del Vangelo di Luca, appena letto.
Maria, prima di rispondere, fa una domanda riguardante il suo proposito di conservare la verginità.
L’angelo le spiego chiaramente che la difficoltà sarà superata perché sarà lo Spirito Santo a scendere su di lei e la potenza dell’Altissima stenderà su di Lei la sua ombra, Maria, allora, pronunzia il suo "sì" gioioso e totale. E, così, nel suo grembo verginale, il Verbo si è fatto carne!
Questo "sì" pronunziato dalla Vergine di Nazareth ha avuto come conseguenza il cambiamento di tutta la storia degli uomini e del mondo: il bambino che da lei nascerà, sarà il Redentore dell’uomo, il Salvatore della schiavitù del peccato, il Signore che dona la vita divina della grazia.
Rallegrati, Maria, perché col Tuo "Sì" hai reso possibile l’avvento di una nuova vita per l’uomo, giacché colui che nascerà da te sarà chiamato figlio dell’Altissimo e rinnoverà i cieli e la terra.
Poiché sei diventata Madre di Dio, sarai benedetta fra le donne e sarà benedetto il frutto del tuo grembo (cf Lc 1,42).
Dopo circa duemila anni, noi continuiamo a benedire Maria per la sua disponibilità a diventare la Madre del figlio che è Dio, la Theotòkos, come l’hanno definita i cristiani fin dal terzo secolo e come tu solennemente proclamata nel Concilio di Efeso, nel 342,
"Rallegrati, Maria"! La tua gioia è oggi la gioia di ognuno di noi, che ci stiamo preparando a celebrare il Grande Giubileo del 2000.
"Il termine Giubileo, scrive il Santo Padre nella lettera apostolica" Tertio Millennio Adveniente", parla di gioia; non soltanto di gioia interiore, ma di un giubileo che si manifesta all’esterno, poiché la venuta di Dio è un evento anche esteriore, visibile, udibile e tangibile…
È giusto quindi che ogni attestazione di gioia per tale venuta abbia una sua manifestazione esteriore.
Essa sta ad indicare che la Chiesa gioisce per la salvezza. Invita tutti alla gioia e si sforza di creare le condizioni, affinché le energie salvifiche possano essere comunicate a ciascuno" (N. 16).
"La gioia di Maria, perciò, si pone alla radice di tutti i giubilei futuri. Nel suo cuore materno, si è dunque preparato anche il Giubileo che ci avviamo a celebrare. Per questo la Vergine Santa deve essere presente in modo per così dire "trasversale" nella trattazione dei temi previsti lungo tutta la fase preparatoria. Il nostro giubileo dovrà essere una partecipazione alla sua gioia" (udienza generale del 29.04.1998).
In questo secondo anno di preparazione, dedicato allo Spirito Santo, siamo chiamati a contemplare e ad imitare Maria "come la donna docile alla voce dello Spirito, donna di speranza, che seppe accogliere come Abramo, la volontà di Dio "sperando contro ogni speranza" (Rm 4,18).
In realtà, il "sì" pronunziato da Maria nel momento dell’Annunciazione, è stato da lei ripetuto e confermato nel corso di tutta la sua vita; così, per esempio, quando ha affrontato un faticoso viaggio per andare a visitare la sua cugina Elisabetta; quando è costretta da un editto dell’imperatore di Roma a recarsi a Betlemme, dove partorisce il suo Figlio in condizioni umane estremamente disagevoli; quando con angoscia, va in cerca del Figlio in condizioni umane estremamente disagevoli; quando con angoscia, va in cerca del Figlio dodicenne, scomparso a Gerusalemme; quando nascosta tra la folla, partecipa con trepidazione alla missione evangelizzatrice del Figlio, spesso ostacolato dalle incomprensioni delle autorità religiose del suo tempo; soprattutto quando, ai piedi della Croce, ha manifestato la dedizione totale all’opera del Figlio, partecipando al suo sacrificio.
Maria "stava presso la Croce" per unirsi alle sofferenze del Figlio, per associarsi al sacrificio che Cristo offriva per la salvezza del mondo.
"Donna, ecco tuo figlio". È la consegna che Gesù fa di sua madre a Giovanni e, tramite Giovanni, a tutti gli uomini.
Maria, ancora una volta, si china e accetta la volontà di Dio e diviene un’altra volta madre; madre di tutti gli uomini: madre nostra.
Siamo oggi riuniti in questo Santuario di Pompei perché vogliamo dire tutta la nostra gioia di essere figli di Maria, per domostrarLe tutto il nostro amore filiale, per rinnovare il nostro impegno ad accoglierla, come Giovanni, nella nostra casa, cioè tra i nostri beni, come il dono prezioso che il Maestro crocifisso ci ha lasciato.
Davanti a questo trono di clemenza, la nostra preghiera si fa "supplica" perché vogliamo esprimere i nostri sentimenti di fiducia nel carattere inesauribile dell’amore che ha per noi la
"Regina augusta", la "Madre nostra cara".
Ricordiamo, in primo luogo, i nostri fratelli e sorelle che, nelle vicinanze di questa valle di Pompei, sono state vittime di una spaventosa alluvione.
Sull’esempio del Santo Padre, che ha espresso la Sua solidarietà in un telegramma dell’Arcivescovo di Napoli, chiediamo tutti insieme alla Consolatrice degli afflitti di alleviare le sofferenze di quanti sono stati colpiti dalla sciagura, sicuri che il cuore della Madre Addolorata saprà curare le dolorose ferite interne da questa immane tragedia e rivolgere i suoi occhi misericordiosi sui defunti, i dispersi e i senza tetto.
Affidiamo alla Sua potente intercessione non solo noi stessi, le nostre necessità, le nostre gioie e le nostre pene, ma tutta l’umana società, oggi particolarmente bisognosa di trovare la strada giusta, le regole sicure per camminare verso il bene.
Questa nostra società, umiliata dal materialismo, ha urgente bisogno di una Madre che le dia fiducia e la sappia ricondurre a colui che è il suo Redentore.
Preghiamo oggi soprattutto, per la Chiesa sparsa nel mondo, perché sappia cogliere questo momento di grazia che ci è offerto dal Grande Giubileo del 2000 e sappia rafforzarsi nella fede e nella carità per vincere le sfide del terzo millennio ormai vicino.
Mons. Crescenzio Sepe

La preghiera alla Vergine del Rosario di Pompei nell’ottica del Grande Giubileo del Duemila
Mons. Crescenzio Sepe un figlio della nostra terra alla Supplica di Maggio 1998

Quest’anno la Supplica alla Vergine del S. Rosario di Pompei ha avuto come segno di riferimento e di coesione lo Spirito Santo: un tema che pervade ed al quale si ispira, come vedremo, tutta la catechesi ecumenica di preparazione e di celebrazione del Terzo Millennio.
A presenziare l’Eucarestia ed a recitare la preghiera mariana del Beato Bartolo Longo è stato Mons. Crescenzio Sepe, Segretario Generale del Comitato Centrale del Grande Giubileo del 2000, invitato, non a caso, dal Prelato di Pompei, Mons. Francesco Saverio Toppi.
Mons. Sepe si inserisce, infatti, a pieno titolo, nel filo conduttore dello Spirito Santo e ciò si può evincere, in particolare, leggendo alcune sue riflessioni sull’argomento, pubblicate
nell’Editoriale della Rivista Vaticana "Tertium Millennium" del dicembre 1997; rivista, peraltro, molto qualificata, alla quale collaborano autori italiani e stranieri, che si muovono su questioni correnti, anche molto delicate rispetto alla storia stessa della Chiesa e dei suoi rapporti con le altre Chiese e/o confessioni.
"Verso la porta santa dell’anno 2000, guidati dalla luce dello Spirito Santo": su questa scia Mons. Sepe vede e considera quello in corso "un anno di speranze nel segno dello Spirito Santo, vigilia di un’era nuova"; dove anche "il nostro sguardo su un mondo inquieto ed ancora scosso da tragedie e ingiustizie, non ha il tempo di appassirsi ed è preso da una luce che tutto illumina e tutto trasforma".
Nell’azione e nel ruolo che la fede riconosce alla terza Persona della SS.ma Trinità si colloca la Vergine Maria e conseguentemente la nostra terra del Rosario.
"Come su Maria, Vergine dell’Avvento, manda su di noi il tuo Spirito. Manda il tuo Spirito, Signore, … aiutaci ad accogliere come Maria, il dono della tua divina presenza e della tua protezione".
Sono parole riprese dall’omelia del santo padre, del 30 novembre scorso, nel corso della solenne celebrazione dell’inizio del secondo anno di preparazione al Giubileo.
Questo richiamo a Maria ci immerge nel clima della Supplica, ci fa vedere con occhi ancora più attenti la grande dignità e l’eccezionale grandezza della Madre, che accetta la straordinaria missione di un tramite della salvezza dell’uomo e la esaurisce grazie "all’ombra" che lo Spirito Santo stenderà su di lei.
In questo nostro complesso cammino verso la speranza si riassume, quindi, il senso e l’attualità delle parole che Bartolo Longo, più di cento anni or sono, sceglieva per dare chiara concretezza alle intime esigenze dell’uomo, suggerendo il Rosario come mezzo e momento di preghiera individuale e collettiva.
Alla sollecitazione etico-religiosa, che la circostanza presenta, si accompagnano il fermento della città, la mobilitazione della gerarchia ecclesiastica e della famiglia delle opere sociali, la partecipazione associativa, con un afflusso di pellegrini provenienti da ogni parte d’Italia e dall’estero.
Un movimento progressivo in entrata e in uscita già in corso fin dall’inizio del mese mariano, che sintetizza in sé, contemporaneamente, interessi culturali, religiosi e sociali, investendo la comunità locale in tutte le dinamiche derivanti da incontri così allargati e complessi.
Nell’omelia Mons. Sepe ha ripreso, nelle sue tappe salienti, il mistero dell’Annunciazione, soffermandosi sul ruolo dello Spirito Santo e nel "Sì" incondizionato pronunciato da Maria; un "s’" testimoniato in tutta la sua esistenza di Madre, nella meraviglia, nella gioia, nelle angosce, nella sofferenza, nella fede e nella speranza.
Da quel percorso straordinario – eppure così vicino alla esperienza ed alle alterne vicende di ogni madre – deriva la devozione che l’umanità esprime a Maria e parte quella stessa devozione,
che a Pompei si esprime nella Supplica.
Quest’anno, poi, l’atmosfera in cui si è letta la preghiera del Beato ha assunto, purtroppo, connotati umani non previsti, legati alla grande catastrofe riversatasi sulle popolazioni di Sarno, di Siano, di Quindici e di altre località limitrofe.
Una tragedia di vastissime proporzioni, che si consumava a valle della montagna in contemporanea, si può dire, con l’incontro dei fedeli con la Madonna di Pompei e che ha reso il contenuto stesso della Supplica più toccante, più immediato (Carla Vangone, una giovane mamma di Pompei è stata travolta dal fango: si trovava in ospedale in quei luoghi per dare conforto ad una congiunta ammalata): dolore e preghiera venendo a contatto fra loro si completano reciprocamente, quasi a voler trovare nel cuore di ogni fedele uno spazio per aprire alla speranza,, per ricevere ed offrire solidarietà, attraverso quello "sguardo pietoso", richiesto alla Madonna dinanzi "alle calamità ed alle afflizioni che ci costringono".
Un questa ottica l’appuntamento mariano del Maggio ’98 si conforma nel suo significato socio-antropologico ed etico, caricandosi di un impegno di solidarietà concreta; questo impegno viene richiesto a tutti, sulla scia dell’appello che lo stesso Pontefice ha manifestato in un telegramma inviato all’Arcivescovo di Napoli Cardinale Michele Giordano per gli eventi occorsi in Campania. È un impegno che si calava nel pieno della Supplica ed al quale andavano rispondendo autorità, associazioni, enti e tantissimi volontari.
A più di cento anni di distanza è possibile così compenetrarsi del bisogno perenne che l’uomo sente di volgere lo sguardo al cielo per avere protezione e conforto: è un’esigenza antica quanto l’uomo che Bartolo Longo esplicita, quando compilando la Supplica, vedeva davanti a sé gli sguardi di tanti innocenti alla ricerca di affetto, di sostegno, di certezze. Oggi egli vedrebbe lo spettacolo dei morti, delle case distrutte, del dolore e si rivolgerebbe con tutto se stesso alla stessa Madonna del Rosario di Pompei: il suo sarebbe l’invito agli uomini a muoversi, ad agire, ad unire le forze, superando ogni polemica, per poter avvertire la gratificazione personale che deriva dal dare senza ricevere, piuttosto che al dire.
(Autore: Luigi Leone)


"Ottobre 1998" L'Ora del Mondo

Presiede Sua Eccellenza Mons. Francesco Saverio Toppi in ragione della ricorrenza del 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale.

La Supplica, un’invocazione allo Spirito Santo

Nell’anno di preparazione dedicato alla seconda Persona della santissima Trinità, l’Arcivescovo di Pompei, sull’esempio di Francesco d’Assisi e del Beato Bartolo Longo, invita i fedeli a pregare la Madonna di Pompei perché lo Spirito Santo, spirito di verità, di santità e di amore, interceda per la comunità ecclesiale e l’umanità intera.
È il quattro ottobre 1998, pima domenica del mese, quando la Pompei mariana di Bartolo Longo recita la Supplica, coinvolgendo alla voce della piazza antistante il Santuario, quella dei tantissimi rosarianti sparsi nel mondo, il secondo appuntamento dell’anno con questa particolare e significativa invocazione: due momenti allargati, nei quali si coniugano preghiere comunitarie con le più intime riflessioni, con una serie di presenze di tipo associativo civico-religiose e con il contributo delle Autorità civili e militari.
Pompei rivive, si può dire, nella Supplica, l’essenza stessa del Santuario, evidenziando la mariologia longhiana in tutta la sua storica crescita ed in tutto il suo specifico significato etico-sociale: Bartolo Longo, infatti, sentì profondamente la sua devozione a Maria e la espresse non solo diffondendo il Rosario e scrivendo la Supplica, ma anche affidando alla penna questo suo sentimento filiale e rendendolo sempre più evidente in ogni suo atto, in ogni sua iniziativa. La Storia del Santuario si dipana seguendo questa impostazione iniziale, assumendo via via connotati sempre più aderenti ad essa, interpretando il testamento mariano del Fondatore alla luce dei tempi e delle esigenze che emergono nel cuore dei fedeli. Se si dà un rapido sguardo al programma di Ottobre di quest’anno si nota come ogni giorno preveda momenti celebrativi, accoglienza di pellegrinaggi, una seria di eventi culturali.
Certo il momento più incisivo, più esplicito, possiamo dire, sta in quel mare di gente, in quella mobilitazione generale, che si ritrova nel sagrato antistante la Basilica, nella piazza, nelle ville limitrofe, nei balconi dei palazzi: in questo ampio scenario si ascoltano le preghiere, i canti e le musiche della banda dell’Istituto "Bartolo Longo" – altra gloriosa testimonianza del percorso pedagogico longhiano -, mentre nell’intimità di ogni cuore convivono i motivi della fede cristiana con le intime traversie individuali. All’appuntamento mariano, speranze, interpretazioni, riflessioni diventano gli antidoti a questo vivere convulso e troppo spesso violento, disorientante rispetto alla certezza dei valori. Fra la folla c’è chi crede e vive la Supplica intensamente, così come sono presenti e dubbiosi, forse anche i non credenti attratti comunque da questo compatto manifestare il sentimento religioso.
Nella sua omelia, Mons. Toppi ha, per molti aspetti, saputo offrire ai presenti una sintesi ispirata al contenuto della Supplica opportunamente collegata ai punti salienti che il laico convertito richiamava nel suo discorso diretto alla vergine del Rosario: insita nell’Annunciazione si presenta la discesa dello Spirito Santo e di conseguenza il riconoscimento del Figlio di Dio, come Salvatore del mondo.
Maria costituisce l’anello di congiunzione nel disegno salvifico dell’umanità: nel rivolgerci alla vergine del Rosario attraverso la Supplica, noi chiediamo, ha detto il Prelato – di avvicinarci alla Verità di ottenere la Grazia rispetto a tutti i mali del mondo.
Il Longo aveva compreso i mali del suo tempo, quasi intuendo quelli futuri ed in tale ottica aveva scritto la Supplica: recitarla in tanti, significa perpetuare l’esigenza dell’uomo di ogni tempo di rifugiare il male, per intraprendere con spirito rinnovato la via dell’amore.
Quest’anno la Supplica è stata presieduta da Mons. Toppi in ragione della ricorrenza del 50° anniversario della sua ordinazione sacerdotale.
Cinque ottobre 1998: nel giorno dedicato alla festa liturgica del Fondatore, la parrocchia San Giuseppe ha accolto le Spoglie del Beato Bartolo Longo. Si è trattato di una visita eccezionale, quasi un omaggio alla nascente comunità parrocchiale.
Ad attenderle sul sagrato, il Parroco don Franco Soprano che ha così salutato il Beato: "È con viva commozione ed alta gratitudine che la nostra Comunità accoglie, oggi, per la prima volta, le spoglie del nostro Beato…
Caro don Bartolo, hai saputo coniugare in maniera perfetta Preghiera e Carità. Sei stato l’Apostolo del Rosario, il laico che ha vissuto totalmente il suo impegno ecclesiale. Sei stato lo
strumento della Provvidenza per la difesa e la testimonianza della fede cristiana e per l’esaltazione di Maria Santissima, in un periodo di scetticismo e di anticlericalismo. A tutti noi è nota la tua vita, ispirata da una fede semplice ed eroica e densa di episodi suggestivi, durante la quale nacque e si sviluppò il "miracolo" di Pompei. Hai portato avanti, con intrepido coraggio un’opera grandiosa che ancora oggi ci lascia stupiti ed ammirati. Ma è soprattutto facile notare che tutta la tua esistenza fu un intenso e costante servizio alla "grande palestra della Carità". Quella carità che partendo da Cristo ti ha sospinto verso le creature più misere, abbandonate, disprezzate: gli orfani e i figli dei carcerati. Sei stato "veramente" l’uomo della Madonna. E per essa che sei divenuto scrittore, Apostolo del Vangelo, propagatore del Rosario…
Oggi, sei qui in mezzo a noi, perché vuoi ancora una volta, ribadirci questo stile di vita, questa dimensione vocazionale per la nostra Chiesa di Pompei.
Ti sei schierato con i poveri, con gli ultimi del suo tempo, in mezzo ad enormi difficoltà ed avversità. Ma alla fine, hai vinto Tu! Sei diventato addirittura un "questuante" per i figli dei poveri.
Sei stato il primo catechista dei contadini della Valle. Allora incompreso, hai sopportato in silenzio tribolazione e calunnie, passando attraverso un lungo Getsemani, sempre fiducioso nella Provvidenza, sempre obbediente al Papa e alla Chiesa. La tua visita in mezzo a noi, ha un sapore
speciale! Lo sappiamo che Tu vuoi da noi, qualcosa di più, qualcosa di più importante!
Vogliamo costruire il nostro futuro, come hai fatto Tu, camminando sulle strade degli uomini e sui sentieri della storia senza paure né tentennamenti, ma portando tra le mani il Vangelo e la testimonianza della Carità. Un Vangelo da annunciare, da far conoscere, accogliere, incarnare, testimoniare. Ed una carità, che non sa farsi storia se non nell’accoglienza dell’altro, del prossimo, dell’ammalato, dell’emarginato, degli ultimi di questo nostro tempo.
Un’ultima cosa, vogliamo chiederti questa sera: facci salire sulle tue spalle, perché è da lì che vogliamo guardare avanti, e da lì che vogliamo puntare in alto, è da lì che vogliamo scorgere le nuove povertà, i nuovi bisogni della nostra gente. A te è stato affidato il compito di tracciare il solco della nuova Città, di porre le fondamenta, di curarne la crescita. A noi è affidato il compito di custodire la "storia" di un’anima, la Tua storia, capaci e consapevoli di saper rendere attuali le tue opere, in questo tempo e in questa storia. "Grazie don Bartolo!".

(Autore: Luigi Leone)

"Maggio 1999" L'Ora del Mondo

Presiede il Cardinale Roger Etchegaray, presidente del Comitato Centrale per il Grande Giubileo del 2000
Una Supplica per la Pace - La voce della fede contro i rumori della guerra

Sono sempre uguali le parole della Supplica, ma nessuna preghiera è uguale all'altra. Ognuna sembra scritta sul momento, come se l'attualità volesse confrontarsi o trovare sostegno nella preghiera.
L'attualità della Supplica di maggio è stata caratterizzata dalla tragica assenza della pace, invocata da un popolo orante guidato dal Card. Roger Etchegaray.

Si parla con la voce, si prega col cuore, si supplica con l'anima. Non viene altro in mente a Pompei, di fronte ai toni dell'invocazione alla Vergine.
È un coro di affidamento totale, di fiducia senza limiti, quello che, a partire da Pompei, s’intona alla
Madonna del Rosario, nei due appuntamenti dell’anno, per la recita della Supplica. La trama della preghiera di Bartolo Longo è il romanzo popolare dell’incessante amore a Maria.
Un romanzo scritto per capitoli di fede e attraverso pagine che racchiudono, a ogni riga, gli atti di amore di intere generazioni.
Sono sempre uguali le parole della Supplica, ma nessuna preghiera è uguale all’altra. Ognuna sembra scritta sul momento, come se l’attualità volesse confrontarsi, o semplicemente trovare sostegno nella preghiera.
Invoca la vergine, ma allo stesso tempo, parla al mondo: è forse questo il segreto della Supplica, è qui il dato della sua perenne freschezza, al di là dei toni è talvolta anche di alcune espressioni maturate in un diverso clima culturale e sociale.
Ha parlato al mondo, la Supplica di maggio attraverso la voce di un testimone che più volte si è trovato a declinare in preghiera, in ogni parte della terra, il verbo della sofferenza dei popoli.
Il Cardinale Roger Etchegaray che il Santo Padre ha chiamato alla guida del Grande Giubileo dell’anno 2000 ha legato ancor più, con la sua presenza, il Santuario mariano con la prospettiva sempre più vicina del nuovo millennio cristiano.
Già nello scorso anno i9l Giubileo era stato al centro della celebrazione con l’intervento dell’Arcivescovo Crescenzio Sepe, segretario generale del Comitato Centrale.
Nell’anno conclusivo della fase di preparazione, la presenza del porporato francese ha offerto un nuovo segno della profonda sintonia della nuova Pompei con il grande evento dei duemila anni
dell’Incoronazione di Cristo.
L’attualità della supplica di maggio è stata poi data quest’anno ad una tragica assenza. L’assenza di pace.
Sui cieli d’Europa sono ritornati i bagliori di guerra. Le armi hanno ripreso il sopravvento sui negoziati e sulle trattative. Bombardamenti a tappeto come tragico contrappunto di un’odiosa e selvaggia pulizia etnica. Si è parlato di due guerre.
Almeno negli affetti è però comune la ferocia; comuni sono le sofferenze e gli stenti dei più deboli e degli indifesi, di coloro ai quali non è dato prendere la parola nelle trattative. Sono i senza voce di una guerra che parla attraverso lo stridore delle armi.
Poco lontano dal campo delle operazioni, a Pompei, il popolo della fede mariana ha provato a far sentire la sua voce attraverso la Supplica.
E si è levata, insieme con quella del Cardinale, una sola, possente voce di pace. Un coro che ha provocato stridore, ma per il fatto che è la preghiera a stridere - e a stridere forte – con i rumori di guerra.
Pompei è così diventata, ancora una volta, un faro di autentica spiritualità; la cittadella di una civiltà dell’amore che non riesce a mettere radici dappertutto, ma che continua ad allargare i propri avamposti.
È questa la risposta che la comunità ecclesiale può dare al sibilo delle bombe e alle barbarie della
pulizia etnica. Una risposta che vale per i Balcani e per tutti i luoghi dove, tuttora, la pace è minacciata.
È stato proprio questo il cuore del messaggio che il Cardinale Etchegaray ha consegnato a Pompei, attraverso le parole del Papa.
Maggio, mese mariano, è stato per Pompei – secondo l’esortazione del Santo Padre – un mese di intensa preghiera per la pace.
La Supplica ha anzi aperto, in modo solenne, questa invocazione che si fa coro e "rosario" secondo la bella espressione del Cardinale Etchegaray.
Poco lontano da Pompei è anche un altro luogo do dolore, la valle del Sarno. A un anno esatto dalla tragica alluvione, il popolo della preghiera mariana si è stretto intorno a chi continua a soffrire e ha ricordato il sacrificio delle vittime.
La guerra, il ricordo di una tragedia, ma anche i piccoli e grandi affanni di ogni giorno, le gioie, la prospettiva del prossimo Giubileo: Pompei ha pregato, Pompei ha supplicato.
(Autore: Angelo Scelzo)

L’Omelia del Cardinale Roger Etchegaray
La Preghiera di Pompei

Nell’anno conclusivo della fase di preparazione, la presenza del porporato francese, che il santo Padre, ha chiamato alla guida del Grande giubileo dell’anno 2000, ha offerto un nuovo segno della profonda sintonia della nuova Pompei con il grande evento dei duemila anni dell’Incoronazione del Signore Gesù. Il Cardinale ha invitato i pellegrini a sintonizzarsi con Giovanni Paolo II per elevare, durante il mese di maggio, alla Regina della Pace, il rosario di preghiere per i Balcani e il mondo intero.
"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38-30).
L’eco di queste parole, che abbiamo appena ascoltato dal Vangelo di Luca, conserva una suggestione unica e particolare. È un’eco profonda che ci riporta con la mente e col cuore al momento di quel "sì" come audace e gioioso, ed è tuttavia un’eco mai lontana o distante, come protesa ad annullare tutti i valichi che il tempo, nel suo scorrere perenne, pone tra sé e l’eternità.
In questa Nuova Pompei, città di Maria, con la facciata del Santuario dedicata alla pace universale, radunati da ogni parte per la recita della Supplica del Beato Bartolo Longo, ci accorgiamo che intorno ai richiami della preghiera è sempre possibile ripercorrere e costruire la trama della vita dei popoli,
declinandola in ogni tempo e in ogni situazione. È la fede a scandire i nostri passi, è la fede a portarci sui luoghi dove le tracce del passato sono anche orme e promesse di futuro.
Siamo all’ultimo tratto del pellegrinaggio verso la Porta santa dell’Anno 2000. Lo sguardo fisso al mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio, nelle parole del Papa, è lo sguardo di tutta la Chiesa che si appresta a varcare la soglia di un nuovo millennio: Se il Giubileo è un invito al giubilo, è perché, commemora il "rallegrati" dell’Angelo Gabriele, dell’Annuncio fatto a Maria.
La più grande notizia che Dio potè annunciare al mondo prese avvio con un invito alla gioia. Ma si capisce che Maria, ancor prima di ascoltare il messaggio di Dio, sia stata turbata dal saluto insolito di cui era stata gratificata: "Rallegrati, piena di grazia". Bruscamente, nella sua piccolezza, nella sua povertà, nella sua umiltà di serva, ella scopre fino a quale profondità l’amore di Dio l’ha presa, al punto – meraviglia delle meraviglie – di non lasciare nell’ombra del peccato neppure la minima parte del suo essere. Così, caso unico nella storia dell’umanità, il figlio scelse sua madre. E che figlio! E che madre! La maternità verginale colma di gioia colei che è già piena di grazia.
Ancor più, Maria gioisce in nome di tutta l’umanità. Gioisce da madre.

E Maria è nostra madre per il fatto stesso che è madre di Gesù. Ella ci ha concepito quando ha concepito Gesù. Ella ha detto sì a Lui e a noi quando, con incondizionata disponibilità, si è offerta alla Maternità del redentore. Ci ha portato nel suo seno con tutte le ansie e le trepidazioni delle madri gestanti lungo la vita terrena del Figlio, da Nazareth al Calvario.

A una madre ci si deve rivolgere da figli, lasciando parlare il cuore più che le parole. O usando le parole semplicemente per esprimere l’ostinazione delle nostre richieste filiali. Perché a una madre non si chiede soltanto, ma si intima come la Supplica: "Concedi a tutti noi l’amore tuo costante e in modo speciale la materna benedizione. Non ci staccheremo da te finché non ci avrai benedetto…".
Abbiamo davvero bisogno oggi noi tutti di non staccarci dalla madre nostra, dalla sua protezione. Con la fine del secolo, segnato dalle due guerre mondiali non tramonta la violenza. Sui cieli d’Europa, a poca distanza da noi, sono ritornati i bagliori di guerra. Gli odi, i debiti non assolti con la giustizia riversano in lutti e atroci sofferenze il loro carico della più devastazione.
"Augurar la Pace in tempo di pace è certo il più bel saluto: ma invocar la pace quando intorno ci rumoreggia la guerra, quello è l’augurio dell’animo credente che ha fede in Dio, speranza nella preghiera universale e confidenza nel patrocinio della Vergine del Rosario, Madre dell’umanità, arbitra delle grazie divine, Regina della Pace".
Queste parole di Bartolo Longo, pronunciate quando dedica la facciata del Santuario, sono un legame
con l’appello che Giovanni Paolo II ha lanciato domenica scorsa con tutte le sue forze a "pregare intensamente durante questo mese di maggio per implorare dalla Madonna il dono della pace nei Balcani e nei troppi luoghi del mondo dove regna la violenza".
Quale circostanza più propizia che la celebrazione per la Supplica alla Regina della Pace per far coro, qui a Pompei, al "Rosario" di preghiera che il Papa incessantemente guida da Roma – e in queste ore – come pellegrino proprio in Romania, terra prossima ai Balcani?
La speranza di Pace che viene da Maria diffonde particolarmente i suoi segni. Qui dove tutto oggi parla di Maria c’è stato un passato di silenzio. L’antica Valle di Pompei era un luogo desolato e impervio.

Un luogo da evitare. Finché all’orizzonte non si è alzato un Santuario, e dal silenzio non si è levata la preghiera: la preghiera del Rosario, "catena dolce che ci rannodi a Dio", secondo la bella espressione di Bartolo Longo. Tutto è rinato, tutto è stato rivestito a nuovo. L’antica valle ha dilatato per il mondo il respiro della preghiera mariana. Da questa valle, rifiorita alla fede, guardiamo oggi, con gli occhi di Maria, al nuovo millennio dell’era cristiana.
A Dio Padre nello Spirito Santo vada la lode della Chiesa per il dono della salvezza in Cristo Signore adesso e nei secoli a venire (Preghiera finale della Bolla di Indizione del Grande Giubileo dell’Anno 2000).

(Autore: Card. Roger Etchegaray)

"Ottobre 1999" L'Ora del Mondo
Presiede Sua Eminenza il Card. Salvatore Pappalardo, Arcivescovo emerito di Palermo
Nei Misteri del Rosario un itinerario spirituale
Il Card. Salvatore Pappalardo, Arcivescovo emerito di Palermo, ha presieduto i riti del grande appuntamento mariano di ottobre.
Tre ottobre 1999; è la prima domenica del mese e Pompei si è presentata compatta, con i rosarianti del mondo, all’appuntamento della recita della Supplica alla vergine del Rosario, l’ultima prima del grande appuntamento dell’anno 2000. La città mariana è in alacre cammino verso l’Anno Giubilare. Tutto il territorio, infatti, nei suoi monumenti civili e religiosi, è coinvolto nel fermento dell’accoglienza, implicato nei lavori di restauro e di ristrutturazione di facciate, di interni, di strade, di infrastrutture.
Gli stessi pellegrini, giunti da ogni parte per la Supplica, si sono trovati di fronte alla Basilica letteralmente ingabbiata, resa invisibile da una copertura delle stesse impalcature con teli plastificati: sono la statua della Madonnina, in cima alla cuspide centrale, era già in bella vista, tutta schiarita e ben visibile, liberata dalla patina grigia del tempo, l’unica presente all’appello nella sua materna espressione, quasi a voler rassicurare i pellegrini. Questi ultimi sono stati dirottati verso l’area del meeting.
In prima fila il Sindaco, le autorità civili e militari, il clero, i Cavalieri e le dame del S. Sepolcro, il coro pompeiano, la grande famiglia dei Centri Educativi, tantissima gente. All’Arcivescovo emerito di Palermo, il Cardinale Salvatore Pappalardo "che per trenta anni con raro discernimento ha guidato la diocesi di Palermo", Mons. Francesco Saverio Toppi, Arcivescovo di Pompei, ha rivolto il suo saluto, ricordando la visita della Madonna di Pompei in quella città e l’accoglienza di popolo ivi ricevuta.
Nella sua omelia, al richiamo sulle prerogative della Vergine Maria, sui luoghi ad essa consacrati, sui titoli che i fedeli, nei diversi luoghi, le hanno dato, il Cardinale ha fatto seguire una serie di
riflessioni tutte rivolte alla preghiera del Rosario, a quella "catena dolce che ci rannoda al Cielo", facendo esplicito riferimento al Beato Bartolo Longo ed al suo impegno di propagazione di questa pratica mariana.
Su questa preghiera, il Presule ha coniugato storia, contenuti e metodi, insistendo sul percorso dei quindici misteri ed esortando ad una recita animata "da sentimenti di viva fede ed amore", sulla scia del cammino di Maria Madre e del Figlio Crocifisso.
Il gaudio, il dolore, la gloria dei misteri rimandano ai sentimenti e alle esperienze che per ognuno assumono un peso ed un significato umano, soprattutto nei momenti più difficili della storia personale di ciascuno e in quella del mondo con le sue sofferenze e i tanti problemi dalla violenza alla povertà.
Non è mancato il richiamo al cammino interiore, che siamo invitati a compiere in vista dell’imminente Giubileo.
Il santuario di Pompei che il 13 novembre prossimo compie 125 anni di vita, è una delle Basiliche giubilari, pronta ad accogliere la preghiera e la novità di vita dei pellegrini.
(Autore: Luigi Leone)


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